Salute e sicurezza sociale: analisi degli impatti indiretti generati dall’evento Coronavirus
Esistono alcune situazioni che coinvolgono le Istituzioni italiane nel loro complesso, portando alla luce eccellenze e capacità di adottare approcci coordinati che spesso sono sottovalutate e mal percepite dalla popolazione.
Il caso che in questi giorni sta saturando l’informazione pubblica è quello relativo al nuovo coronavirus 2019-nCoV, dichiarato il 30 gennaio 2020, dal Direttore generale dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) Dott. Ghebreyesus, emergenza di sanità pubblica di rilevanza internazionale, ovvero PHEIC – Public Health Emergency of International Concern.
Il Presidente del Consiglio Conte, il giorno immediatamente successivo, ha dichiarato lo stato di emergenza nazionale, che si protrarrà per il prossimo semestre, affidando la gestione di questa grave emergenza alla Protezione Civile e individuando, nel Capo dipartimento Angelo Borrelli, il Commissario straordinario per l’emergenza.
È stata firmata, a tre giorni di distanza dalla nomina, l’ordinanza per l’emergenza coronavirus; il provvedimento contiene i primi stanziamenti, per una somma complessiva di 5 milioni di euro, e le prime misure attuative di quando deciso in sede di Comitato Operativo, attivando Regioni e Asl per l’individuazione degli Ospedali presso cui organizzare strutture e percorsi dedicati nel caso in cui fosse necessario affrontare una situazione più complessa.
Sono anche state istituite procedure semplificate volte ad assicurare l’approvvigionamento di mascherine, siringhe, materiali e farmaci necessari avvalendosi, oltre che delle componenti e delle strutture operative del Servizio nazionale della Protezione Civile, anche di soggetti attuatori individuati tra gli Enti pubblici.
A similitudine di quanto promosso dal Learning Team dell’O.M.S. sul proprio sito, ossia un corso online la cui introduzione è stata anche pubblicata sul canale YouTube, il Ministero della Salute italiano, sul sito www.ministerosalute.it, ha pubblicato le “regole” per la migliore protezione dai virus respiratori, rendendo altresì attivo un numero verde per una comunicazione efficace e diretta con la popolazione.
L’ospedale Spallanzani di Roma, dotato di strutture e laboratori di bio-contenimento di IV livello, ossia idonee alla trattazione di virus altamente infettivi (come ad esempio l’Ebola), è stato identificato quale centro d’elezione in cui saranno effettuate le analisi di verifica dei casi sospetti.
Il sospetto di essere stati infettati dal coronavirus 2019-nCoV può aversi sia nel caso in cui non ci si sia mossi dall’Italia, sia in quello in cui si torni da alcune località della Cina.
In considerazione della distanza geografica dall’Italia e delle vie di comunicazione esistenti, il primo punto di accesso per un eventuale soggetto infetto deve essere considerato l’aeroporto, mentre in misura largamente minore i porti.
Lo stesso 31 gennaio è stata preventivamente disposta la chiusura dei voli verso la Cina, sia in partenza sia in arrivo, al fine di minimizzare le possibilità di contagio; consentendo tuttavia, a breve distanza di giorni dall’adozione delle misure di prevenzione, il traffico aereo cargo in quanto l’impatto sul settore dell’import-export sarebbe stato particolarmente gravoso, comportando ritardi non solo relativamente ai prodotti finiti ma anche ai semilavorati necessari alle differenti industrie nazionali.
È evidente come gli effetti del coronavirus, infatti, producano a loro volta degli effetti secondari – cosiddetti indiretti – sull’economia, non solamente quella cinese ma anche, nell’attuale sistema economico che ci vede sempre più interconnessi in una sorta di villaggio globale, su interi settori produttivi come ad esempio quello delle tecnologie, dell’agricoltura e della moda; il blocco dei voli da e per la Cina, attuato numerose compagnie internazionali, comporta infatti anche difficoltà di rifornimento di materie prime tessili, componentistica elettronica e prodotti finiti.
Ad aggravare la situazione dei ritardi nelle consegne è stata la decisione delle autorità cinesi di estendere i festeggiamenti del Capodanno cinese, periodo nel quale l’attività dei principali store online cinesi – come ad esempio AliExpress, Banggood e Wish – viene fortemente limitata se non ridotta al minimo, con un prolungamento di ulteriori otto giorni per arrivare dunque al 10 di febbraio, a causa dell’epidemia di coronavirus 2019-nCoV.
In tale ottica, le spedizioni verso l’Italia che prevedono il pagamento dei costi di dogana all’origine, come ad esempio Italy Priority Line, EU Priority Line, Priority Direct Mail e Priority Line, subiranno un ritardo rispetto alle normali tempistiche di consegna che si aggira tra le due e le tre settimane.
