Quali rischi reali nella minaccia bioterroristica per mezzo di tossine: I casi di ricina e sassitossina

Nella settimana successiva agli attacchi dell’11/9 l’opinione pubblica americana fu scossa da altri eventi di matrice terroristica, attacchi che furono condotti attraverso l’impiego di uno dei servizi pubblici fondamentali degli Stati Uniti d’America e non solo: il servizio postale.

Infatti, tra il 18 settembre ed il 9 ottobre 2001, furono recapitate lettere a diverse sedi di testate giornalistiche contenenti delle spore di antrace, ovvero un batterio particolarmente virulento; le spore, inalate anche a piccole dosi o a contatto diretto con l’epidermide, causarono la morte di cinque persone, l’avvelenamento di altre diciassette, notevoli danni economici, nonché la nascita della microbiologia forense moderna.

All’inizio del mese di ottobre 2018 un uomo americano di 39 anni, William Clyde Allen III, è stato arrestato dal Federal Bureau of Investigation per aver inviato, sempre tramite il servizio postale americano, buste contenenti una tossina letale sotto forma di polvere al Segretario della Difesa James Mattis e ad un alto ufficiale del Pentagono; in precedenza, nel mese di giugno 2018, un uomo tunisino di 29 anni, Seif Allah Hammami, è stato arrestato in Germania dalla polizia di Colonia poiché trovato in possesso di circa 85 milligrammi della medesima tossina letale, estratta presso un laboratorio artigianale sito nella propria abitazione con l’intento criminale di impiegarla come caricamento non convenzionale di un ordigno improvvisato.

Entrambi i succitati casi sono stati positivamente risolti con un tempestivo ed efficace intervento delle forze di sicurezza pubblica, impedendo eventuali impatti e consentendo la rivelazione immediata della tossina impiegata in ambedue gli episodi: la ricina.

La ricina è una citotossina che si ricava dalla pianta del ricino comune (Ricinus communis L.), un arbusto di facile coltivazione diffuso in tutte le aree temperate e subtropicali del pianeta; conosciuta fin dall’antichità per le sue proprietà letali, la ricina è stata bandita dalla Convenzione per la Proibizione delle Armi Chimiche del 1997, insieme ad altre tipologie di tossine quali, ad esempio, la saxitossina o sassitossina, oggetto di ricerche da parte dei laboratori biologici militari fino alla sottoscrizione, nel 1972, della Biological Weapons Convention.

La ricina è classificata quale agente chimico di Tabella I all’interno delle tabelle indicate nella Convenzione per la Proibizione delle Armi Chimiche; non è infatti possibile considerare la ricina quale agente biologico in quanto la citotossina, estratta dai semi dell’omonima pianta, è una sostanza prodotta dalle cellule vegetali e, a differenza degli agenti biologici, non è in grado di replicarsi autonomamente.

L’impiego della ricina come arma chimica, nel recente passato, si è evidenziato in Europa dell’Est negli anni ’70 per colpire, ad esempio, dissidenti bulgari quali Georgi Markov e Vladimir Kostov; tramite una congegno nascosto all’interno di un ombrello, a cui venne poi attribuito il nome di “ombrello bulgaro”, la citotossina venne iniettata in una gamba di G. Markov.

Il dispositivo all’interno dell’ombrello era costruito per poter iniettare una microcapsula composta al 90% di platino e al 10% di iridio, del diametro di 1,7 millimetri, sulla quale erano stati praticati due fori rivestiti da una pellicola termosensibile; durante l’autopsia compiuta sul corpo del dissidente furono trovate tracce di ricina nei fori praticati sulla microcapsula dai quali la tossina, a causa dello scioglimento della pellicola isolante dovuto alla temperatura del corpo umano, era così fuoriuscita causando la morte del giornalista.

Tuttavia, non sono stati segnalati altri casi di avvelenamento da ricina condotti con questa metodologia, poiché solitamente l’accesso all’organismo umano da parte della tossina avviene con maggior frequenza, nonché semplicità, mediante inalazione, ingestione o, talvolta, per contatto diretto con la sostanza.

