La tutela dei riders che effettuano consegne a domicilio

Una delle questioni che attualmente mette a rischio la sicurezza della circolazione stradale è la presenza, sulle nostre strade, dei c.d. ciclo-fattorini delle piattaforme digitali, cioè quei soggetti che, a bordo delle loro biciclette, effettuano le consegne a domiclio dei prodotti alimentari che ciascuno di noi ha acquistato tramite specifiche applicazioni su smartphone e tablet.

Anche per tali soggetti, il legislatore ha previsto alcune specifiche tutele in materia di lavoro.

L’attività lavorativa dei ciclo-fattorini delle piattaforme digitali trova la propria disciplina nel corpo del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, come modificato e integrato dalla legge 2 novembre 2019, n. 128, di conversione del decreto-legge n. 101 del 2019.

La legge n. 128/2019 attribuisce ai c.d. riders tutele differenziate a seconda che loro attività sia riconducibile alla nozione generale di etero-organizzazione di cui all’articolo 2 del d.lgs. n. 81/2015 ovvero a quella dettata dall’art. 47-bis dello stesso decreto con specifico riferimento ai ciclo-fattorini autonomi; fatta salva, naturalmente, ricorrendone i presupposti secondo i generali criteri di accertamento, l’applicabilità della fattispecie di cui all’articolo 2094, codice civile.

Preme al riguardo preliminarmente osservare che sia la definizione di ciclo-fattorino, sia quella di piattaforma digitale, sono contenute nell’articolo 47-bis del d.lgs. n. 81/2015, dedicato, in via generale, alla tutela del lavoro tramite piattaforme. In virtù della loro configurazione, entrambe le nozioni – quella di ciclo-fattorino e quella di piattaforma digitale – sono peraltro dotate di una valenza generale, riferibile sia alla ipotesi in cui l’attività lavorativa risulti inquadrabile nella previsione dell’articolo 2, sia a quella in cui la stessa sia riconducibile alla previsione dell’articolo 47-bis.

Ciò è desumile dalla formulazione in termini essenzialmente descrittivo-fenomenici delle due nozioni, giacché esse si limitano a descrivere, conformemente alla rubrica del Capo V-bis, taluni tratti identificativi di carattere generale, normalmente ricorrenti nel modus operandi della piattaforma e connotanti l’attività materiale del ciclo-fattorino, i quali appaiono suscettibili di operare a prescindere dalla tipologia negoziale in rilievo, come si evince anche dall’articolo 2, comma 1, del decreto n. 81/2015, così come modificato dalla legge n. 128/2019.

Ciò chiarito, si rende opportuno delineare succintamente i contorni di questa disciplina e, segnatamente, l’ambito applicativo delle due previsioni di riferimento, osservando in premessa che quello dell’articolo 47-bis, in forza dell’espressa clausola di salvezza di quanto disposto dall’articolo 2, comma 1, è disegnato come residuale in rapporto a tale ultima previsione, e che questa, quindi, costituisce l’ipotesi attrattiva prevalente di disciplina dell’attività dei riders.

Nel caso in cui i riders, per le concrete modalità operative osservate, lavorino in via continuativa e con attività prevalentemente personale, secondo modalità esecutive definite dal committente attraverso la piattaforma, sarà applicabile la previsione dell’articolo 2; ciò, a prescindere dal fatto che l’etero-organizzazione si eserciti «anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro», come invece esigeva la vecchia formulazione, ora soppressa.

In tal caso, ricorrendo gli estremi costitutivi della fattispecie, la norma garantisce l’applicazione della disciplina del rapporto di lavoro subordinato, come recentemente confermato dalla sentenza n. 1663 del 2020 della Corte di Cassazione, salvo che esistano accordi collettivi nazionali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale che prevedano discipline specifiche riguardanti il trattamento economico e normativo, in ragione delle particolari esigenze produttive ed organizzative del relativo settore.

Nelle ipotesi in cui, invece, i riders lavorino in mancanza delle condizioni di subordinazione e dei requisiti previsti dall’articolo 2, si applicherà il Capo V-bis. Ciò accade, in particolare, qualora essi svolgano una prestazione di carattere occasionale, ossia priva del carattere della continuità richiesto dall’articolo 2 come necessario requisito per integrare la fattispecie dei rapporti di collaborazione organizzati dal committente.

