Negli ultimi anni si è assistito a un tendenziale deterioramento della percezione di sicurezza da parte della popolazione. Tale deterioramento è stato legato, anche, ma non solo, a un’impennata nel numero dei così detti crimini predatori (furti, rapine, scippi, ecc) che tendenzialmente allarmano molto il privato cittadino.
Scrive il rapporto ISTAT del 2015 “A partire dagli anni ’90, la criminalità predatoria era fortemente diminuita, ma negli anni 2000 e soprattutto negli anni che hanno coinciso con la crisi economica, si è assistito ad una inversione di tendenza che ha visto fortemente aumentare i furti in abitazione, gli scippi, i borseggi, le rapine in abitazione, i furti nei negozi, in sostanza la criminalità predatoria. I furti in abitazione raddoppiati in 10 anni sono ora stabili ma lontani dalla situazione precedente gli anni 2000. Anche le rapine nel 2014 si sono stabilizzate, mentre i borseggi continuano il lieve aumento sebbene a ritmo decrescente rispetto agli anni precedenti… La percezione di sicurezza della popolazione è di nuovo in aumento dopo il dato critico del 2012 e del 2013, soprattutto per le donne, anche se ciò non è stato sufficiente per tornare ai livelli di percezione della sicurezza più alti raggiunti nel 2010”.
D’altro canto, facendo riferimento a dati aggiornati al 2017, il Trust Barometer di Edelman, rileva un “crollo generalizzato della fiducia in tutto il mondo”. Il 53% dei partecipanti a tale studio, su scala mondiale, pensa che il sistema nel suo complesso abbia fallito (è ingiusto e offre poche speranze di miglioramento in futuro). Lo studio evidenzia quindi una caduta generalizzata della fiducia nei confronti delle istituzioni, dei governi, del business, dei media e delle NGOs (Organizzazioni non governative). In Italia la fiducia nei confronti delle NGOs e del governo risulta stabile anche se bassa, mentre la fiducia nel sistema nel suo complesso (giustizia, speranza nel futuro, senso di fiducia) è scesa: solo il 4% del campione ha fiducia, il 24% è incerto e addirittura il 72% si dichiara convinto che il sistema abbia fallito.
Tale situazione, che denota una notevole percezione di insicurezza della popolazione, ha reso più forti le istanze di intervento rivolte da quest’ultima alle amministrazioni più a diretto contatto con il territorio, ossia le Regioni e i Comuni, ed ha così velocizzato un processo già in atto da anni e per cui i rappresentanti degli enti locali invocavano più ampi poteri e competenze in tema di sicurezza pubblica.
Sulla scia di tali istanze, il Decreto legge del 20 febbraio 2017, n. 14 (Disposizioni urgenti in materia di sicurezza delle città) così come convertito dalla Legge del 18 aprile 2017, n. 48 stabilisce che si intende per sicurezza integrata “l’insieme degli interventi assicurati dallo Stato, dalle Regioni, dalle Province autonome di Trento e Bolzano e dagli enti locali, nonché da altri soggetti istituzionali, al fine di concorrere, ciascuno nell’ambito delle proprie competenze e responsabilità, alla promozione e all’attuazione di un sistema unitario e integrato di sicurezza per il benessere delle comunità territoriali”.
In particolare, il Decreto interviene confermando e specificando alcuni pregressi orientamenti in materia. Precisamente nei seguenti settori:
Polizia locale
Poteri dei sindaci
I sindaci possono emanare:
Sicurezza urbana
Gli enti territoriali possono intervenire in merito a:
Patti per la sicurezza urbana
Tramite accordi con il Prefetto i sindaci possono intervenire nei seguenti settori:
Tutte queste competenze, attribuite alle amministrazioni comunali, vanno ad aggiungersi alla possibilità per i Sindaci di impiegare associazioni di Osservatori Volontari per il presidio del territorio (Legge del 15 luglio 2009, n. 94), nonché di gestire, anche al fine di evitare pericolose derive, i Gruppi di Controllo del Vicinato, nati spontaneamente (vedasi a tal riguardo il Comune di Venezia che ha istituito apposito assessorato per sfruttare al meglio il potenziale di tali attività).
Riassumendo, il Sindaco ha a disposizione tutta una serie di strumenti, concreti ed efficaci, per potere migliorare effettivamente, la sicurezza nel proprio comune.
Essi sono:
Appare evidente come un intervento che tenga in considerazione, valorizzi e sviluppi tutti questi potenziali, non può prescindere da avere una base di pianificazione precisa e specialistica, così come non può altresì prescindere da un profilo professionale ben determinato e strutturato di consulente.
Ciò perché, se tali tematiche sono state già in passato affrontate dai maggiori comuni, o almeno da alcuni di essi, quelli di minori dimensioni appaiono tuttora ancora privi di capacità e professionalità tali da garantire risultati concreti.
Trova quindi spazio, la figura del tradizionale security / safety manager aziendale, ma altamente specializzata e finalizzata alla gestione della sicurezza a livello comunale.
Il professionista che opererà in tal senso dovrà avere un profilo dotato delle seguenti peculiarità:
– profonda conoscenza dell’organizzazione dell’Amministrazione pubblica e delle competenze dei vari attori incaricati di garantire la sicurezza a livello comunale, regionale e statale;
– specifiche conoscenze giuridiche (e in particolar modo giurisprudenziali) per supportare il Sindaco nell’emanazione di eventuali ordinanze;
– specifica competenza nel campo della comunicazione della sicurezza data la particolare delicatezza di tale materia quando rivolta alla collettività (per esempio, predisposizione di opuscoli su come proteggere l’abitazione);
– capacità di interazione con le associazioni di Osservatori Volontari e i Gruppi di Controllo del Vicinato;
– specifica conoscenza degli aspetti sociologici del fenomeno criminale al fine di impostare adeguate politiche di intervento sociale e urbanistico preventivo;
– specifiche competenze operative per valutare la reale efficacia di eventuali forme di collaborazione polizia locale / forze di polizia dello Stato, nonché di eventuali metodiche addestrative adottate.
A cura di: Dott. Edoardo Mattiello
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