I sintomi dell’intossicazione non sono immediatamente visibili e possono variare a causa della quantità di tossina con cui si è entrati in contatto e a causa della modalità con la quale essa è stata introdotta nell’organismo; infatti, la tossicità della ricina risulta essere più acuta nel caso in cui si abbia inalazione, provocando severi danni ai polmoni, mentre nel caso di ingestione possono verificarsi seri disturbi gastrointestinali e formazione di coaguli nei vasi sanguigni con conseguente deterioramento degli organi coinvolti.

Inoltre, essendo sintomi abbastanza comuni a molte altre sostanze, è indubbiamente difficile associarli direttamente ad un’esposizione alla ricina; i sintomi più frequenti in caso di inalazione risultano essere l’irritazione delle vie respiratorie ed un senso di soffocamento, il quale può degenerare in asfissia se la tossina entra in contatto con la gola e l’apparato respiratorio.

Nel caso in cui la citotossina dovesse invece essere ingerita, i sintomi variano dai crampi allo stomaco, al vomito, alla dissenteria; la tossicità della ricina è molto elevata e nel caso di inalazione sono sufficienti 22 microgrammi/kg, mentre in caso di ingestione (considerando che in ambiente acido la tossicità della ricina tende a diminuire) la dose letale media è stimata in circa 1 milligrammo/kg.

Il meccanismo di funzionamento della citotossina agisce sui ribosomi della cellula, inibendo il processo di produzione delle proteine da parte delle cellule ed impedendo loro di assemblare vari aminoacidi in proteine ​​secondo i messaggi ricevuti dall’RNA messaggero, con la diretta conseguenza di agire così sul livello più basilare del metabolismo cellulare, un aspetto essenziale per la sopravvivenza di tutti gli esseri viventi.

Il rilevamento tempestivo, affidabile e sensibile della tossina si rende necessario al fine di impedire l’accidentale contatto con persone e luoghi; esistono infatti differenti metodologie di rilevamento che possono distinguere tra ricina biologicamente attiva e inattiva, aspetti essenziali sia per valutare la letalità della minaccia di bioterrorismo e, nel caso non fosse stato possibile evitare l’evento, per monitorare il sito procedendo alle corrette procedure di decontaminazione.

Tra queste diverse metodologie d’indagine, le più immediate si basano sulla tecnologia Surface Plasmon Resonance ed hanno un tempo di risposta inferiore ai venti minuti; una rapida rilevazione della ricina è stata recentemente condotta presso l’Albert Einstein College of Medicine della Yeshiva University di New York, ove è stato sviluppato un test semplice, accurato ed altamente sensibile per rilevare e quantificare la tossina tramite l’impiego di alcune gocce di una miscela di reagenti da utilizzare sulla sostanza sospetta: nel caso in cui la sostanza sia effettivamente ricina, la miscela emette una luminescenza ad intensità crescente all’aumentare della concentrazione della citotossina.

Per fornire un quadro completo sulle tossine considerate dalla Convenzione per la Proibizione delle Armi Chimiche agenti di Tabella I, nonostante in letteratura non siano presenti impieghi intenzionali di tale sostanza, è utile ed interessante analizzare la saxitossina o sassitossina, presente in ambiente marino e che, prodotta da micro-alghe, si può rinvenire nei mitili che se ne nutrono.

Tale neurotossina è stata studiata all’inizio del XX secolo a seguito di anomale morti di alcuni membri degli equipaggi di navi mercantili che avevano consumato molluschi bivalvi; i sintomi di avvelenamento da tale tossina sono variabili e spaziano da lievi formicolii, intorpidimento della bocca, delle mani e dei piedi, assenza di forza nei muscoli, fino a giungere all’alterazione e perdita della sensibilità nonché, nei casi più gravi, alla depressione respiratoria.

I succitati sintomi sono causati dall’azione “ostacolatrice” della tossina sui canali dello ione sodio, localizzati nella membrana delle cellule, che a causa della mancata trasmissione degli impulsi nervosi tra i neuroni impedisce la liberazione dell’acetilcolina, preposta ad assicurare la corretta comunicazione tra neuroni e cellule muscolari, portando alla paralisi ed in alcuni casi alla morte per depressione respiratoria e quindi successivo arresto cardiaco.

La tossicità della sassitossina è elevata e dipende dalla via d’intossicazione che ne è coinvolta: nel caso di inalazione sotto forma di aerosol sono sufficienti 5 mg·min/m³, mentre per l’ingestione ci si aggira intorno ai 5,7 microgrammi/kg (quasi la metà della ricina); nel caso tale tossina dovesse essere iniettata, il valore ipotetico della cosiddetta dose letale media sarebbe di circa 0,6 microgrammi/kg.

