Non proliferazione delle armi di distruzione di massa: a che punto siamo?
La diffusione delle armi di distruzione di massa, denotate dall’acronimo WMD (Weapon of Mass Destruction), rappresenta un’oggettiva minaccia [Ter1] per la pace e la sicurezza internazionale. Il contrasto alla proliferazione di tali armi è diventato nel corso degli ultimi anni una crescente priorità nelle discussioni a livello internazionale.
Il concetto di WMD, inteso come arma capace di uccidere indiscriminatamente una grande quantità di esseri viventi, è stato utilizzato per la prima volta nella storia durante la guerra civile in Spagna nel 1937, dopo il bombardamento di tipo convenzionale italo-tedesco della città di Guernica che provocò oltre 200 morti, ma a partire dai bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki dell’agosto del 1945 e ancor di più negli anni della guerra fredda, il concetto di WMD si è quasi esclusivamente riferito all’uso di armi non-convenzionali tra Stati contrapposti, come appunto il caso dell’arma nucleare.
Dopo gli attentati alle Torri Gemelle di New York del 2001 la possibilità che gruppi terroristici potessero venire in possesso di armi di distruzione di massa non è stata considerata più un’ipotesi puramente teorica, ma realisticamente probabile.
Infatti, proprio in seguito a questi attentati, il Presidente Bush e in generale i mass media occidentali rinnovarono dopo gli attacchi del 2001 l’uso di questo concetto introducendo una sua stretta e nuova relazione con il concetto di terrorismo [Car1] e di ‘Stato canaglia’ (rogue state).
Le mutate condizioni internazionali che, con la globalizzazione, hanno reso oggettivamente più facile il movimento di persone, di materiali e di beni, hanno anche facilitato potenziali gruppi terroristi presenti nello scenario internazionale nell’entrare in possesso di armi letali capaci di uccidere indiscriminatamente altri esseri umani.
Ritornando al tema delle WMD, la definizione più moderna ritenuta di interesse dagli autori di questo articolo per descriverne in modo completo il concetto è quella utilizzata dalle Forze Armate americane. La definizione, nella sua ultima versione del 2018 [DoD1], fa diretto riferimento alle armi di tipo CBRN (armi di tipo Chimico, Biologico, Radiologico, Nucleare) [Car2]. Riportiamo di seguito questa definizione di WMD in lingua originale e in italiano.
“Chemical, biological, radiological, or nuclear weapons capable of a high order of destruction or causing mass casualties, and excluding the means of transporting or propelling the weapon where such means is a separable and divisible part from the weapon.” [DoD1]
“Armi chimiche, biologiche, radiologiche o nucleari in grado di produrre un alto grado di distruzione o di causare uccisioni e ferimenti in massa, escludendo i mezzi di trasporto o di propulsione dell’arma quando questi mezzi sono parti separate e divisibili dall’arma stessa.”
Passando al concetto di non proliferazione, va sottolineato come questo sia presente nell’ambito militare sin dagli anni ‘60 dello scorso secolo nell’ambito nucleare e come, insieme ai concetti di proibizione d’uso e di disarmo, in relazione soprattutto alle armi non convenzionali, completi il panorama delle modalità immaginate dalla comunità internazionale per limitare, ridurre e contrastare la diffusione e l’uso di armi altamente letali per gli esseri viventi. In particolare, nella trattazione delle WMD occorre tentare di delineare più precisamente i concetti di disarmo e proliferazione.
Sebbene non vi sia una definizione universalmente condivisa di disarmo, in via generale esso può essere definito come quell’insieme di attività e processi volti alla riduzione della quantità degli armamenti o delle capacità militari.
Nella definizione di proliferazione – intesa come diffusione di armi nucleari, chimiche e biologiche e dei relativi vettori – va operata una distinzione tra proliferazione orizzontale e verticale.
La prima si riferisce al tentativo da parte di entità statuali e non di acquisire/produrre WMD per la prima volta. La proliferazione verticale, invece, consiste nell’incremento della quantità o delle capacità degli arsenali WMD già esistenti all’interno di uno Stato. Quindi, appare evidente come la non proliferazione vada intesa come l’insieme di iniziative, monitoraggi e controlli per assicurare la mancata diffusione, secondo approcci codificati e condivisi tra gli Stati, di armi non convenzionali (CBRN) e dei relativi vettori.
Se inizialmente i concetti di non proliferazione e di disarmo appaiono tra i pilastri su cui si è sviluppato il Trattato di non proliferazione nucleare (TNP) del 1968, trattato internazionale sulle armi nucleari sottoscritto inizialmente da USA, Regno Unito e Unione Sovietica ed entrato in vigore nel 1970, e poi i successivi trattati in ambito Biologico e Chimico, oggi il primo dei due concetti, la non proliferazione, si ritrova utilizzato anche in un’importante iniziativa internazionale denominata Proliferation Security Initiative (PSI) lanciata dal presidente G.W. Bush nel 2003.