Il requisito della continuità in discorso si determina caso per caso, tanto con riferimento alla reiterazione della prestazione, quanto con riferimento alla durata del rapporto; pur dinanzi all’occasionalità della prestazione, rileva altresì l’interesse del committente al ripetersi della prestazione lavorativa e della disponibilità del collaboratore ad eseguirla, all’interno di un arco di tempo apprezzabile.

A questi «lavoratori autonomi che svolgono attività di consegna di beni per conto altrui […] attraverso piattaforme anche digitali», la legge garantisce nel Capo V-bis del d.lgs. n. 81/2015, un corredo rilevante di diritti, che costituiscono peraltro livelli minimi di tutela.

Si tratta di diritti che vanno quindi riconosciuti anche, e anzi proprio, in mancanza di un rapporto di collaborazione etero-organizzata, e anche in mancanza di un rapporto di collaborazione coordinata, per il solo fatto dello svolgimento della prestazione a carattere autonomo.

Per ciò che attiene al compenso, l’articolo 47-quater, primo comma, demanda ai contratti collettivi la facoltà di definire criteri di determinazione del compenso complessivo, che tengano conto delle modalità di svolgimento della prestazione e dell’organizzazione del committente. Il secondo comma stabilisce, poi, che in mancanza della stipula di tali contratti, i riders non possono essere retribuiti in base alle consegne effettuate e ai medesimi lavoratori deve essere garantito un compenso minimo orario parametrato ai minimi tabellari stabiliti da contratti collettivi nazionali di settori affini o equivalenti, sottoscritti dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative a livello nazionale.
Si prevede inoltre, al terzo comma, che, in ogni caso, ai medesimi lavoratori deve essere garantita un’indennità integrativa non inferiore al 10 per cento, per il lavoro svolto di notte, durante le festività o in condizioni meteorologiche sfavorevoli, determinata dai contratti di cui al comma 1, o, in difetto, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali.

Al riguardo, deve ritenersi che all’interno della delega alla contrattazione prevista nel primo comma non rientri la facoltà di fissare il compenso del rider autonomo facendo esclusivo riferimento al sistema del cottimo (c.d. “puro” o “integrale”). Ciò, in quanto la legge autorizza il contratto collettivo a fissare criteri di determinazione del compenso complessivo che tengano, soltanto, conto delle modalità di svolgimento della prestazione, oltre che dell’organizzazione della piattaforma committente (c.d. cottimo misto); non autorizza, invece, il contratto collettivo a determinare il compenso in questione facendo esclusivo riferimento alle consegne effettuate da ogni singolo rider (senza il rispetto di alcun altro criterio). Tale forma di compenso deve ritenersi perciò sempre vietata, alla stregua di una tutela minima inderogabile fissata dalla legge.

Nella stessa coerente accezione deve essere quindi inteso il secondo comma dell’articolo 47-quater, il quale, in mancanza di accordo collettivo, vieta nella sostanza qualsiasi forma di compenso in base alle consegne effettuate (e dunque anche quello determinato attraverso il cottimo misto consentito dal primo comma in presenza di contrattazione).

I contratti collettivi abilitati a dettare una disciplina prevalente rispetto a quella legale sono, tanto nell’articolo 2, quanto nell’articolo 47-quater, quelli stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. Come si legge nella sentenza della Corte costituzionale n. 51 del 2015, in materia di retribuzione per i soci lavoratori di cooperative, attraverso tale tecnica il legislatore si propone di contrastare forme di competizione salariale al ribasso, in linea con l’indirizzo giurisprudenziale che, da tempo, ritiene conforme ai requisiti della proporzionalità e della sufficienza (art. 36 Cost.) la retribuzione concordata nei contratti collettivi di lavoro firmati da associazioni comparativamente più rappresentative. Tale tecnica è estesa e adattata a quelle peculiari figure di lavoro autonomo oggetto della disciplina, in particolare, del Capo V-bis.