I sintomi precedentemente descritti sono comunemente conosciuti come Paralytic Shellfish Poisoning, e si registrano in tempi relativamente brevi dall’assunzione della tossina con una variabilità tra i 30 e i 120 minuti; il soggetto intossicato dalle saxitossine, nelle successive dodici ore dall’assunzione, può veder regredire i sintomi fino alla completa guarigione o, in caso di intossicazione acuta, perdere la vita per depressione respiratoria e quindi arresto cardiaco.

Attualmente non esistono ancora test di laboratorio sufficientemente rapidi per diagnosticare in un paziente l’avvelenamento da sassitossine, nonché antidoti o vaccini: ad oggi l’unico trattamento salvavita consiste nell’esecuzione di lavanda gastrica ed utilizzo di soluzioni alcaline che inattivino la tossina.

Pur avendo degli indici di tossicità molto elevati ed essendo state inserite nella Convenzione per la Proibizione delle Armi Chimiche tra gli agenti di Tabella I, la ricina e la sassitossina non si prestano in realtà facilmente ad essere impiegate in attacchi terroristici.

La procedura relativamente semplice per l’estrazione della ricina dalla pianta, la possibilità di effettuare tale operazione a costi estremamente contenuti e con dispositivi di protezione individuale e collettiva comuni, unitamente all’attuale assenza sul mercato di vaccini o antidoti efficaci, fanno della ricina un agente chimico di facile lavorazione e reperimento; tuttavia, è da rimarcare come l’impiego di tale tossina quale eventuale arma non convenzionale, sia all’interno di un ordigno improvvisato che impiegata per contaminare ad esempio cibo, risulterebbe essere scarsamente efficace.

Lo sviluppo tecnologico e lo studio delle tossine hanno portato ad un miglioramento sostanziale nella lotta al bioterrorismo; ad esempio, i ricercatori del Center for Bioinformatics and Computational Biology (CBCB) presso la University of Maryland, hanno sviluppato sistemi di indagine sempre più accurati ed affidabili, così come i laboratori accreditati presso l’OPAC/OPCW – Organizzazione per la Proibizione delle Armi Chimiche/Organisation for the Prohibition of Chemical Weapons sono alla costante ricerca e perfezionamento di metodologie all’avanguardia per l’analisi forense delle tossine sopradescritte.

Articolo a cura di Claudia Petrosini e Stefano Scaini

Profilo Autore

La Dott.ssa Claudia Petrosini è specializzata nel settore della Difesa CBRN. Nel 2015 ha conseguito un Master in studi strategici e sicurezza internazionale presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia e nel novembre 2016, con una tesi dal titolo “Infrastrutture critiche italiane: pervenire ad una mappatura territoriale dei rischi CBRN”, ha conseguito il Master in protezione strategica del sistema Paese presso la SIOI - Società Italiana per l’Organizzazione Internazionale. Nel 2019 ha frequentato, presso l’ICTP - International Centre for Theoretical Physics, la Joint ICTP-IAEA International School on Nuclear Security. E’ coautrice del volume dal titolo "Terrorismo e Soft-target" (EPC Editore – 2020) nonché di numerose e riconosciute pubblicazioni tecnico-scientifiche in campo nazionale.

Profilo Autore

Stefano Scaini opera nei settori Security e Safety dal 1993 fornendo servizi, consulenze e contributi didattici in merito a sicurezza, tecnologie ed applicazioni sia civili che militari, con particolare riferimento agli aspetti dual-use e quanto afferente ai settori Sicurezza, Protezione e Difesa di assets critici. Certificato Professionista della Security di III livello - Senior Security Manager in conformità alla norma UNI 10459:2017, è altresì certificato con merito al livello AMBCI presso The Business Continuity Institute. Certificato P.F.S.O., C.S.E., R.S.P.P., Covid Manager, Tecnico Ambientale e Coordinatore 257/'92, è in possesso dal 1996 dell'idoneità tecnica all’impiego di materiali esplodenti (ai sensi dell’Art. 27 del D.P.R. n°302/'56) ed iscritto al Ruolo dei Periti e degli Esperti della CCIAA di Parma nella Categoria CHIMICA-Esplosivi.

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