La PSI si pone l’obiettivo di prevenire la proliferazione delle armi di distruzione di massa (WDM), dei loro vettori e relativi materiali attraverso la condivisione delle informazioni e il coordinamento degli sforzi diplomatici e militari. Gli Stati aderenti all’iniziativa si impegnano a stabilire una linea di azione coordinata e condivisa sulla base di una serie di linee guida (PSI Statement of Interdiction Principles).
Oggi l’iniziativa PSI coinvolge oltre 100 nazioni anche se un numero significativo di Stati, tra cui anche l’India, la Cina e l’Indonesia, hanno espresso critiche a questa proposta e non hanno aderito all’iniziativa. Questa specifica tematica della PSI sarà oggetto di un prossimo lavoro degli autori.
Gli accordi internazionali sulla non proliferazione
Uno fra i più importanti elementi di stabilità dell’ordine internazionale risiede, dunque, nel controllo e nella non proliferazione delle armi nucleari, biologiche e chimiche e di altre armi e materiali pericolosi. Le regole per l’attuazione dei controlli su queste armi non convenzionali sono contenute, in larga parte ma non esclusivamente, in trattati multilaterali [Cam1].
I principali trattati sulla non proliferazione delle armi di distruzione di massa sono qui di seguito elencati:
- il Trattato di non proliferazione delle armi nucleari (NPT) (Londra-Mosca-Washington, del luglio 1968);
- la Convenzione sulle armi biologiche (BTWC), che vieta lo sviluppo, la produzione e la detenzione di armi batteriologiche (biologiche) e tossiniche (virus, batteri, microrganismi, spore e tossine) e impone la distruzione degli arsenali esistenti, dell’aprile 1972;
- La Convenzione sulle armi chimiche (CWC), che proibisce lo sviluppo, la produzione, l’immagazzinamento ed l’uso di armi chimiche e impone la loro distruzione, Parigi 1993.
Nel seguito verrà fornita una dettagliata descrizione di questi trattati, specificando anche la posizione assunta dall’Italia per ciascuno degli ambiti.
Il Trattato di non-proliferazione nucleare
Il Trattato di non-proliferazione nucleare (Treaty on the Non-Proliferation of Nuclear Weapons – NPT) costituisce, ad oggi, l’unico strumento di portata globale in materia di disarmo e non-proliferazione nucleare. Aperto alla firma nel 1968, è entrato in vigore nel 1970 per una durata iniziale di 25 anni ed è stato esteso a tempo indefinito nel 1995 a seguito della Conferenza di riesame del trattato[Con1]. Esso conta tra i suoi Stati Parte 191 Paesi, tra cui i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dotati dell’arma nucleare (Stati Uniti, Russia, Cina, Francia e Regno Unito). L’Italia ha sottoscritto i Trattato nel gennaio 1969 e ha depositato il relativo strumento di ratifica nel maggio 1975 [Aut1].
In termini generali va considerato che nelle diverse parti del pianeta si registra complessivamente, ad oggi, la presenza di circa 15000 ordigni atomici [Ron1].
L’impianto normativo di questo importante strumento, legalmente vincolante sul piano internazionale, poggia su tre pilastri:
- disarmo;
- non-proliferazione;
- uso pacifico dell’energia nucleare.
L’art. VI del Trattato [NPT1] costituisce il cardine della norma sul disarmo nucleare, impegnando ogni Stato Parte al perseguimento di negoziati in buona fede su misure efficaci per la cessazione della corsa agli armamenti e per l’eliminazione degli arsenali nucleari, nonché su un trattato di disarmo generale e completo sottoposto ad un controllo internazionale efficace.
Alla non-proliferazione sono dedicati gli articoli I e II, con i quali le Parti contraenti si impegnano a non trasferire, ricevere o produrre armi e altri ordigni nucleari, né a offrire o chiedere assistenza per la loro produzione.
L’art. IV, infine, sancisce il diritto inalienabile di ogni Stato Parte all’uso pacifico dell’energia nucleare e promuove la cooperazione internazionale, che può comprendere lo scambio di materiali, equipaggiamento ed il trasferimento dell’informazione scientifica e tecnologica finalizzata allo sviluppo delle applicazioni dell’energia nucleare in ambito civile.
