Spunti e riflessioni su Comunicazione Informazione Qualità Valore… e su Inganno Frode Falso
Normalmente su questo argomento vengono svolte considerazioni di carattere specifico (giuridico, o tecnico informativo, o tecnico ingegneristico, sanitario, etc…) e sono trattate in campi particolari (sicurezza alimentare, qualità prodotti, origine delle merci, etc..).
Il fine di questo piccolo studio è innanzitutto quello di illustrare come alcune interrelazioni tra fenomeni normalmente considerati differenti riescano a determinare un nuovo e più pregnante approccio per ipotizzare soluzioni più efficaci a problematiche già conosciute.
Conseguentemente, specie in settori altamente complessi e delicati, difficilmente si potrà arrivare a soluzioni con il solo ausilio di una unica scienza (per esempio quella giuridica) e senza il ricorso a considerazioni fattuali oltre che tecniche.
Personalmente si ritiene utile indicare quattro “situazioni”, attraverso i quali si possono interpretare vari possibili contesti:
- Comunicazione, non può -di per sé- costituire che un “flusso di dati informativi”
- Informazione, costituisce “qualcosa” di particolarmente difficile e del tutto “relativo”
- Qualità, rappresenta non solo un canone descrittivo astratto, ma un elemento prescrittivo per esaminare oggetti e soggetti
- Valore, che dà luogo ad un “fenomeno imprescindibile” per valutare l’apporto di un prodotto all’interno di un processo.
Come ulteriore elemento caratterizzante le possibili variabili, c’è la Inter-connettività.
Esula –per vari motivi – un argomento importante quale l’Etica e cioè dei Principi a cui si dovrebbe ispirare un qualsiasi Ordinamento di uno Stato o di una Comunità di stati. A maggior ragione, il presente piccolo studio non può neppure lambire la differenza ed il reciproco apporto nel sociale dell’Estetica, che pure formava –assieme all’Etica- uno dei cardini per costruire ed interpretare la buona azione umana all’interno dei gruppi sociali.
La Comunicazione
Personalmente trovo che troppo spesso si parli di Comunicazione senza aver presente alcun presupposto epistemologico, i quali tuttavia sono indispensabili per una efficace e veritiera traduzione simbolica dei significati comunicati.
Tutto è Comunicazione! il contenuto, il contenitore, il media utilizzato.
La C. può avvenire in molti modi, anche con azioni e con fatti. Gli stessi “contenitori”, oltre che gli specifici “contenuti” danno luogo a C. E’ possibile che l’emittente non abbia ben presente che la C. è fondamentalmente scomponibile in “segmenti” e che il “contenuto” può ricevere vita autonoma dal “contenitore”. La C., pur se non fosse intrapresa per essere “ingannevole”, di fatto lo diviene nel momento che arriva al “ricevente”, in quanto questo traduce i dati trasmessi sulla base di proprie caratteristiche, peculiarità, capacità.
Credo che la C. – al pari della Epistemologia, cioè la scienza dei significati e quindi anche della “rappresentazione simbolica” da parte dei vari possibili “emittenti” di C. – dovrebbe essere insegnata fin dai primi passi scolastici. Essa infatti, non è “la lingua madre” ma molto di più! ([1])
La C. è uno strumento di interrelazione – sia esso utilizzato coscientemente o meno – che proprio non solo degli umani, ma anche delle altre specie viventi e (forse) anche di quelle definite “non animate”. Mi riferisco ovviamente non solo alle “cose” ed alle “pietre”, ma a meccanismi intelligenti ed autonomi creati dall’uomo, ai quali questi insegna a ragionare, quindi anche a comunicare.
In particolare ho in mente gli AUTOMI e i CYBORGS, dove i primi sono meccanismi intelligenti ed autonomi assemblati da altre intelligenze (umane o artificiali), mentre i secondi costituiscono esseri umani modificati dall’apporto di parti meccaniche e/o elettroniche (anch’essi, a loro volta, essendo potuti essere assemblati da intelligenze umane o artificiali).
La ricordata “interrelazione” ha subito un aumento esponenziale con l’appalesarsi di una delle caratteristiche della “globalizzazione” cioè la “iper-connettività” ovvero la continuità continua tra persone, tra cose, tra fenomeni.
Vorrei ricordare che l’impatto sulla vita pratica di quanto qui detto è molto più vasto ed invasivo di quello che si potrebbe pensare. Basti ricordare che la quantità di soggetti che scambiano dati – e quindi, tecnicamente, “comunicano” – nelle reti relazionali virtuali e addirittura anche materiali [2], sta mostrando la sempre più alta e pervasiva presenza di software
L’Informazione
“Iddio creò il Verbo, …e il mondo fu” ….
la Comunicazione (come Informazione strutturata e comprensibile per i singoli Esseri) ha dato e da luogo al mondo. Almeno quello “conosciuto” dal singolo. Nel senso che la Comunicazione costituisce una forma di input/output della Energia, ma proprio questa caratteristica ne fa un elemento fluido o addirittura etereo, che necessita di una attività di interpretazione.
La C. è un “flusso” di dati: c’è un emittente ed uno o più ricettori. La trasmissione del singolo “dato” può essere distorto e interpretato, ma comunque produce un “movimento energetico”, perciò è in grado di produrre cambiamenti anche fisici.
E proprio in tale “flusso dati” che – ritengo – consista l’informazione.
E’ per questo che la nostra era è caratterizzata dalla “Economia della Comunicazione”, C. che viene resa ancora più pervasiva dagli strumenti informatici che la fanno divenire “virtuale”.
Ecco che il concetto di “flusso” assume un altro significato, non solo tecnico, che rappresenta una sorta di “onda” che impatta sui fenomeni sociali [3].
l’Informazione come “flusso di dati diretto”
Tra le più importanti conseguenze c’è che il territorio in sé tende a perdere il valore originario dal profilo strategico e dalla “geopolitica degli spazi” si passa a quella “dei FLUSSI”. Proprio la stabilità dei FLUSSI (economici, energetici, informativi) danno luogo a vere “risorse”, alla Ricchezza di Stati, di Gruppi, di Persone, né più né meno come le risorse naturali. [4]
Ne consegue – tra l’altro – che l’Informazione insita nella Comunicazione può e deve essere interpretata dal recipiente. Ma cosa si proposto l’Emittente? E qui veniamo al nocciolo del problema che più ci interessa: cosa è l’Informazione corretta.