Nei negozi italiani si inizia a registrare una riduzione della disponibilità dei prodotti Apple, sia per quanto riguarda accessori come gli auricolari di nuova generazione, sia relativamente a computer di recente ordine; inoltre le autorità hanno chiesto, in via precauzionale, ad alcune fabbriche di tenere chiuse le strutture che si occupano di assemblaggio, chiedendo anche agli impiegati del quartier generale di Shenzhen di non ritornare al lavoro il 10 febbraio, come originariamente pianificato, ma di attendere ulteriori istruzioni.
Anche il settore della produzione automobilistica comincia a risentire della chiusura degli impianti: aziende come Hyundai e Tesla si trovano già a dover posticipare le consegne di febbraio; nell’industria delle costruzioni ed in alcuni settori dei servizi, è stato ad esempio stimato che un ritardo di 10 giorni provocherebbe una perdita pari allo 0,46% del Pil.
Nel settore agroalimentare la situazione non risulta migliore; le esportazioni di prodotti italiani, ad esempio quelli latteo-caseari, stanno subendo delle battute di arresto a causa della carenza di mezzi e di personale, che sta progressivamente limitando la circolazione delle merci e contestualmente le attività di carico e scarico presso diversi scali marittimi.
In un’analisi condotta dalla Coldiretti si evidenzia come le conseguenze dell’emergenza sanitaria si riflettano sia sull’economia interna cinese che sul mercato globale con un effetto a valanga; infatti, prendendo a riferimento la soia, la Cina è la più grande consumatrice mondiale ed è costretta ad importarla per garantire l’alimentazione del bestiame richiesto in maniera sempre più accentuata vista l’accresciuto consumo di carne.
La soia, precisa la Coldiretti, è uno dei prodotti agricoli più coltivati al mondo e l’Italia risulta esserne il primo produttore europeo con circa il 50% della coltivazione; una conseguente riduzione degli acquisti da parte del gigante asiatico sta comportando la riduzione del prezzo della soia sul mercato dei futures, con riduzioni di circa il 10% dall’inizio dell’anno.
Una situazione che va attentamente monitorata dall’Unione Europea per salvaguardare un settore chiave per la sicurezza e la sovranità alimentare, soprattutto in un momento in cui il cibo è tornato strategico nelle relazioni internazionali, dagli accordi di libero scambio alle guerre commerciali come, ad esempio, la politica dei dazi di Trump, la Brexit o l’embargo con la Russia.
Che la situazione sia grave lo dimostra la decisione senza precedenti presa da Pechino di rinviare il China Development Forum, in programma nella seconda metà di marzo, e l’ipotesi di annullamento di ulteriori eventi internazionali come alcune fiere tessili; bisogna inoltre considerare che gli impatti indiretti non sono circoscritti ad aspetti economici e finanziari ma giungono a investire gli aspetti più quotidiani della vita personale e sociale dei cittadini.
Le limitazioni alla circolazione legate all’esigenza di contenere le possibilità di contagio hanno avuto e continuano ad avere ripercussioni sulla popolazione anche dal punto di vista psicologico, manifestatesi con sporadici episodi di razzismo e discriminazione nei confronti di cittadini cinesi.
Fortunatamente, con il passare dei giorni e lo stabilizzarsi delle condizioni medico-sanitarie dei pazienti ricoverati sia in Cina che in diverse nazioni europee, sembra stia anche rientrando l’allarme relativo alla proliferazione di fake news sull’argomento, che nei giorni immediatamente successivi alla notizia dello scoppio dell’epidemia hanno portato all’accaparramento compulsivo di dispositivi di protezione individuale quali, ad esempio, le mascherine protettive.
Da parte delle Agenzie di stampa e dei principali networks televisivi si è cercato di evitare il diffondersi della psicosi collettiva riguardo le modalità di contagio, sia promuovendo l’uso di un nome che non fornisse una discriminante geografica, a differenza di quanto avvenuto nel 2012/13 con la MERS – Middle East Respiratory Syndrome o sindrome respiratoria mediorientale, causata sempre da un coronavirus, sia mantenendo un livello comunicativo scevro da allarmismi.
Ad oggi permane comunque il serio rischio che presto si possa parlare di “emergenza sanitaria internazionale”, come ha anticipato il Ministro della Salute Roberto Speranza: il nuovo virus, ha aggiunto infatti, “è classificato di tipo B (come Sars e Polio) quanto a pericolosità, ma viene di fatto gestito come uno di classe A, al pari di colera e peste”.
Articolo a cura di Claudia Petrosini e Stefano Scaini