Tra le altre disposizioni del Trattato vanno segnalati gli articoli III e VII. Il primo impegna gli Stati Parte a negoziare e stipulare con l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (International Atomic Energy Agency – IAEA) appositi accordi di salvaguardia, tesi a prevenire l’utilizzo per scopi militari di tecnologie e capacità nucleari (diversion), e di verificarne l’attuazione. L’art. VII afferma il diritto di qualsiasi raggruppamento di Stati di stipulare strumenti regionali per la creazione di zone libere da armi nucleari (Nuclear-Weapon-Free Zones – NWFZ). A oggi tali zone esistono nelle seguenti aree: America Latina e Caraibi (Trattato di Tlatelolco, 1967); Pacifico meridionale (Trattato di Rarotonga, 1985); Asia sudorientale (Trattato di Bangkok, 1995); Africa (Trattato di Pelindaba, 1996); e Asia centrale (2006), come sintetizzato in fig.2.
L’art. VIII del trattato prevede ogni cinque anni una Conferenza di Riesame (Review Conference – RevCon) per verificare lo stato di attuazione del trattato e per valutare i progressi effettuati nell’ambito dei suoi tre pilastri. Essa ha anche il compito di elaborare raccomandazioni per azioni future. Nella quinta Conferenza di riesame (1995) gli Stati Parte adottarono una risoluzione che esortava gli Stati del Medio Oriente a compiere passi concreti per l’istituzione di una zona priva di armi di distruzione di massa (nucleari, chimiche, biologiche e relativi vettori), e i restanti Membri del Trattato, in particolare quelli in possesso di armi nucleari, a cooperare a tale fine, ad oggi ancora non realizzato[Con2]. La Conferenza del 2010 ha rivestito particolare importanza, data l’adozione di un Piano d’azione contenente 64 raccomandazioni, adottate per consensus, per il concreto avanzamento degli obiettivi del trattato, con particolare riferimento alle disposizioni relative al disarmo nucleare, che includono misure sulla riduzione e totale eliminazione degli arsenali atomici; alle garanzie di non-uso di armi nucleari contro Paesi che non ne siano possessori (c.d. garanzie negative di sicurezza – Negative Security Assurances – NSAs); sui test nucleari e sulla gestione del materiale fissile[Con3].
In una sezione dedicata, il documento riaffermava l’impegno per la creazione di una zona priva da armi di distruzione di massa in Medio Oriente e, a tal fine, disponeva la convocazione di una Conferenza nel 2012 e la nomina di un facilitatore incaricato di assistere nell’attuazione di tale raccomandazione, anche attraverso consultazioni con tutte le parti coinvolte. Ad oggi, tuttavia, la Conferenza non è mai stata convocata per disaccordi fondamentali sull’agenda.
Nel 2015 si è svolta l’ultima Conferenza di riesame del Trattato, conclusasi senza l’adozione di un documento finale consensuale, soprattutto per il mancato accordo sulle parti del testo riguardanti l’istituzione di una zona priva di armi di distruzione di massa in Medio Oriente.
Passando alla posizione nazionale italiana, va sottolineato come il nostro Paese attribuisca particolare importanza al Trattato di non-proliferazione nucleare e all’attuazione delle sue disposizioni, che restano il cardine del regime globale per il disarmo e la non-proliferazione nucleare e rappresentano un riferimento fondamentale per lo sviluppo di applicazioni pacifiche dell’energia nucleare. Conseguentemente il perseguimento di una completa ed equilibrata attuazione delle 64 misure concrete contenute nel Piano d’azione del 2010 costituisce uno degli obiettivi primari che l’Italia dichiara di voler raggiungere.
Il contributo italiano verso il raggiungimento di un mondo più sicuro e libero dalle armi nucleari, come disposto dall’articolo VI del Trattato, si muove secondo direttrici molteplici e complementari.
Riguardo alla cosiddetta “Campagna Umanitaria” [Cam2] sulle conseguenze umanitarie derivanti dall’uso delle armi nucleari, l’Italia ne condivide la preoccupazione. Inoltre, essa sostiene un approccio volto a rafforzare il Trattato secondo un processo graduale e sinergico tra i suoi tre pilastri, fondato sui principi di stabilità e sicurezza internazionale e il cui obiettivo ultimo sia un disarmo efficace, verificabile e irreversibile.