“Il discorso non è semplicemente ciò che traduce le lotte o i sistemi di dominazione, ma ciò per cui o attraverso cui, si lotta, ciò di cui il potere cerca di impadronirsi.” ([5])
“Il mondo non è governato da leggi e frasi, ma da simboli e segni” ([6])
L’informazione generica di dati e la comunicazione di un contesto
Per comprendere ciò che un Legislatore “normale” ha in mente quando disciplina la così detta “corretta informazione”, ritengo che si debba riflettere su quello che in vari Ordinamenti giuridici viene chiamata “informazione distorta”.
Sostanzialmente ce lo dice a contrariis il vecchio testo di stratagemmi e strategie del maestro cinese Sun Tzi, od anche i più recenti manuali di prestidigitazione: se voglio comunicare qualcosa io fornisco informazioni o dati, ma il modo con cui li fornisco determina in chi sente una sorta di “palcoscenico immaginario”, di cui il ricettore potrebbe o possedere la chiave di lettura, o possederne una diversa o non possederla per nulla.
Ciò chiaramente può essere utilizzato sia a favore che a detrimento di chi ascolta.
Risulta quindi chiaro che quando si determini una comunicazione di dati definibili come “veri”, che infonda una immagine di un prodotto o di una qualsiasi altra cosa, si da luogo ad un “contesto” nell’immaginario del ricettore della comunicazione che, a sua volta, sulla base di una serie di tecniche, riesce a descrivere qualcosa come in effetti non è ([7]).
L’informazione della Qualità
Ritengo essenziale esaminare alcuni specifici aspetti della “multi-dimensione” in cui versa sia l’Uomo che altre specie viventi (non solo animali), mettendoli in relazione con il concetto di Qualità. Non entrerò, evidentemente, nel merito di una disamina su cosa sia la Qualità. Vorrei solo rammentare che questo più che un “concetto” è addirittura un “fenomeno”, cioè un insieme di comportamenti posti in essere, non solo da un apparato produttivo, da una o più industrie, da una o più fabbriche, ma da un Sistema.
La Qualità è anche un “atteggiamento” che deve (o dovrebbe) essere posto in essere da parte dei vari (ma tutti) Attori di un contesto sociale: Cittadini, Lavoratori, Imprese, Istituzioni.
Insomma, la Qualità non può che essere un concetto che prevede alle sue spalle la così detta “total quality” del Sistema di riferimento.
Il legislatore (sia nazionale, o comunitario, che straniero, o internazionale – ma, oggi, sostanzialmente in modo univoco) ha definito quali siano gli elementi caratterizzanti i seguenti fenomeni: pratiche commerciali sleali; pratiche ingannevoli; pratiche aggressive; pratiche commerciali proibite; utilizzo distorto di marchi di fiducia; esistenza di codici di condotta e di autoregolamentazione; pubblicità promozionale; prodotto “civetta” (“Offerta limitata, scade domani, affrettatevi!”; “offerta speciale: soddisfatti o rimborsati entro 10 giorni dall’acquisto!”); pubblicità redazionale: “ grande svendita per Rinnovo locali!”, “per Fine attività!”, “per Fine serie!”, “Come vincere alla lotteria!”, “Comprate l’elisir di lunga vita!
Quindi, in realtà, i soggetti potrebbero acquisire alcuni strumenti per scegliere in modo consapevole … ma non sempre avviene così! Come sanno bene i massmediologi, i pubblicitari, gli studiosi della psicologia di massa.
Architetture dell’Informazione e rotte commerciali
Ovviamente, tali discorsi potrebbero essere modificati dalla incidenza irrazionale di comportamenti speculativi, o criminali, o meramente inefficienti (es.: quelli determinati da una classe manageriale che non risulti adeguata ai criteri di Qualità professionale ed Etica sociale).
Altrettanto ovviamente qualsiasi Ordinamento – anche normativo – che volesse considerare la effettività dei fenomeni dovrebbe anche considerare le caratteristiche intrinseche alla così detta “architettura cognitiva” dei soggetti – o meglio dei “Pubblici” – interessati quali oggetto delle normative stesse.
Ma evidentemente tutto ciò risulta altamente difficile e delicato, anche perché implica – ancora una volta! – che la “correttezza” o meglio la “adeguatezza” dell’Informazione contenuta nella comunicazione sia omogeneamente trasmessa e controllata.
In un recentissimo interessante contributo ([8]) viene sottolineato come “Fino alla fine del Novecento, il potere si è, in sostanza, sempre sviluppato su di una specifica dimensione territoriale, ma nel Terzo Millennio questi riferimenti sono stati sconvolti dal processo di globalizzazione.
Esso è essenzialmente diventato un evento economico che comporta l’integrazione dei commerci e l’estensione del modello capitalista su scala globale. Tale dinamica va ad incidere sui tradizionali equilibri di potere e dell’economia, legandosi in modo indissolubile a fenomeni quali il decentramento produttivo e il mercato agricolo non di certo immune da tale processo.”
Nessuna analisi geopolitica o geoeconomica – anche quella che sia alla base per una predisposizione di normative in tema di comunicazione e informazione – può permettersi di ignorare queste peculiarità, poiché fanno parte di quelle regole del gioco che le iniziative di programmazione strategica devono rispettare per ambire ad una lungimiranza temporale di un qualche rilievo.
Come nessuna iniziativa politica dovrebbe sottovalutare l’importanza delle diversità del bacino mediterraneo in ambito energetico, ambientale, demografico, sociale, ma anche culturale ([9]).
Comunicazione generica di dati e Informazione di cultura
Infine, vorrei soffermarmi sul concetto di “correttezza” dell’Informazione, scusandomi anticipatamente per dover far ricorso a concetti astratti per esprimere la mia idea ([10]).
La “correttezza”, come tutte le altre categorie significanti dell’Essere, si presta a molta soggettività e quindi ad una difficoltà di definire cosa sia in concreto. Il concetto potrebbe facilmente sfociare in problematiche di Etica, o addirittura Morale. Una possibile soluzione ci viene dall’applicazione di teorie della fisica e dell’economia quantistica.
E’, cioè, possibile definire “corretto” non ciò che è definibile come “giusto”, ma come “utile”, e l’utilità può essere più facilmente misurata, perlomeno da un punto di vista sociale (id quoad plerumque accidit).
A tal fine si dice che un fatto o un atto umano dovrebbero contenere un “valore aggiunto” rispetto al non-atto o al non-fatto. Lo stesso “Valore” di una situazione è dato dalla sua capacità di essere trasmesso e la Capacità di trasmissione più “utile” è quella che venga individuata nei fatti come la più efficiente.
