La valutazione dei rischi è un procedimento analitico che, attraverso diverse fasi (raccolta informazioni e loro studio, conoscenza di cicli tecnologici e sostanze utilizzate, analisi degli ambienti, etc.), consente di individuare i pericoli che potrebbero provocare disturbo e/o danno alla salute e sicurezza dei lavoratori. Il problema però non si pone solo quando c’è la fondatezza dell’esistenza di un pericolo (proprietà o qualità intrinseche di determinate entità quali sostanze, attrezzi, metodi, avente potenzialità di causare danni) ma soprattutto quando (definizione di rischio) sussiste la probabilità che sia raggiunto quel livello potenziale di danno nelle condizioni di impiego e/o di esposizione. Inoltre la verifica approfondita delle ipotesi di rischio consente di stabilire le zone in cui effettuare i controlli e sopralluoghi, distribuiti secondo precise priorità in dipendenza all’entità del rischio valutato.
Elemento fondamentale nell’indagine valutativa è la componente “luogo di lavoro”, che rappresenta l’insieme di tutti quegli elementi e/o condizioni che interagiscono con le funzioni psicofisiche della persona che svolge un’attività lavorativa e da questa derivanti.
Un’officina, un ristorante, un supermercato, uffici di enti pubblici o privati, sono di fatto luoghi di lavoro in cui risulta immediata la ricerca dei fattori di rischio in riferimento agli ambienti stessi; al contrario tale approccio risulterebbe poco compatibile con la logica che caratterizza i cantieri temporanei o mobili che, a differenza dei primi, mancano di un luogo di lavoro specifico o stabile, a meno della sede sociale delle imprese o magazzini, o uffici amministrativi/tecnici.
Il metodo valutativo che il legislatore ha tracciato passa attraverso fasi operative di valutazioni ben chiare e distinte:
tutto successivamente riportato in documenti di valutazione che da un lato consentono al datore di lavoro di prendere i provvedimenti che sono effettivamente necessari per salvaguardare la sicurezza e la salute dei lavoratori (messa in atto di misure di prevenzione e protezione dei rischi), dall’altro danno evidenza oggettiva di aver adempiuto a ciò che la norma di riferimento chiede (stesura di DVR, POS, PSC, etc.).
Per capire come dovrà comportarsi il datore di lavoro, nel caso il luogo di lavoro coincida con un cantiere, per valutare i rischi di esposizione, facciamo un passo indietro. L’art. 4 del D. Lgs. 626/94 (Obblighi del datore di lavoro, del dirigente e del preposto) oggi abrogato, è stato reintrodotto nel D.Lgs. 81/2008 ripartito in più articoli, e precisamente:
a) nell’art. 17 (Obblighi del datore di lavoro non delegabili);
b) nell’art. 18 (Obblighi del datore di lavoro e del dirigente);
c) nell’art. 28 (Oggetto della valutazione dei rischi).
Sostanzialmente dal vecchio decreto al nuovo l’approccio del legislatore è pressoché immutato a meno di rimodulazione dei concetti in diversi articoli che non ne hanno variato la sostanza.
Soffermiamoci sull’articolo 28: “… La valutazione di cui all’articolo 17, comma 1, lettera a), anche nella scelta delle attrezzature di lavoro e delle sostanze o dei preparati chimici impiegati, nonché nella sistemazione dei luoghi di lavoro, deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori…”.
Per le attività quali fabbriche, negozi, scuole, ristoranti, uffici, etc., il luogo di lavoro risulta chiaro, stabile e ben definito. Di conseguenza la valutazione dei rischi con la contestuale redazione del DVR può avvenire attraverso un’analisi dettagliata e puntuale del processo produttivo secondo schemi ben definiti nell’ambito di un chiaro modello aziendale.
Per i cantieri edili, a mio avviso è fondamentalmente diverso, perché:
a) viene a mancare, come indicato nel precedente paragrafo, il luogo di lavoro fisico e stabile che caratterizza molti fattori di rischio di esposizione;
b) l’analisi delle fasi di lavoro del cantiere è molte volte ipotizzata e/o immaginata dal valutatore, senza avere ben chiaro le dinamiche e le variabili che in esso possono manifestarsi e che caratterizzano l’evoluzione del rischio (per esempio i fattori ambientali quali pioggia, vento, giaccio, neve, etc…).