L’Italia è da sempre impegnata nella creazione delle condizioni appropriate per l’attuazione dell’articolo VI del Trattato, nell’ottica di un multilateralismo efficace. In tal senso, essa, insieme ad altri 25 Paesi, si è associata alla dichiarazione presentata dall’Australia nel corso dell’ultima Conferenza di riesame (2015) [Sta1] che promuove il ruolo svolto dalle misure di trasparenza e di rafforzamento della fiducia, l’importanza dell’entrata in vigore del trattato per la messa al bando totale degli esperimenti nucleari (Comprehensive Nuclear-Test-Ban Treaty – CTBT, sottoscritto dall’Italia nel 1996 e ratificato nel 1999) e dell’avvio delle negoziazioni per un trattato che proibisca la produzione di materiale fissile per le armi nucleari (Fissile Material Cut-off Treaty – FMCT). Con riferimento a questo ultimo aspetto, poiché l’Italia ritiene che questa tematica sia matura per l’avvio di un processo negoziale all’interno della Conferenza del Disarmo, in attesa del quale essa appoggia una moratoria sulla produzione di materiale fissile[Pos1], essa ha partecipato al Gruppo di esperti governativi incaricato di elaborare raccomandazioni su possibili aspetti del Trattato.
Ad aprile 2018, nel corso della seconda commissione preparatoria in vista della prossima Conferenza di riesame del 2020, l’Italia ha chiaramente indicato tra le priorità perseguite la piena attuazione di un sistema di garanzie negative di sicurezza e l’universalizzazione dei Protocolli Aggiuntivi AIEA, cioè accordi addizionali che consentono all’Agenzia di porre in atto un sistema integrato e più puntuale in materia di verifiche e salvaguardie. Infine, l’Italia si è costantemente adoperata per l’attuazione della Risoluzione sul Medio Oriente che, come già precedentemente menzionato, prevede la convocazione di una Conferenza per la creazione di una zona priva di armi di distruzione di massa e relativi vettori in Medio Oriente, sulla base di un processo consensuale e con la partecipazione di tutti gli Stati della Regione[Com1].
La Convenzione sulle armi biologiche e tossiniche
La Convenzione sulle armi biologiche (Convention on the Prohibition of the Development, Production and Stockpiling of Bacteriological (Biological) and Toxin Weapons and on Their Destruction– BTWC) vieta lo sviluppo, la produzione e la detenzione di armi batteriologiche (biologiche) e tossiniche (virus, batteri, microrganismi, spore e tossine) e impone la distruzione degli stock esistenti. Aperta alla firma nell’aprile 1972 ed entrata in vigore nel marzo 1975, essa è il primo trattato multilaterale che vieta la produzione e l’utilizzo di un’intera categoria di armi di distruzione di massa. Ad oggi è stata ratificata da 182 Stati [Rat1].
Oltre alle disposizioni che vietano la produzione, il trasferimento e la detenzione di armi batteriologiche e tossiniche, l’art. X della Convenzione riconosce il diritto di ogni Stato membro di promuovere e partecipare ad attività di scambio di equipaggiamento, materiali, informazioni scientifiche e tecnologiche e agenti biologici e tossine destinati all’uso per scopi pacifici, come ad esempio la ricerca medica [Con4].
L’articolo VII, inoltre, impegna ogni Stato parte a fornire assistenza o altra forma di sostegno a qualsiasi altro Stato Parte che lo richieda se quest’ultimo, a giudizio del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, è stato vittima di un atto proibito ai sensi della convenzione.
Il monitoraggio e l’identificazione di attività in contrasto con lo scopo della Convenzione sono particolarmente complessi e difficili dal momento che, potenzialmente, qualsiasi organismo capace di generare malattie o infezioni (come batteri e virus o tossine) può essere modificato per un utilizzo offensivo. Questa problematica è aggravata dall’assenza di un vero e proprio meccanismo di verifica e monitoraggio, come si registrò formalmente nella terza Conferenza di riesame della Convenzione (1991) in cui si istituì una commissione ad hoc denominata VEREX per esplorare le misure di verifica e monitoraggio della conformità alle disposizioni della Convenzione. Nonostante questo, la proposta di adottare un Protocollo preposto al monitoraggio fine naufragò nel 2001, dopo sei anni di negoziati e a seguito del veto da parte dell’Amministrazione Bush. Nel 2007 a sostegno della Convenzione venne ufficialmente istituita l’Unità di supporto all’implementazione che fornisce il supporto amministrativo agli Stati Parte, l’assistenza nell’implementazione a livello nazionale e nello scambio delle misure di rafforzamento della fiducia (Confidence-Building Measures – CBMs) e promuove l’universalità della Convenzione[Con5].
Al momento, i meccanismi principali di monitoraggio e verifica dell’attuazione della Convenzione da parte dei suoi Stati membri sono costituiti dalle misure atte a instaurare e rafforzare la fiducia, un sistema di scambio volontario di informazioni, e da Conferenze di riesame periodiche. L’ultima Conferenza di riesame si è svolta nel 2016. Nei cinque anni di intervallo tra tali Conferenze si svolge un lavoro intersessionale costituito da riunioni di esperti e riunioni degli Stati pParte annuali con il compito di discutere dei vari aspetti della Convenzione.