C’è poi la necessità di partire da qualche macro-concetto, come quello di “Bene comune” (“bene” come utilità, non bene come oggetto). E lo intendiamo come quello riferentesi ad un Gruppo sociale, quale per esempio uno Stato.
Per quanto anche queste categorie siano relative, si può – credo – affermare che in generale si può determinare il Bene Comune quando si concretizzi “creazione ed aumento di valore” per detto Gruppo (inteso questo, non come “i più”, né come “la maggioranza”, o “i nobili”, o “il popolo”, …ma come un “insieme indistinto che ha un proprio interesse alla risorsa energetica ed alla perpetuazione della propria specie”).
Conseguentemente, si può definire come “comunicazione non ingannevole” quella informazione che tenda a conseguire un risultato che sia in linea con quanto ritenuto “utile” dal Gruppo e “lecito” dal suo ordinamento.
Se questo concetto quasi filosofico lo si mette in relazione con i principi della così detta “deception” – o l’arte dell’inganno – attuata spesso dai vari sistemi dei singoli Gruppi di Esseri (… e non solo “umani”, ma questo è un altro discorso!), proprio per arrivare all’utilizzo di risorse energetiche necessarie alla propria sopravvivenza e sviluppo, mi sembra che il quadro sia completo e un Legislatore accorto non possa non prendere nelle dovute considerazioni ciò che la mera cultura giuridica positiva non arriva a concepire.
Da “attore individuo” a “attori-in-rete”
“siamo tutti attori nel palcoscenico della vita” ([11])
L’epoca che sta iniziando appare caratterizzata da aspetti piuttosto innovativi sotto l’aspetto filosofico, giuridico, economico, sociale: l’unione fra la parte più impalpabile, energetica e quella più materiale, fisica … caratteristiche fondamentali sulle quali si basa la scienza del Cervello Quantico.
L’esempio chiaro, pur se banale, è quello che si chiama “internet delle cose“, cioè una rete che appaia materia ed energia, uomini e cose, macchine e istituzioni ([12]).
Ora, risulta chiaro che tale innovazione ([13]) comporti implicitamente ed esplicitamente modifiche sostanziali, spesso “rivoluzionarie” sul passato, nella vita degli Esseri.
Esseri che, ribadisco, non sono più solamente gli Uomini, gli Animali, i Vegetali, le Cose ..ma ci sono gli Ibridi, gli Automi, i Cyborg.
In ogni interazione umana, dunque, esiste qualcosa che isola il rapporto tra i soggetti, che permette di localizzare temporalmente e spazialmente l’interazione nel “qui ed ora”. Tuttavia, sembra che questa particolare situazione non esista tra i primati, presso cui in ogni interazione viene incluso l’insieme del branco. La particolarità che emerge da quanto appena esposto è che ciò che struttura la cornice tipica dell’interazione umana è dato da elementi non umani.
Tuttavia questa separazione, operata consciamente a livello filosofico da Kant e Hegel nelle considerazioni di Latour, è stata accompagnata da un processo silenzioso di proliferazione di quelli che Latour chiama «ibridi», cioè non umani che hanno cominciato a entrare in relazione con gli umani nel definire l’interazione ([14]).
Ora il futuro si espande in tutte le direzioni, il passato non è superato ma ripetuto, le nostre azioni appaiono addirittura multi-temporali, il tempo è fatto del legame tra gli esseri.
Anzi, sembrerebbe che il tempo possa essere una “dimensione dell’essere”, propria forse –e diversamente – ad ogni specie animale e vegetale.
Si arriva così alle ricordate Reti: di singole specie di animali e di vegetali: delle prime, esempi sono quelli citati; di quelle animali, esempio è il micelio.
Esse perciò ora appaiono abitate da esseri, di vario tipo, forma, genere. Non più solo “umani”, come siamo abituati ad immaginare, ma di variopinte creature e magari con una ontologia ancora insolita, al cui interno però esiste la capacità di collegare e selezionare, cioè di produrre il tempo e lo spazio ([15]).
Il dispositivo è così una catena di umani e non umani, ognuno dei quali è fornito di una nuova competenza o delega la sua competenza a qualcun altro: nella catena si possono riconoscere aggregati che sembrano come quella della teoria sociale tradizionale, gruppi sociali, macchine, interfacce ([16]).
Molteplici Realtà, Realtà “rinforzata”, architetture dell’Informazione
Come ho già avuto modo di dire ([17]), tali discorsi potrebbero essere modificati dalla incidenza irrazionale di comportamenti speculativi, o criminali, o meramente inefficienti (es.: quelli determinati da una classe manageriale che non fosse adeguata ai criteri di Qualità professionale ed Etica sociale).
Altrettanto ovviamente qualsiasi Ordinamento – anche normativo – che volesse considerare la effettività dei fenomeni dovrebbe anche considerare le caratteristiche intrinseche alla così detta “architettura cognitiva” dei soggetti – o meglio dei “Pubblici” – interessati perché oggetto delle normative stesse. Ma evidentemente tutto ciò risulta altamente difficile e delicato, anche perchè implica – ancora una volta! – che la “correttezza” o meglio la “adeguatezza” dell’Informazione contenuta nella comunicazione sia omogeneamente trasmessa e controllata.
In un recentissimo interessante contributo ([18]) viene sottolineato come “Fino alla fine del Novecento, il potere si è, in sostanza, sempre sviluppato su di una specifica dimensione territoriale, ma nel Terzo Millennio questi riferimenti sono stati sconvolti dal processo di globalizzazione. Esso è essenzialmente diventato un evento economico che comporta l’integrazione dei commerci e l’estensione del modello capitalista su scala globale. Tale dinamica va ad incidere sui tradizionali equilibri di potere e dell’economia, legandosi in modo indissolubile a fenomeni quali il decentramento produttivo e il mercato agricolo non di certo immune da tale processo.”
Nessuna analisi geopolitica o geoeconomica – anche quella che sia alla base per una predisposizione di normative in tema di comunicazione e informazione – può permettersi di ignorare queste peculiarità, poiché fanno parte di quelle regole del gioco che le iniziative di programmazione strategica devono rispettare per ambire ad una lungimiranza temporale di un qualche rilievo. Come nessuna iniziativa politica dovrebbe sottovalutare le diversità del bacino mediterraneo in ambito energetico, ambientale, demografico, sociale, ma anche culturale.
Ma tutte queste considerazioni ci possono far tornare al fulcro di questo piccolo lavoro, evidenziando un altro argomento: REALTA’ MOLTEPLICI, REALTA’ VIRTUALI, REALTA’ RINFORZATA.
