Security Concept: l’approccio israeliano alla tematica della sicurezza nazionale
Il presente elaborato trae spunto e sostanza dall’interessante prolusione dal titolo “Intelligence Studies in Academia and their Influence on the Intelligence Service in Israel“, tenuta dal Brigadier General (Res.) Professor Eprahim Lapid, docente presso la Bar-Ilan University ed ex Ufficiale del Servizio Informativo Militare dello Stato di Israele, presso l’Accademia Militare di Modena in occasione dell’apertura dei lavori del Convegno Internazionale di Studi Storici sui Servizi Informativi Militari Italiani.
Israele, forse più di ogni altra Nazione, si è trovato a doversi confrontare con vitali problematiche di sicurezza nazionale fin dal momento del suo concepimento; ciò è significato dover formulare ed aggiornare concetti e paradigmi di National Security per un’immediata applicazione pratica da parte delle sue Forze Armate, nonché delle Agenzie di Sicurezza esistenti.
Dissertare nel merito della sicurezza nazionale israeliana, significa includere aspetti strutturati su tre livelli differenti: la strategia, la dottrina e le politiche di Security, trasversalmente attraversate dal concept, un termine colloquiale comunemente usato nel Paese, quale aspetto comunicante e liaison sostanziale.
David Ben-Gurion (1886-1973), colui che fu il primo tra i Primi Ministri di Israele, formulò i requisiti fondamentali per poter discutere del concept israeliano di security nella decade che seguì la fine del II conflitto mondiale; tale discussione fu incentrata sugli allestimenti difensivi per la creazione dello Stato di Israele, sugli sforzi fatti per sopravvivere durante la Guerra d’Indipendenza e sullo sviluppo di aspetti per implementare il concetto israeliano di sicurezza.
Nonostante sia sempre rimasto in posizione defilata, senza mai dichiarare esplicitamente quale fosse l’obiettivo strategico più importante di sicurezza nazionale, è tuttavia possibile evincerlo sulla base della Dichiarazione d’Indipendenza di Israele, ovvero la protezione e la difesa dello Stato in quanto Nazione del popolo ebraico (“…protect the State of Israel as the nation of the Jewish People”); ciò, garantendo apertura al flusso immigratorio del popolo ebraico, promuovendo idee e politiche progressiste basate sui precetti di libertà, giustizia e pace, nonché garantendo piena equità sociale e politica ai cittadini, indistintamente da razza, fede e genere sessuale.
I principi strategici sviluppati per raggiungere tale obbiettivo costituirono, in essenza, i principi guida del Security Concept di Israele; nel proprio disegno Ben-Gurion capì che il Paese avrebbe dovuto affrontare un lungo percorso fatto di sforzi e sacrifici nonché ricco di ostacoli ed oppositori, fino al giorno della conquista del proprio status e quindi del proprio diritto di esistere.
In considerazione della chiara inferiorità quantitativa di Israele dal punto di vista geopolitico nei confronti dei Paesi arabi, relativamente alle proprie dimensioni territoriali, di popolazione e di risorse, il Paese dovette sviluppare un proprio staying-power al fine di sostenere con forza e promuovere in modo considerevole gli effetti delle risorse a propria disposizione; i cinque elementi caratterizzanti questo staying-power erano strettamente dipendenti, in larga misura, dalla propria autonomia e dalla spiccata capacità di fare affidamento su se stessi:
- raggiungimento di un’avanguardia qualitativa negli aspetti convenzionali: ovvero, l’I.D.F. – Israel Defense Forces deve costantemente mantenere un marcato vantaggio qualitativo nei confronti dei propri avversari;
- efficace percezione nella deterrenza nucleare: favorire lo sviluppo di un’infrastruttura dedicata al nucleare, mantenendo politiche ambigue e prive di chiarezza tanto quanto i propri scopi;
- instaurazione di un rapporto privilegiato con una cosiddetta Super-potenza: condurre politiche estere funzionali ad ottenere il supporto da parte di una nazione particolarmente potente, come è ampiamente riscontrabile osservando il rapporto privilegiato del quale Israele gode con gli Stati Uniti d’America;
- raggiungimento di una spiccata superiorità sia dal punto di vista tecnologico che economico: essendo il Paese carente dal punto di vista delle risorse naturali e quantitativamente modesto per estensione territoriale e popolazione, ripone esclusivamente nella superiorità tecnologica ed economica regionale le speranze di vita e prosperità; può arrivare a ciò solo sfruttando la propria risorsa principale, ovvero le qualità del suo popolo.
- creazione di un’elevata resilienza nazionale: nel Paese c’è piena consapevolezza del fatto che sarebbe impossibile perseguire tali obiettivi di superiorità acquisita senza coltivare principi di resilienza nazionale basati sulla norma di vita, il comportamento e il temperamento del popolo israeliano. Gli elementi principali della National Resilience d’Israele sono a tutt’oggi il flusso di immigrazione del popolo ebraico (Aliyah), il servizio militare obbligatorio e il principio dell’I.D.F. di essere un esercito di cittadini (“an Army of the People“), la notevole abilità nel gestire situazioni di crisi e il mantenimento, aspetto fondamentale ed imprescindibile, di un fortissimo legame con le comunità ebraiche presenti all’estero.
Il fenomeno della globalizzazione, il cambiamento dello scenario mondiale e la nascita di nuovi assetti regionali, i quali includono: il collasso del sistema bipolare a favore di un sistema multipolare dominato dalla preminenza degli Stati Uniti d’America (Freilich, 2018), la disgregazione di Stati e Regimi in Medio Oriente e altrove, l’ingresso nel panorama mondiale di attori non statuali, l’ascesa di fenomeni di conflittualità asimmetrica e di Low Intensity Conflict (Eiland, 2007 e Amidror, 2017), nonché la nascita di nuove tecnologie digitali, espongono Israele a nuove minacce offrendo però, nel contempo, nuove opportunità e occasioni di sfida nei campi politico, economico, diplomatico e militare.
L’auspicio è che il Paese si possa dotare efficacemente di strumenti utili a capitalizzare tali opportunità, poiché i futuri conflitti armati che lo vedranno impegnato saranno con Stati sia vicini che lontani, nonché con organizzazioni terroristiche e attori non statuali (Eiland, 2017).
Articolo a cura di Claudia Petrosini e Stefano Scaini