Va considerata inoltre l’eterogeneità delle attività lavorative edili in cui un approccio valutativo in riferimento a schemi ben definiti risulterebbe di cattiva applicazione. E ancora, impensabile ed errato sarebbe prevede l’analisi di tutti i cicli lavorativi che di solito sono propri di un’azienda edile (demolizioni, scavi, montaggio opere provvisionali, impianti, opere in fondazione ed in elevazione, etc… la lista è lunghissima) rischiando, in sintesi, di valutare tutto senza però entrare nel merito dell’attività.
Per cui il DVR, per le considerazioni di cui sopra, a mio avviso rischierebbe di riportare solo una valutazione monca senza risolvere concretamente il rischio nello specifico cantiere. Può di certo risultare efficace per la sede sociale o per le sedi operative in cui le variabili sono chiare e riguardano esclusivamente i lavoratori in esse impiegati; ma incompleta per le attività di cantiere caratterizzate da peculiari ambienti e condizionati da fattori esterni quali, ad esempio, quelli ambientali, tanto da considerare questo documento piuttosto una ricognizione generale dei rischi di “impresa edile” sicuramente utile per avere un quadro generale e complessivo dei fattori di esposizione.
Ecco perché già nel 1999, con l’art. 2 comma 1 lett. F-ter del D. Lgs. 528/99, il legislatore poneva l’attenzione su un nuovo documento definito Piano Operativo di Sicurezza (POS), che il datore di lavoro dell’impresa esecutrice redigeva, in riferimento al singolo cantiere interessato, ai sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626 e s.m.i.
In effetti il POS è un documento che tutte le imprese operanti in cantiere, nei casi previsti dalla legge e disciplinati dall’attuale D.Lgs. 81/2008, devono redigere e trasmettere ai soggetti interessati prima dell’inizio dei lavori. Riporta tutte le informazioni relative a quel cantiere valutando i rischi per tutte le persone coinvolte nell’opera d’ingegneria civile. L’obiettivo di questo documento è ridurre al minimo le cause di incidenti sul lavoro e prevenirle. Va redatto da tutte le imprese che entrano in un cantiere; quindi in caso di subappalto, con presenza di diverse imprese, ci saranno tanti POS quante le imprese esecutrici. Certo è che, una volta valutata l’idoneità tecnico-professionale dell’impresa, il più importante documento che regola la sicurezza e la salute dei lavoratori in cantiere è il P.O.S.
Non a caso il compito del CSE, in fase di verifica e controllo, è l’analisi dei contenuti del POS e non del DVR, così come esplicitamente indicato dall’articolo 89 c.1 lettera h), il quale stabilisce che il POS è il documento che il datore di lavoro dell’impresa esecutrice redige, in riferimento al singolo cantiere interessato, ai sensi dell’articolo 17 comma 1, lettera a), i cui contenuti sono riportati nell’allegato XV.
Resta inteso che per le imprese edili il legislatore non ha mai escluso la redazione del DVR in favore del POS, né tantomeno condivido l’interpretazione di alcuni colleghi in tal senso; tuttavia, dopo le diverse considerazioni esposte, posso quantomeno asserire che:
Articolo a cura di Vincenzo Panico
Le donne che si occupano di cybersecurity hanno un insieme distinto di competenze che possono…
“L’aereo è il mezzo più sicuro che esiste: è quello che fa meno feriti” Luciano…
Quando si parla di cybersecurity, la domanda più frequente è: come iniziare a impostare una strategia di…
A Sidney una piccola folla auspica l'utilizzo del gas per uccidere gli ebrei. In Germania,…
I profondi cambiamenti nel mondo della progettazione e produzione di macchine e macchinari, integrati sempre…
Il Parlamento Europeo approva ad aprile 2023 il Nuovo Regolamento Macchine. Ciò significa che, in…