Pur non potendo esser questo il luogo per iniziare un discorso che vede tuttora concentrati scienziati, medici, psicologi, fisiologi, non posso non richiamarlo, notando come tali nuove “frontiere” del sapere non fanno altro che rinforzare quello che PLATONE già chiamava il “mito della caverna”: ognuno può immaginare – se ci riesce –ciò che sta fuori dal “tunnel”, ciò che potrebbe essere la Vera realtà e lo può fare con le cognizioni e le categorie mentali di cui è in possesso.
Un esempio? Parlare di responsabilità giuridica di un soggetto, a fronte delle sue azioni all’interno di una “realtà virtuale” non è poi così strano se si pensa che il Soggetto agisce sulla base di talune categorie che gli vengano fornite, nè è difforme dal considerare la “realtà rinforzata” (cioè la visione delle Immagini di quanto avviene attorno al Soggetto osservatore, in base all’AUMENTO che proviene dall’utilizzo congiunto di strumenti hardware e software esterni al Soggetto stesso).)
Psicologia delle Social Net e personalità digitale
Se quanto detto ha un senso, apparirà chiara – perlomeno in prospettiva – la portata altamente pervasiva dell’era appena iniziata in tutti i soggetti ed in tutte le situazioni.
Quindi, la Comunicazione, non solo nel suo contenuto e nel suo contenitore, ma addirittura nei suoi media ha stravolto il nostro modo di comportarci e di interfacciarci con gli altri. Ovvero, in altre parole, il nostro modo di stare “in rete” ([19]).
Non possiamo purtroppo che solo accennare ad alcune situazioni conseguenti. Ad esempio, la spinosa tematica della personalità giuridica degli automi, nonché della loro responsabilità per le azioni od omissioni compiute ([20]).
Ma quella indicata rappresenta uno degli ultimi problemi che si pongono. Il primo è, crediamo, di natura concettuale ([21]).
Da un primo punto di vista, bisogna chiedersi se e perché l’utilizzo di uno strumento meccanico – quale il pc e, quindi, un social net – può modificare un nostro atteggiamento o comportamento ovvero il modo di percepire l’altro ed anche noi stessi.
Sono ancora molte le persone, anche studiosi di materie specifiche, che ancora non vedono la possibilità che accada realmente quanto ho descritto.
Ma basterebbe conoscere ciò che esiste da qualche anno: la capacità di acquisizione di immagini mimiche e/o di esposizioni cognitivi scritte e la loro rielaborazione per l’analisi del sentiment … il tutto, ovviamente, fatto da “Macchine” ([22])
Tralasciando ulteriori approfondimenti, credo di poter affermare che la dottrina sociologica e criminologica ha da tempo evidenziato come l’uomo si ponga in modi diversi verso il contesto e verso gli altri. Diversità dovuta a fattori differenti, a volte più di uno alla volta, ma comunque dichiaratamente connotazioni di caratteri differenti nello stesso soggetto.
Se così è, perché dovrebbe apparire illogico pensare che l’uomo modifichi il proprio senso di percezione al sorgere di situazioni particolari, quale quella di essere “dietro uno schermo”?
Non succede analogamente qualcosa quando frequenta luoghi chiusi (es.: le aziende, o le autovetture)?
Se sì, esso può essere utile all’uomo ed alla teoria del diritto? E quali sono le condizioni per farlo?
Andando oltre nel ragionamento, non si può non notare, ora, anche la presenza di “soggetti” –cioè attori – che compiono od omettono azioni [23].
Se fino ad oggi i rapporti tra informatica e diritto si sono incentrati sul modo in cui la prima è stata in grado di aiutare gli operatori del diritto nello svolgimento della propria opera o, per converso, sulle nuove fattispecie che l’informatica è stata in grado di produrre in termini di condotte umane giuridicamente rilevanti, è ragionevole pensare che in un futuro prossimo la predetta relazione si arricchirà di un ulteriore tassello: la regolamentazione giuridica di condotte non umane.
Note
[1] Per approfondire l’argomento: Akrich, M.- Latour, B., Vocabolario di semiotica dei concatenamenti di umani e non umani, in: Mattozzi, A., Il senso degli oggetti tecnici, Milano 2006; Goffman, E., Il rituale dell’interazione, Bologna, 1988; Latour, B., Cogitamus. Sei lettere sull’umanesimo scientifico, Bologna, 2013
[2] Peraltro, non esiste infatti solo la RETE VITUALE che normalmente viene chiamata Internet, ma varie rete virtuali. Esiste, poi, la RETE RELAZIONALE formata dalle persone, quella posta in essere dalle “macchine” agenti con altre macchine e con gli umani
[3] E’ celebre lo scritto di McLUHAN che avvertiva come “un caffè preso in una città dell’Africa, avrebbe potuto riscaldare un contesto più vasto di quel locale”!
[4] PACCIANI, C. (È la finanza il campo di battaglia della terza guerra mondiale , in: http://www.linkiesta.it/economia-analisi-guerra-finanza) “La III Guerra mondiale non sarà nucleare, ma digitale e finanziaria” tuttavia «se perdiamo, collettivamente questa Guerra Finanziaria Mondiale, lasciando che regole, modelli finanziari temperate al fuoco del disastro che sono stati gli anni dal 2007 al 2012 dominino ragionevolezza e senso comune, la prossima Guerra mondiale la combatteremo con la clava. Se troveremo qualcuno che ce la possa prestare”. FRASCA et alia, dal tempo alle frequenze, sul web. TRAMONTANO, M. (Flussi di capitali in Europa: ecco chi li attira e chi li perde, in: http://opendatablog.ilsole24ore.com/2012/08/flussi-di-capitali-in-europa-ecco-chi-li-attira-e-chi-li-perde/#axzz23pfDvwpC) “Oltre alla speculazione sui BTp o sulle Borse, ne esiste un’altra più sottile ma altrettanto distruttiva: la speculazione sui depositi bancari. La banca russa OaO Bank Vtb e la turca Denizbank ne hanno fatto una filosofia di vita e approfittano sempre più degli squilibri europei per aumentare i depositi attraverso le filiali di Berlino.