Passando alla posizione dell’Italia in questo contesto, va sottolineato come il nostro Paese promuova l’universalizzazione della Convenzione e il suo rafforzamento, soprattutto sul piano della sua applicazione da parte dei Paesi già coinvolti. A tal riguardo, nel corso degli ultimi anni e in particolare in preparazione della Conferenza di Riesame del 2016, l’azione italiana si è concentrata sulle seguenti tematiche:
- consolidamento delle misure di “confidence-building”, tra cui lo scambio di informazioni e di best practices tra gli Stati Parte e la creazione di un sistema di “peer review”;
- assistenza agli Stati vittime di un attacco biologico e rafforzamento della capacità di risposta alle minacce di natura biologica. In questo quadro, l’Italia ha valorizzato le sue attività portate avanti in risposta alla minaccia rappresentata dal virus Ebola tramite i centri di eccellenza nazionali;
- rafforzamento dei controlli all’esportazione affinché gli scambi di materiali, tecnologie e conoscenze relativi al settore attinente alla Convenzione non avvengano per finalità contrarie alla Convenzione stessa.
Infine, l’Italia è particolarmente attenta nell’assicurare un appropriato controllo e valutazione degli ultimi sviluppi tecnologici e scientifici in campo biologico suscettibili di avere ricadute o impatti negativi sull’attuazione della Convenzione. In tal senso, essa si è impegnata a rafforzare i legami e le sinergie tra le comunità scientifica e diplomatica nell’ottica di un approccio olistico.
Le armi chimiche e la Convenzione di Parigi del 1993
In passato non sono mancati tentativi di proibire l’uso delle armi chimiche nei conflitti armati attraverso la stipula di specifici accordi internazionali. Già nel 1874 la Convenzione di Bruxelles aveva bandito l’uso dei gas velenosi e delle armi che provocavano sofferenze non necessarie[Dic1], mentre pochi anni dopo, nel 1899, gli Stati firmatari della Convenzione de L’Aja si erano impegnati a non utilizzare proiettili in grado di diffondere gas asfissianti[Dic2]. La Convenzione de L’Aja del 1907, benché proibisse espressamente l’uso di armi tossiche e di armi che potessero provocare sofferenze superflue, non aveva impedito l’impiego su larga scala dei gas asfissianti nel corso della prima Guerra Mondiale[Con6]. Dopo la fine del conflitto e alla luce delle gravi conseguenze dell’uso di tali armi, la Comunità internazionale proibiva, con il Protocollo di Ginevra del 1925, “l’uso in guerra di gas asfissianti, tossici o simili, nonché di tutti i liquidi, materiali o procedimenti analoghi”, lasciando tuttavia aperta la possibilità di fare ricorso alle armi chimiche a titolo di ritorsione, nonché la possibilità di produrre o trasferire armi chimiche e condurre attività di ricerca e sviluppo[Pro1].
Per giungere al bando totale delle armi chimiche bisogna attendere fino al 1992 quando, nell’ambito della Conferenza del Disarmo a Ginevra, si giungeva all’approvazione dell’attuale Convenzione a Parigi, Convenzione che vieta definitivamente lo sviluppo, la detenzione e l’impiego delle armi chimiche in ogni circostanza, anche come risposta ad un’aggressione sferrata con tali armi [Con7].
La Convenzione ha rappresentato senza dubbio un salto di qualità negli accordi di disarmo poiché, oltre a bandire un’intera categoria di armi di distruzione di massa, ne prevede l’abolizione sotto una stretta verifica internazionale, entro scadenze temporali ben definite. Inoltre, il sistema di dichiarazioni e di verifiche introdotto dalla Convenzione rappresenta una novità nei trattati di disarmo.
La Convenzione, aperta alla firma a Parigi il 13 gennaio 1993, è entrata in vigore il 29 aprile 1997, 180 giorni dopo il raggiungimento della 65-esima ratifica. L’Italia ha ratificato la Convenzione sulla Proibizione delle Armi Chimiche nel 1995 con la legge n. 496, poi modificata ed integrata con legge 4 aprile 1997, n. 93. Le due leggi di ratifica hanno identificato nel Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale l’Autorità Nazionale, tenuta a sovrintendere e coordinare le complesse misure per l’applicazione della Convenzione sul territorio nazionale.