Secondo la lettera della legge (confermata da una sperimentata giurisprudenza della Corte di Cassazione: v. le sentenze nn. 4951 e 5189 del 2019), deve trattarsi, dunque, per un verso di una pluralità di agenti sindacali, e non di un singolo agente, giacché entrambe le norme parlano al plurale di organizzazioni sindacali (con previsione che nell’articolo 47-bis è rafforzata dall’uso dell’articolo determinativo). E, per altro verso, è necessario che le stesse organizzazioni possiedano il requisito della maggiore rappresentatività comparativa da individuarsi sulla base degli indici comunemente impiegati in giurisprudenza (quali, ad esempio, la consistenza numerica del sindacato, una significativa presenza territoriale sul piano nazionale, la partecipazione ad azioni di autotutela, alla formazione e stipulazione dei contratti collettivi di lavoro, l’intervento nelle controversie individuali, plurime e collettive); da utilizzarsi ai fini di una valutazione, appunto in chiave comparativa, per la selezione di quelle più rappresentative.

Il contratto collettivo nazionale concluso in assenza dei criteri indicati, perché sottoscritto da organizzazioni sindacali di non accertata maggiore rappresentatività comparativa nell’ambito categoriale di riferimento o da un’unica organizzazione sindacale, non è idoneo a derogare alla disciplina di legge, onde non produce l’effetto di sostituzione di tale disciplina minima di tutela con quella pattizia nei confronti dei lavoratori cui intende applicarsi, anche se iscritti all’organizzazione stipulante.

Stante la inidoneità del contratto a produrre un tale effetto disabilitante delle tutele legali, risulterà pienamente applicabile – a seconda dei casi – la previsione dell’articolo 2, primo comma, o quella dell’articolo 47-quater, secondo comma, onde il lavoratore avrà il diritto, tutelabile anche con lo strumento della diffida accertativa ex articolo 12 del decreto legislativo n. 124/2004, all’eventuale differenza tra gli importi, relativi al trattamento economico, discendenti dall’applicazione della disciplina legale e quelli contrattualmente previsti ed effettivamente corrisposti.

Il Capo V-bis riconosce inoltre ai riders autonomi il diritto di ottenere la stipula di un contratto formale, posto che le condizioni contrattuali devono essere provate per iscritto ( in conformità di quanto stabilito dalla direttiva UE 2019/1152); ed inoltre il diritto di ricevere ogni informazione utile sulle condizioni applicabili al contratto «per la tutela dei loro interessi, dei loro diritti e della loro sicurezza» (art. 47-ter), con facoltà di rivolgersi alla direzione territoriale del lavoro affinché intimi al committente di fornire le informazioni entro il termine di quindici giorni. L’effettività del diritto all’informazione è garantita, in caso di violazione, attraverso l’applicazione delle sanzioni previste dall’articolo 4 del decreto legislativo 26 maggio 1997, n. 152, ed inoltre dal diritto ad un’indennità risarcitoria.

La legge (art. 47-quinquies) riconosce, poi, l’applicazione ai riders autonomi della disciplina antidiscriminatoria stabilita per i lavoratori subordinati, in quanto compatibile con la natura del rapporto, ivi compreso l’accesso alla piattaforma. Il richiamo deve essere inteso alla disciplina a tutela della libertà e dignità del lavoratore, individuata dalla prima parte dello Statuto dei lavoratori (ivi compreso l’art. 4) e a tutti i fattori di discriminazione previsti dall’ordinamento (sesso, razza, origine etnica, religione, convinzioni personali, politiche, sindacali, disabilità, età, orientamento sessuale, ecc.).

L’articolo 47-sexies prevede che i dati personali dei lavoratori che svolgono la loro attività attraverso le piattaforme digitali, siano trattati in conformità alle disposizioni del regolamento (UE) 2016/679, del 27 aprile 2016, e al codice della privacy di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.

Infine, l’articolo 47-septies prevede la copertura assicurativa obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali. Pertanto, la piattaforma è tenuta a tutti gli adempimenti del datore di lavoro previsti dal decreto del Presidente della Repubblica n. 1124/1965. Ed inoltre è tenuta ad assicurare il rispetto delle norme in materia di prevenzione e sicurezza sul lavoro di cui al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, sempre a propria cura e spese.

 

Articolo a cura di Marco Massavelli

Profilo Autore

Commissario Settore Operativo Polizia Locale Rivoli (TO) – Disaster Manager
Esperto di commercio, polizia amministrativa, circolazione stradale internazionale, protezione civile.

Condividi sui Social Network:

Ultimi Articoli