[5] Foucault, L’ordine del discorso, 1972
[6] Confucio, detti e frasi
[7] CARLI, C., verso un nuovo ordine economico internazionale? I rapporti tra C.E. e Paesi Europei Centro Orientali: il ruolo delle istituzioni finanziarie nazionali, comunitarie, internazionali, per l’attuazione di un grande mercato comune (Le imprese europee e i Pesi dell’Est 1993, Milano, 1994, 33); CARLI, C., I costi dell’inefficienza (atti IV convegno COGEST 28-29.05.1997, Roma, 1997); CARLI, C., la Cooperazione quale strategia economica, politica ed internazionale della C.E., (riv. G.d.F., 1993, set.-ott., 965); CARLI, C. tecnica normativa e politica tributaria per le autonomie locali, in un contesto economico internazionale. Tra semplificazione, efficacia e federalismo, (Procedimenti ed Accordi nell’Amministrazione Locale, atti XLII convegno scienza dell’amministrazione, Milano, 1997, 395).
[8] ONESTO, M.S., Il Land Grabbing e l’agricoltura globalizzata, in Informazioni d.Difesa, 6, 2013.
[9] I sistemi normativi sono una forma altamente evoluta della realtà sociale in cui viviamo immersi. Come evidenziato dal filosofo americano John Searle, la realtà sociale è una costruzione realizzata dagli esseri umani tramite l’accettazione collettiva di regole. Searle distingue due tipi di regole: le regole regolative quali obblighi e permessi e le regole costitutive che permettono di creare nuove istituzioni. Ad esempio denaro, proprietà, matrimonio, sono entità della realtà sociale che vengono create tramite regole costitutive che stabiliscono quali azioni o fatti, in un dato contesto, contano come fatti istituzionali. Le regole intervengono nel momento successivo alla creazione di dette azioni o fatti, definendo quali sono, ad esempio, gli obblighi riguardanti un fatto istituzionale quale il matrimonio.
La realtà sociale evolve per adattarsi a nuove situazioni, in modo da continuare gli scopi per cui si è sviluppata, ma l’evoluzione non è determinata solo esternamente dal cambiamento nel tempo delle pratiche dei membri di una certa comunità, però è possibile che una certa realtà sociale specifichi dall’interno come può avvenire la propria evoluzione.
Caratteristica peculiare di realtà sociali sofisticate quali i sistemi normativi, infatti, è la capacità di specificare le procedure che permettono di introdurre nuove norme o rimuovere quelle obsolete, sia di tipo regolativo che di tipo costitutivo, e pure di creare nuove istituzioni al suo interno. Le regole costitutive di un sistema normativo, cioè, specificano non solo cosa conti come un fatto istituzionale, ma anche che cosa e in quale contesto conti come un cambiamento del sistema normativo stesso.
HOHFELD (in ALLEN – SAXON ) definisce una “relazione legale di potere” ciò che succede de facto nei sistemi normativi, in specie quelli “complessi”. Ad esempio, se il “fare una promessa” significa assumersi un obbligo, le regole costitutive possono non solo introdurre nuove regole regolative (come nel citato caso delle promesse) ma anche nuove regole costitutive; in generale, gli istituti legali, in quanto insiemi di regole regolative e costitutive, possono specificare le loro possibilità di cambiamento e questo è il caso dei contratti, che possono specificare le procedure che permettono ai contraenti di modificare le loro posizioni contrattuali. Quindi i sistemi normativi complessi realizzano un organo legale che include in se le regole per permettono di conferire differenti poteri legali ai partecipanti: un agente è trasformato in un “legislatore privato”.
Gli enti, cioè, come riferiva il SANTI ROMANO, una volta comparsi nella scena sociale, comportano la possibilità di diramarsi a seconda dei bisogni di coloro che disciplinano.
[10] Vorrei qui ricordare l’opera di Luhman N. il quale applicò alla società la teoria dei sistemi sociali. Di tale A. si ricorda Illuminismo sociologico del 1970 e Sistemi sociali. Fondamenti di una teoria generale del 1984. La sua teoria sociologica è molto complessa; in essa, ad esempio, possiamo trovare – rielaborati – elementi propri dello struttural-funzionalismo di Parsons, della cibernetica, della teoria dei sistemi, della fenomenologia di Husserl, dell’antropologia filosofica, e della teoria dell’organizzazione.
Luhmann, pur ammettendo che i fenomeni sociali vanno studiati in rapporto con la funzione che essi svolgono per il mantenimento del sistema, critica le teorie funzionaliste, e Parsons in particolare, perché esse non sono riuscite a distinguere il concetto di causa da quello di funzione: alla stessa esigenza nell’ambito di un sistema possono esserci diverse soluzioni per cui il rapporto tra la presenza di una determinata esigenza ed il suo soddisfacimento non è un rapporto causale. E’ questa una critica in termini di “equivalenze funzionali”.
Egli adotta un concetto di “sistema” che egli considera non tanto con riferimento alle sue stesse forze interne che ne garantiscono la continuità, quanto nella sua capacità di contrapporsi all’ambiente cui esso appartiene e ne minaccia la stabilità. Ecco introdotto dunque che in Luhman assumono rilevanza anche i concetti di mondo ed ambiente.
[11] PIRANDELLO, detti e frasi
[12] Pennucci, N., Teorie sociali: dall’ individuo-agente all’attore-rete, 9 marzo 2018 (in: https://www.treccani.it/magazine/chiasmo/diritto_e_societa/Interazione/interazione_1_sssup_teorie_sociali_individuo_agente_attore_rete.html) e l’A. ricorda come Bruno Latour rappresenta un maître à penser delle scienze sociali contemporanee e il suo nome è legato al progetto scientifico di ridefinizione della teoria dell’azione. Il suo percorso di ricerca parte dalla convinzione che la teoria sociale non sia in grado, con le sue categorie classiche, di spiegare il reale funzionamento delle società umane, con particolare riferimento al fenomeno dell’interazione. Nel tentativo di ridefinire questo problema egli approderà ad un risultato dal profondo significato teorico, che consegna un lessico completamente rinnovato alla teoria sociale tramite una rilettura della storia della filosofia moderna e contemporanea.
Il suo punto di partenza è un’affermazione fortemente critica: questa classica definizione dell’interazione sembra più adatta alla sociologia dei primati che a quella degli esseri umani.
Il principale esponente della teoria sociale dell’interazione, Ervin Goffman, concentrava la spiegazione sull’attore umano, da cui l’interazione dipendeva e veniva strutturata.