Gli Stati Parte, con la ratifica della Convenzione, si sono impegnati a distruggere tutte le armi chimiche esistenti nei loro territori, a non detenere o produrre altre armi chimiche ed a non farvi ricorso per nessun motivo, nemmeno a titolo di rappresaglia. Gli Stati Parte si sono altresì impegnati ad accogliere sul loro territorio le ispezioni dell’Organizzazione Internazionale di implementazione della Convenzione (OPCW – Organisation for the Prohibition of Chemical Weapons, in italiano nota come OPAC – l’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche) operante dal 1997 e volte a verificare la distruzione degli arsenali chimici esistenti e ad effettuare periodici controlli presso le industrie chimiche, per assicurare che alcuni prodotti chimici, largamente utilizzati per usi civili consentiti, non siano impiegati in modo improprio anche per la produzione di armi chimiche.
La Convenzione dispone di un efficace regime di verifica e controllo internazionale che, oltre alla distruzione delle armi chimiche esistenti, monitora la produzione e l’impiego di determinate sostanze chimiche di largo consumo civile, ma che sono potenzialmente utilizzabili anche per produrre armi chimiche. Gli Stati Parte si sono anche impegnati ad adottare sanzioni contro chiunque violi la Convenzione sul territorio nazionale.
Il sistema di controllo internazionale previsto dalla Convenzione si basa su dichiarazioni ed ispezioni. Le dichiarazioni, rese periodicamente dagli Stati Parte all’OPAC, comprendono quelle attività civili e militari che in base alla Convenzione devono essere tenute sotto controllo internazionale e che a tal fine rientrano negli obblighi di notifica. Il sistema comprende anche ispezioni “di routine” negli Stati Parte effettuate con breve preavviso dagli ispettori dell’OPAC (48-72 ore), che devono accertare la rispondenza tra quanto effettivamente rilevato e quanto dichiarato ufficialmente. In caso di presunta violazione degli obblighi e su specifica richiesta di uno Stato Parte, possono essere effettuati dall’OPAC ispezioni “su sfida” (challenge inspection), che tendono a riscontrare sul posto la veridicità di accuse o sospette violazioni della Convenzione, situazioni non indicate nelle dichiarazioni periodiche, oppure ad accertare l’uso presunto di armi chimiche. Ad oggi non è mai stato attivato questo meccanismo, ma sono state effettuate esercitazioni di simulazione per predisporre il personale e le procedure necessarie. Gli Stati che non hanno aderito alla Convenzione non possono essere ispezionati dall’OPAC. Tuttavia è previsto che l’Organizzazione renda disponibili i propri mezzi alle Nazioni Unite, se queste lo richiedono[Agr1].
La Convenzione ha previsto l’istituzione di un’Organizzazione internazionale, con sede a L’Aja, che assicuri l’attuazione della Convenzione stessa, fornisca assistenza e protezione a tutti gli Stati Parte vittime di minacce o aggressioni con armi chimiche e promuova la cooperazione internazionale per lo sviluppo della chimica a fini pacifici. Per il raggiungimento di tali scopi, l’OPAC dispone di una struttura basata sulla Conferenza degli Stati Parte (organo rappresentativo), il Consiglio Esecutivo (organo esecutivo), il Segretariato Tecnico e gli Organi Sussidiari (Comitato per la Confidenzialità, Comitato Scientifico e Comitato per le questioni amministrative e finanziarie).
In base all’Articolo X della Convenzione, gli Stati Parte possono sviluppare programmi di protezione e di difesa da armi chimiche, ricorrendo anche al supporto dell’OPAC. Nel caso di attacco con armi chimiche, l’Organizzazione può essere chiamata a fornire o a coordinare misure di assistenza tecnica, nonché a fornire mezzi di protezione, decontaminazione ed assistenza sanitaria. Gli Stati Parte inoltre si impegnano a mettere a disposizione dell’Organizzazione le necessarie risorse tecniche, nonché ad assicurare un costante scambio di informazioni sulle attività di protezione previste a livello nazionale. La Convenzione richiede a tutti gli Stati Parte di contribuire con propri finanziamenti ad un fondo di assistenza, oppure ad assicurare, quando necessario, un adeguato supporto di personale qualificato o di altri mezzi di protezione e di assistenza. La Convenzione, infine, nella promozione dello sviluppo pacifico nel settore della chimica, incentiva il libero scambio tra gli Stati Parte di prodotti chimici e di informazioni su applicazioni civili della chimica. Tuttavia, allo scopo di prevenire la proliferazione delle armi chimiche, vieta le esportazioni verso Stati Non Parte di alcune tecnologie e prodotti chimici che potrebbero essere impiegati per fini non pacifici.