La classica contro argomentazione proveniva dai teorici della struttura sociale, secondo i quali sarebbe questa struttura olistica e sovraindividuale ad essere responsabile del fenomeno interattivo e non il singolo individuo. In entrambe queste prospettive teoriche il risultato era la definizione dell’interazione come intersoggettività. Questo risultato, per il pensatore francese, è insoddisfacente per quanto riguarda l’interazione in società umane. Il tratto empiricamente rilevante, che muove la ridefinizione teorica risiede in un dato comparativo di grande rilevanza: «Solo se è isolato mediante un frame, o cornice di riferimento, l’agente può interagire faccia a faccio con un altro, mantenendo fuori dal quadro sia il resto della storia di entrambi sia tutti gli altri possibili partner».
[13] E’ di questi giorni la notizia: “Primi embrioni uomo-scimmia creati in Cina per “coltivare” organi: com’è possibile” (in https://scienze.fanpage.it/primi-embrioni-uomo-scimmia-creati-in-cina-per-coltivare-organi-come-possibile/p3/) I ricercatori di istituti spagnoli e americani hanno creato in laboratorio i primi embrioni ibridi uomo-scimmia, con l’obiettivo di ottenere organi per i trapianti. I controversi esperimenti sono stati condotti in Cina per evitare la rigida regolamentazione europea e americana, che vieta l’utilizzo di embrioni di primati.
Come riportato sul quotidiano spagnolo EL PAIS e sul britannico The Guardian, l’esperimento è stato condotto da scienziati dell’Università Cattolica Sant’Antonio di Murcia (UCAM) e del Salk Institute statunitense. A guidarli il biologo dello sviluppo Juan Carlos Izpisua Belmonte dell’istituto californiano, già coordinatore degli esperimenti che hanno dato vita ai primi embrioni uomo-maiale nel 2017. La conferma che i controversi test sono stati effettivamente eseguiti è stata data a EL PAIS dalla dottoressa Estrella Núñez, che ha partecipato alla ricerca assieme al veterinario argentino Pablo Ross dell’Università della California di Davis.
Simili esperimenti sollevano enormi quesiti etici, e non a caso sono rigidamente regolamentati. In altri casi simili, nei quali non sono stati utilizzati embrioni di primati non umani poiché questi ultimi sono severamente vietati, le chimere sono state distrutte entro pochi giorni o settimane. Si trattava dunque poco più di masse di cellule, più che di veri e propri organismi in formazione. Tra le preoccupazioni maggiori relative a simili esperimenti di “Fabbriche di organi”, vi è il rischio che le cellule staminali umane possano “contaminare” anche il tessuto nervoso o magari le cellule riproduttive delle chimere, con la possibilità di dar vita a organismi con una possibile coscienza (qualora fosse possibile farli nascere davvero).
[14] Si creano dunque con la modernità reti socio-tecniche, termine con il quale si indica l’insieme di rimandi creati dagli oggetti che strutturano la cornice dell’interazione e ai quali si è fatto riferimento qualche riga sopra. Se dunque la modernità si definisce nel paradosso di favorire la proliferazione di questi ibridi, negandone poi l’esistenza tranne la separazione tra scienza e politica che ne è tratto fondante ripercorrendo la storia del pensiero occidentale, si comprende bene come la denuncia di Latour abbia il sapore di una sfida a tutta l’impalcatura concettuale che sorregge il pensiero moderno. Due esempi su tutti possono chiarire la rilevanza teorica di questa presa di coscienze: la definizione della temporalità moderna e la morale. Per quanto riguarda il primo aspetto sono illuminanti le parole dello studioso:
[15] La questione della linearità del tempo accompagna lo sviluppo della storia della filosofia e viene messa in discussione proprio dal carattere incorniciato («framed») dell’interazione che si è analizzato: la cornice, che ha dall’altra parte l’aspetto della rete, rimanda ad altri luoghi ed altri tempi, così che un passato anche molto lontano viene a strutturare l’azione che definisce il presente, passando, come nota acutamente Latour, da un modello a linea retta ad uno a spirale. Dal punto di vista della moralità, è Immanuel Kant a reggere la colonna portante di questo tema nella storia della filosofia moderna: con la rivoluzione copernicana kantiana è nell’individuo il fulcro dell’agire morale, attraverso l’autonomia dell’azione morale. Oggi un esempio banale come i sistemi di sicurezza nelle automobili riesce a smentire l’assunto kantiano: ogni qual volta si entra in macchina, si fa parte di una rete socio-tecnica in cui all’elemento umano, il guidatore, si accostano elementi non umani, la macchina, la strada ecc. che tutti insieme permettono l’azione del guidare. Non appena il segnale luminoso e auditivo che ci avvisa di allacciare le cinture si attiva, il fulcro dell’azione morale si sposta dall’umano al non umano,
[16] L’oggetto di analisi di quella che è stata definita l’actor-network theory (teoria dell’attore-rete) è «ciò con cui l’analisi si confronta sono concatenamenti umani e non umani su cui le competenze e le performance (azioni) sono distribuite». Il soggetto dell’interazione non è più solo l’attore ma l’attante (ovvero «qualunque cosa operi un débrayage dell’azione, considerando che l’azione in sé è considerata come una serie di performance»), il che chiude il cerchio del passaggio sopra evidenziato dalla intersoggettività alla inter-oggettività.
L’attante è dunque ciò che definisce la cornice in quanto il termine débrayage è definito da Latour come «un qualunque riposizionamento all’interno di un’altra enunciazione, che permette di lasciare il qui e ora o di far ritorno al punto di partenza». Questo fondamentale concetto si riferisce quindi al passaggio da una temporalità ad un’altra, da un luogo ad un altro.
Si ha coscienza di un débrayage solamente nel momento della prova, ovvero di un incidente. Solo quando la macchina si rompe e ci lascia a piedi abbiamo la coscienza che il nostro guidare dipende da una casa automobilistica giapponese o dalla manutenzione delle strade in cui abbiamo bucato la ruota. L’interazione che vede come protagonisti gli attanti, umani e non umani, opera una ridefinizione delle competenze degli attori all’interno di un dispositivo. Agli attanti non umani è demandato un compito, come nel caso della spia della cintura di sicurezza nelle macchine.
Per approfondire: Akrich, M. – Latour, B., Vocabolario di semiotica dei concatenamenti di umani e non umani, in Mattozzi, A., Il senso degli oggetti tecnici, Milano 2006; Goffman, E. , Il rituale dell’interazione , Bologna 1988; Latour, B., Cogitamus. Sei lettere sull’umanesimo scientifico, Bologna 2013.
Il progetto complessivo di Latour non può dirsi solo sociologico, in quanto riguarda, come visto, una reinterpretazione molto forte dell’intero corso della storia del pensiero filosofico. Tuttavia quel che forse è più importante è che veicola un messaggio politico fondamentale e attualissimo: se i non umani, artefatti tecnici e enunciati scientifici in particolare, hanno ibridato l’interazione umana, la politica stessa, che come visto la modernità ha relegato dal lato dell’umanesimo, deve confrontarsi con i temi della scienza che si va socializzando. Pur non arrivando, se non in forma abbozzata, a teorizzare un parlamento aperto anche alle cose, la speranza che la contemporaneità dovrebbe cogliere dal messaggio di Latour è quella di un dibattito pubblico in cui la dimensione non umana conti e veicoli un agire politico orientato a risolvere problemi che riguardano sempre di più umani e non umani.
[17] CARLI, C.C., ‘Security’ as a data-network, in: Safety & Security, luglio/agosto, 2014.
[18] ONESTO, M.S., Il Land Grabbing e l’agricoltura globalozzata, in Informazioni d.Difesa, 6, 2013.
[19] La psicologia dei social, ecco perché sul web cambiamo personalità (in:
https://www.repubblica.it/salute/ricerca/2017/03/21/news/rete_internet_psicologia-161065612/) e Il diritto dei robot: la regolamentazione giuridica dei comportamenti non umani (in: https://www.dimt.it/news/83il-diritto-dei-robot-la-regolamentazione-giuridica-dei-comportamenti-non-umani/).
Carli, C., cyber-warfare versus leggi umanitarie, (1a parte, Informazioni Difesa, 4/2014; 2a parte, Informazioni Difesa, 5/2014); carli, c., Effettività giuridica dei rapporti virtuali: problema di cultura o di assetto regolamentare? (Information Security, mar-apr. 2013).
Il primo ad ipotizzare la soggettività giuridica dei robot è stato il filosofo americano, Hilary Putnam, che aveva ipotizzato già negli anni 60 il riconoscimento dei diritti civili per i robot. Cfr. Putnam, H., I robot: macchine o vita creata artificialmente?, in Mente, Linguaggio e Realtà, Adelphi, 1987, pagg. 416-438.
Sartor, G., Gli agenti software: nuovi soggetti del ciberdiritto?, in Contratto e Impresa, 2, 2002, pag. 492; Taddei Elmi, G., op. cit.; Art. 1433 c.c., “Errore nella dichiarazione o nella sua trasmissione. Le disposizioni degli articoli precedenti si applicano anche al caso in cui l’errore cade sulla dichiarazione, o in cui la dichiarazione è stata inesattamente trasmessa dalla persona o dall’ufficio che ne era stato incaricato”.
Sul tema si rimanda all’interessante trattazione contenuta in Biasiotti, M.A., Romano, F., Sagri, M.T., La responsabilità degli agenti soware per i danni prodotti a terzi, in Informatica e Diritto, Vol. XI, 2002, n. 2, pag. 157-167. Per un’ampia trattazione di tale aspetto si rimanda a Santosuosso A, Boscarato C., Caroleo F., op. cit.
Il Reporter’s Note del Uniform Commercial Code – 2B, ad esempio, stabilisce che l’agente elettronico è una mera estensione della persona che lo utilizza e le sue azioni non sono che le azioni di questa. Cfr. Boscarato, C., Who’s responsible for a robot’s actions?, i n Technoligies on the stand: legal and ethical questions in neuroscience and robotics, a cura di Van der Berg e Klaming, Wolfpublisher, 2011, 383-402.
Il 2 luglio 2015, un robot ha ucciso un operaio in una fabbrica tedesca http://www.repubblica.it/esteri/2015/07/02/news/robot_uccide_operaio_in_fabbrica_wolksvagen- 118121393/
E’ stata ad esempio esclusa la responsabilità di chi utilizzi l’animale per svolgere mansioni inerenti la propria attività lavorativa, che gli siano state affidate dal proprietario dell’animale alle cui dipendenze egli presti tale attività (Cass. 10189/2010), in https://ildirittodeirobot.files.wordpress.com/2015/04/arms0415_forupload_0.pdf; Gualdieri M., Diritto e Robot, 10 febbraio 2016, disponibile all’indirizzo https://ildirittodeirobot.wordpress.com/2015/04/11/diritto-e-robot-di-maurizio-gualdieri/#more-12
[20] Nell’introduzione de “Il Leviatano” di T. HobbeS recita: “la Natura (l’arte con la quale Dio ha fatto e governa il mondo) è imitata dall’arte dell’uomo, come in molte altre cose, così anche in questo, nel poter fare un animale artificiale. Infatti, dato che la vita non è altro che un movimento di membra il cui inizio è in qualche principale parte interna, perché non possiamo dire che tutti gli automi (macchine che si muovono da sé mediante molle e ruote, come un orologio) hanno una vita artificiale?”. Ammettere che possa esistere una vita artificiale porta il giurista ad interrogarsi sulla regolamentazione delle condotte da ciò scaturenti e, finanche, sull’esistenza di un diritto artificiale: come ricorda Romeo F., (Esplorazioni nel diritto artificiale , in I-Lex – Scienze giuridiche, cognitive ed intelligenza artificiale, n. 01/2004) già Lothar Philipps, nel 1989, descriveva un ordinamento giuridico per un popolo di esseri artificiali, delineando da subito i problemi di siffatto campo di ricerca: può esistere un diritto creato da esseri artificiali?
[21] Nel saggio “Soggettività artificiali e diritto” Taddei Elmi G.C. dà conto del dibattito sviluppatosi a partire dagli anni ’50 circa la possibilità dei computer di possedere un’intelligenza di tipo umano.
E’, infatti, nell’ottobre del 1950 Turing A. pubblica l’articolo “Computer Machinery and Intelligence” nel cui incipit è posto l’emblematico interrogativo: “le macchine possono pensare?”. L’opera di tale A. è considerata una pietra miliare negli studi sulla relazione corpo-mente e sull’intelligenza Artificiale: “parte da lì l’idea e, soprattutto, il progetto di costruire un computer capace di simulare il cervello umano nel suo insieme, fino alla prospettiva di avere un’intelligenza senza corpo”.
Si sviluppa, così, quella corrente di pensiero denominata “Intelligenza artificiale forte” , secondo la quale i computer possono riprodurre processi intellettuali identici a quelli umani: conseguentemente, “non vi sarebbe alcuna differenza ontologico-quantitativa tra cervello umano e cervello elettronico e tra intelligenza umana e intelligenza artificiale, la sola differenza sarebbe la sede o il supporto fisico, la testa umana fatta di carne, ossa e altri materiali biologici, e la struttura di un calcolatore fatto di metallo e di energia”.