In ambito italiano, il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale è stato designato quale Autorità Nazionale per l’attuazione della Convenzione (legge 18 novembre 1995, n. 496, modificata dalla legge 4 aprile 1997, n. 93). Nello svolgimento dei propri compiti si avvale della collaborazione del Ministero dell’Interno, del Ministero della Difesa, del Ministero dello Sviluppo Economico e può chiedere la collaborazione di altri Ministeri per gli adempimenti di rispettiva competenza. L’Autorità Nazionale ha il compito di assicurare le misure di attuazione nazionale, tra cui la presentazione all’OPAC delle dichiarazioni periodiche sulla produzione delle industrie chimiche nazionali e sull’attività degli impianti militari sottoposti agli obblighi della Convenzione e partecipa alle attività ispettive dell’OPAC presso le infrastrutture militari e le industrie chimiche.
A livello nazionale permane la necessità di distruggere, nel più breve tempo possibile, le vecchie armi chimiche ancora esistenti, assicurando il necessario ammodernamento degli impianti nazionali deputati a trattarle [Rel1]. I controlli finora condotti dall’OPAC sul territorio nazionale hanno confermato l’assoluto rispetto degli impegni assunti dall’Italia con la ratifica della Convenzione nonché l’efficacia del sistema di controllo nazionale.
Conclusioni
Le convenzioni e i protocolli internazionali, i regimi di non proliferazione e le iniziative internazionali sono fondamentali per contrastare la minaccia del terrorismo CBRNe e della proliferazione WMD. La prevenzione è sicuramente la migliore strategia e la cooperazione internazionale è essenziale per creare sinergie al fine di affrontare una minaccia potenzialmente in grado di colpire chiunque. La comunità internazionale nel suo complesso e i singoli governi dovrebbero riconoscere il ruolo centrale della cooperazione internazionale nella prevenzione, individuazione e risposta al terrorismo CBRNe. Il rafforzamento dell’attuale quadro giuridico internazionale, il controllo dei beni dual-use, il ruolo dell’intelligence e della condivisione delle informazioni e, ultimo ma non meno importante, il controllo sui trasferimenti di tecnologia e know-how sono sicuramente tra le priorità per contrastare qualsiasi minaccia alla pace e alla sicurezza internazionale.
Glossario
- BTWC – Convention on the Prohibition of the Development, Production and Stockpiling of Bacteriological (Biological) and Toxin Weapons and on Their Destruction
- CBMs – Confidence-Building Measures
- CBRNe – Chemical, Biological, Radiological, Nuclear and explosive
- CTBT – Comprehensive Nuclear-Test-Ban Treaty
- CWC – Chemical Weapon Convention
- DoD – Departement of Defence (USA)
- FMCT – Fissile Material Cut-off Treaty
- IAEA – International Atomic Energy Agency
- NSAs – Negative Security Assurances
- NTP – Treaty on the Non-Proliferation of Nuclear Weapons
- NWFZ – Nuclear-Weapon-Free Zones
- ONU – Organizzazione delle Nazioni Unite
- OPAC – Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche
- OPCW – Organisation for the Prohibition of Chemical
- WDM – Weapon of Mass Destruction
Bibliografia e sitografia
- [Agr1] Agreement concerning the relationship between the United Nations and the Organisation for the Prohibition of Chemical Weapons, 2001. https://www.opcw.org/sites/default/files/documents/EC/11/ECMXIDEC1_e_.pdf
- [Aut1] Autorizzazione alla ratifica e ordine di esecuzione in Italia dati con legge n. 131 del 24 aprile 1975 (Gazzetta Ufficiale n. 113 del 30 aprile 1975).