A fare da contraltare ad una simile impostazione, vi è quella che va sotto il nome di “Intelligenza artificiale debole”, secondo cui le macchine possono soltanto simulare i processi intellettuali umani, stante l’ontologica diversità tra intelligenza artificiale e intelligenza umana; di questa scuola ne fu il capofila italiano FROSINI V. che nel suo “Cibernetica, diritto e società” (Milano, 1973) la sua “Informatica giuridica”, propose anche modelli gestionali da utilizzo informatico ed arrivò a ipotizzare –citando esperienze dell’Unione sovietica – una eguaglianza di epistemologia cibernetica con le macchine. In questo seguìto dal LOSANO M. “giuscibernetica, macchine e modelli cibernetici nel diritto” (To, 1969).
A seconda del modello prescelto, differenti saranno le conseguenze sul piano giuridico:
- i sostenitori dell’approccio massimalista (intelligenza artificiale forte) non escludono che robot particolarmente avanzati possano essere considerati come soggetti del diritto,
- secondo la tesi minimalista (intelligenza artificiale debole), invece, gli automi, anche qualora i loro comportamenti fossero indistinguibili da quelli umani, resterebbero comunque degli oggetti, con tutto ciò che ne consegue in termini di loro collocazione all’interno dell’ordinamento giuridico.
Sebbene a oggi non sia possibile attribuire personalità giuridica agli automi, non essendo ciò previsto da alcuna norma positiva, tuttavia è interessante dar conto di come ciò potrebbe avvenire senza per ciò stesso dover procedere a un’equiparazione sostanziale tra esseri umani e robot.
Come noto, il nostro ordinamento giuridico riconosce ad alcune entità (associazioni, società, ecc) la c.d. personalità giuridica il cui tratto distintivo –fino al …. – consisteva nel possedere autonomia patrimoniale rispetto ai patrimoni delle persone fisiche che le compongono o le amministrano; dal … è stata adottata la cosiddetta responsabilità amministrativa per fatti connessi alla trasgressione del codice di condotta / o codice etico, da parte dei dipendenti o dei soci.
Personalmente ritengo che simile approccio potrebbe essere adottato anche con riferimento agli automi, i quali ben potrebbero avere un proprio patrimonio e rispondere nei limiti di questo delle obbligazioni assunte; mentre non ritengo più attuale quella che –fin a qualche anno addietro- poteva considerarsi una variante “potrebbe essere la situazione che vigeva nel diritto romano per lo schiavo. Era una un’entità che rispondeva nei limiti di un patrimonio separato detto peculium”.
In questo caso però l’ipotesi di una soggettività fittizia avrebbe meno forza poiché il patrimonio continuava ad essere posseduto dal dominus e lo schiavo era pur sempre una res.
CARLI, C., Il rischio nella “società fluida”, in: https://www.safetysecuritymagazine.com/articoli/il-rischio-nella-societa-fluida/
[22] Come brillantemente espresso dall’A. di http://www.idiavoli.com/2016/11/30/la-vita-come-un-algoritmo-capitalismo-robot/, le Macchine della nostra epoca dominano le variabili degli algoritmi, effettuano la codificazione delle tue emozioni e prevedono il futuro. Se necessario riescono a determinarlo per influenzare il corso degli eventi. È la sentiment analysis.
«È possibile che le prossime elezioni siano decise e manipolate dal popolo dei Bot. Non parlo dei detentori di titoli pubblici italiani, ma dei bot: applicazioni software che creano profili finti (fake) e contenuti sui social network e nelle chat (chat bot) simulando persone vere», ha scritto Andrea Mazziotti su Sole 24 Ore, 29.11.2016 ed il meccanismo è il seguente: profili fittizi generano una notizia falsa, questa diventa virale. È l’algoritmo stesso di Facebook a promuoverla. I factcecker reporters di MOTHER JONES hanno ripercorso le tappe di una bufala, dalla sua genesi fino alla sua potentissima diffusione su detta piattaforma. Lo stesso processo secondo BUZZFEED è in parte avvenuto durante le passate Elezioni in USA. Molti analisti dicono, poi, che le famose Primavere Arabe furono promosse da un “riscaldamento sociale” effettuato con Twitter. Ma, certamente, non si può ne si deve generalizzare.
“Il tuo capo forse sa già cosa pensi. E non succede solo a Wall Street. Immagina quanti messaggi di posta elettronica vengono inviati in tutto il mondo. Poi ci sono i tweet, gli scambi su Whatsapp. Ecco, ci sono diverse start-up che raccolgono tutte queste informazioni, le canalizzano, le trasformano in tendenze ‘sicure’ e da vendere alle aziende. Stiamo assistendo al rapido affossamento dei sondaggi per mano della sentiment analysis. Il campione è smisuratamente più ampio …. Entriamo nel campo dei BIG DATA.
I posti di lavoro, i redditi, le abitudini sociali: l’intelligenza artificiale può davvero rivoluzionare la nostra vita. E non è detto che sia necessariamente in peggio. Il problema è che non ne conosciamo ancora il vero impatto, il pericolo è che si sostituisca all’autodeterminazione umana.
[23] l’A. si permette di rinviare – a motivo della stretta attinenza e per una eventuale integrazione di letture – con le proprie op.: -, cyber-warfare versus leggi umanitarie, (1a parte, Informazioni Difesa, 4/2014; 2a parte, Informazioni Difesa, 5/2014); -, Effettività giuridica dei rapporti virtuali: problema di cultura o di assetto regolamentare? (Information Security, mar-apr. 2013); -, Resilienza al tempo delle cyber-wars. Counterintelligence per le infrastrutture critiche nazionali (Information Security, dic. 2012); -, economia criminologica – analisi economica terrorismo (Safety & Security, sett. 2011); -, appalti e analisi economica (Nuova Giurispr Civile, 2005); -, l’impresa in economia e diritto dei consumi (Impresa, 2/2004); da ultimo a: “security” as a data-network – La Sicurezza è un insieme di relazioni. …. Ed i “confini”, almeno quelli fisici, servono solo per i pollai!” ( Safety & Security, lug.-ago 2014).
Articolo a cura di Carlo Carli
Carlo C.Carli (già OF 2 r / t. Army Leg.Ad. - sp.f. M&S NATO – former In-house Legal Counsel - Avvocato) è un "giureconomista aziendale” formatosi accademicamente nelle discipline giuridiche (consumatori, amministrativo, penale, mare) ed economiche (tributi, società e finanza internazionale) e operativamente quale manager di multinazionali dell'energia e della finanza.