- [Cam1] Camera dei Deputati, Rapporto attività 2006 http://leg15.camera.it/cartellecomuni/leg14/RapportoAttivitaCommissioni/testi/03/03_cap11.htm
- [Cam2] Esiti della Conferenza di riesame del 2010, documento promosso dal governo austriaco nel 2014, “Austrian Pledge”, Ministero austriaco degli affari esteri, 9 dicembre 2014, https://www.bmeia.gv.at/fileadmin/user_upload/Zentrale/Aussenpolitik/Abruestung/HINW14/HINW14_Austrian_Pledge.pdf
- [Car1] Carbonelli, M., ‘Violenza politica, terrorismo ed eversione: è necessario un inquadramento sistemico?’, Safety & Security Magazine, 8 maggio 2018, https://www.safetysecuritymagazine.com/articoli/violenza-politica-terrorismo-ed-eversione-e-necessario-un-inquadramento-sistemico/
- [Car2] Carbonelli, M., ‘Terrorismo: dalle definizioni internazionali alle condotte di reato’, Safety & Security Magazine, 30 marzo 2018, https://www.safetysecuritymagazine.com/articoli/terrorismo-dalle-definizioni-internazionali-alle-condotte-di-reato/
- [Com1] Commissione preparatoria NPT 2018, dibattito generale. Dichiarazione dell’Ambasciatore Gianfranco Incarnato, Rappresentante Permanente presso la Conferenza del Disarmo. http://statements.unmeetings.org/media2/18559236/italy-statement-amb-incarnato-npt-prepcom2-general-debate.pdf
- [Con1] Conferenza di riesame NPT 1995, Decisione 3. https://unoda-web.s3-accelerate.amazonaws.com/wp-content/uploads/assets/WMD/Nuclear/1995-NPT/pdf/1995-NY-NPTReviewConference-FinalDocumentDecision_3.pdf
- [Con2] Conferenza di riesame NPT 1995, Risoluzione sul Medio Oriente. https://unoda-web.s3-accelerate.amazonaws.com/wp-content/uploads/assets/WMD/Nuclear/1995-NPT/pdf/Resolution_MiddleEast.pdf
- [Con3] Conferenza di riesame NPT 2010, Documento Finale, Volume I. https://undocs.org/NPT/CONF.2010/50%20(VOL.I)
- [Con4] Convenzione sulle armi biologiche e tossiniche, http://disarmament.un.org/treaties/t/bwc/text
- [Con5] Sesta conferenza di riesame della BTWC (2006). https://documents-dds-ny.un.org/doc/UNDOC/GEN/G07/600/30/PDF/G0760030.pdf?OpenElement
- [Con6] Convenzione dell’Aja del 1907 concernente le leggi e gli usi della guerra terrestre, art. 23. https://ihl-databases.icrc.org/applic/ihl/ihl.nsf/Article.xsp?action=openDocument&documentId=61CDD9E446504870C12563CD00516768
- [Con7] Convenzione sulla proibizione dello sviluppo, produzione, immagazzinaggio ed uso di armi chimiche e sulla loro distruzione, Parigi 1993. https://www.opcw.org/chemical-weapons-convention
- [Dic1] Dichiarazione internazionale concernente le leggi e gli usi della guerra, art. 13, Bruxelles 1874. https://ihl-databases.icrc.org/applic/ihl/ihl.nsf/Treaty.xsp?action=openDocument&documentId=42F78058BABF9C51C12563CD002D6659
- [Dic2] Dichiarazione internazionale dell’Aja del 1899 concernente i gas asfissianti. https://ihl-databases.icrc.org/applic/ihl/ihl.nsf/Article.xsp?action=openDocument&documentId=2531E92D282B5436C12563CD00516149
- [DoD1] “Department of Defense Dictionary of Military and Associated Terms”, USA Dtic.mil. 12 April 2001, Edition September2018, http://www.jcs.mil/Portals/36/Documents/Doctrine/pubs/dictionary.pd
- [NPT1] Trattato di non-proliferazione nucleare. https://www.un.org/disarmament/wmd/nuclear/npt/text
- [Pos1] Posizione dell’Italia per un trattato che proibisca la produzione di materiale fissile per armi nucleari o altri ordigni nucleari esplosivi. https://www.unog.ch/80256EDD006B8954/(httpAssets)/F70D9134EAC8D3A7C1257B7C00322F54/$file/Italy.pdf
- [Pro1] Protocollo per la proibizione dell’uso di gas asfissianti, velenosi e altri gas, e dei metodi di guerra batteriologica, Ginevra 1925. http://disarmament.un.org/treaties/t/1925/text
- [Rat1] Autorizzazione alla ratifica e ordine di esecuzione in Italia dati con legge n. 618 del 8 ottobre 1974 (Gazzetta Ufficiale n 316 del 4 dicembre 1974). Data della ratifica: 30 maggio 1975 (Gazzetta Ufficiale n 204 del 1 agosto 1975).
- [Rel1] Relazione sullo stato di esecuzione della Convenzione sulla proibizione dello sviluppo, produzione, immagazzinaggio ed uso delle armi chimiche e sulla loro distruzione e sugli adempimenti effettuati nel 2017 (Legge 4 aprile 1997, n. 93, Articolo 6). https://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/DF/336222.pdf
- [Ron1] N. Ronzitti, Lo stato del disarmo nucleare, IAI, Istituto Affari Internazionali n. 77 – novembre 2017, http://www.iai.it/sites/default/files/pi_n_0077.pdf
- [Sta1] Statement on the Humanitarian Consequences of Nuclear Weapons. http://www.un.org/en/conf/npt/2015/statements/pdf/HCG_en.pdf
- [Ter1] G. Terzi, L’Italia e la non proliferazione delle armi di distruzione di massa, https://www.esteri.it/MAE/doc/1507.pdf
A cura di Stefano Borgiani e Marco Carbonelli