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La Security nell’Industria Farmaceutica

Scenario

I fatti accaduti a Parigi nel novembre 2015, l’attentato di Nizza del successivo luglio 2016, fino al recente attacco al mercato di Natale di Berlino ci descrivono una realtà in cui, dobbiamo ammetterlo, tutto risulta cambiato. L’Europa, considerata da molti come lontana dal problema dell’estremismo religioso, diviene oggi un obiettivo primario e tutti i luoghi che abbiamo sempre considerato come “sicuri” sono diventati le principali fonti di rischio. Ma il terrorismo è solo uno dei fattori che contribuisce a questa mutazione dello scenario in cui aziende multinazionali devono comunque operare affrontando sempre maggiori complessità anche, ad esempio, di natura politica ed economica: la Brexit, l’era Trump, tutti fattori che portano instabilità e cambiamenti repentini di scenario.

L’analisi del profilo di rischio

Molte Aziende, non solo grosse realtà internazionali ma anche piccole imprese familiari, spinte dalla necessità di aumentare il vantaggio competitivo e allo scopo di facilitare la comprensione di questi scenari e condizioni così mutevoli stanno adottando una strategia di governo del rischio: stanno quindi creando oggi piani completi che risolvono problemi che prima non si erano mai posti e i manager responsabili della sicurezza, che in precedenza erano coinvolti marginalmente e solo in parte avanzata del processo decisionale, ora siedono al tavolo dall’inizio della pianificazione strategica annuale al fine di valutare correttamente il rischio. È infatti proprio attraverso un’attenta valutazione del proprio profilo di rischio che si può comprendere il livello di esposizione alle minacce, le vulnerabilità su cui lavorare e le strategie di familiarizzare e mitigazione da adottare.

Rischi emergenti

Il rischio è dinamico, cambia cioè continuamente, e il profilo di rischio associato muta altrettanto rapidamente, anno per anno o anche quotidianamente.  II caso del momento è sicuramente la Travel Security: a causa del terrorismo ma anche del ridiffondersi di malattie considerate rare o estinte, risulta ormai quasi scontato preoccuparsi della sicurezza del personale dipendente viaggiante, materia trattata anche dalle normative internazionali e nazionali (dal Duty of Care al D.lgs.81/2008) e per cui è necessario dotarsi di policy e procedure sostenute da piani di formazione ed emergenza specifica nonché di strumenti di assistenza in grado di informare tempestivamente i viaggiatori sui rischi emergenti. Ma esistono ancora molti altri temi, più specificamente legati a quelli che sono i crimini a danno delle aziende e che impattano, oltre che sulle persone, anche su asset fisici o sul patrimonio informativo.

Un valido esempio è sicuramente il caso recente di Cyberspionaggio che vedrebbe coinvolti due fratelli romani e che ci ha dimostrato, qualora a qualcuno non fosse ancora chiaro, quanto sia facile per chiunque spiare le nostre mail, i nostri file e le nostre conversazioni via chat. E se qualcuno riesce a perpetrare questo tipo di crimine per anni, utilizzando un software malevolo risalente al lontano 2008 e server fisici localizzati in un paese così controllato e sensibile come gli Stati Uniti, allora davvero nessuno è al sicuro senza un’adeguata struttura di protezione.

L’industria del farmaco

Nel moderno mondo industriale che opera in contesti internazionali, l’industria farmaceutica, rappresentando una tra le attività industriali economicamente più redditizie e importanti, porta con sé un tema di complessità notevole anche per quanto concerne gli aspetti di gestione del rischio. Infatti, oltre a quelli che potrebbero essere considerati come temi trasversali o analoghi ad altre categorie o attività manifatturiere (tabacchi, alimentari, ecc.), esistono delle minacce specifiche tipiche di questo gigantesco universo. Ma quali sono i rischi “trasversali”? Gli incidenti con impatti sulla reputazione ma anche i semplici furti a livello della filiera che comportano quasi sempre cospicui aumenti dei premi assicurativi; l’assenteismo, che spesso cela temi di concorrenza sleale o abuso di permessi speciali (es.: legge104); la semplice collaborazione con partner o agenti “non certificati” e di cui non si è verificato il background, sono solo alcuni esempi.

Le problematiche settoriali, casi recenti di crimini a danno dell’industria farmaceutica

Secondo uno studio di Pharmaceutical Compliance Monitor l’industria farmaceutica oggi si reputa a rischio in relazione a 4 profili:

  • Cybersecurity;
  • Corruzione;
  • Tutela marchi e brevetti;
  • Antitrust.

Questa “helicopter view” si modifica sensibilmente facendo un focus sulle realtà operanti in Italia che, oltre ai quattro citati macrorischi, risultano sensibili ad altre categorie di crimini a danno delle aziende, ovvero:

  • Furto di prodotti a tutti i livelli della filiera;
  • Spionaggio industriale;
  • Infedeltà e assenteismo degli informatori scientifici;
  • Rivendita di farmaci;
  • Corruzione di medici;
  • Adulterazione (dolosa/colposa) dei farmaci;
  • Riciclaggio.

Globalmente, la percezione del rischio di sottrazione dei prodotti a livello della filiera sarebbe recentemente diminuita mentre rimane comunque tra le problematiche più sentite in Italia. Infatti, secondo i database dell’agenzia di sicurezza dei trasporti europei, in Italia, nel 2013 contenevano farmaci il 20% dei camion rubati, nel 2015, invece, la percentuale di furti si è fermata al 3%. I casi registrati si sono concentrati soprattutto in Campania (62 casi), in Lombardia (29), in Puglia (27), nel Lazio (34) e in Sicilia (7). È evidente quindi che tale reato, fino a tre anni fa perpetrato con frequenza a danno soprattutto di farmacie ospedaliere e di tir e altri automezzi addetti al trasporto di medicinali, tra il 2014 e il 2015 è stato in buona sostanza stroncato ma i Carabinieri del Nucleo Antisofisticazione (NAS) e l’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) non hanno abbassato la guardia e sono ancora impegnati in ricerche e indagini congiunte finalizzate a fare luce sulle sue eventuali evoluzioni e “filiazioni”. È vero infatti – come chiarisce un comunicato stampa diffuso dall’Aifa – che l’attività coordinata dall’Italia a livello internazionale ha di fatto consentito di individuare e chiudere i canali di vendita attraverso i quali trovavano “sbocco” i farmaci rubati in Italia, anche con l’ausilio di strumenti accessibili a tutti gli operatori attraverso i quali condividere in tempo reale l’elenco di farmaci oggetto di traffici illegali, ma è anche vero – con ogni probabilità – che le medesime organizzazioni criminali dedite a questi traffici, dopo una pausa di oltre 18 mesi, abbiano iniziato a rimodulare il proprio “business”.

Infatti ci sono alcuni recenti casi che sembrerebbero far pensare ad una nuova recrudescenza del fenomeno con modalità leggermente diverse.

Si segnala che nell’ottobre 2016 è stato intercettato un traffico di farmaci antitumorali rubati in Italia e reimmessi sul mercato estero. 17 arresti, di cui uno ai domiciliari, è il bilancio di un’operazione condotta dai Carabinieri di Ferrara in Campania, Piemonte, Lombardia e Liguria. L’operazione conclude un’indagine avviata nel 2014 che ha permesso di documentare l’esistenza di una associazione a delinquere specializzata nel furto di medicinali (in gran parte selezionati tra quelli a costo elevato e destinati al trattamento di patologie oncologiche e croniche) presso diverse farmacie ospedaliere di nosocomi del centro e nord Italia.

Sempre nel 2016, a settembre, sono stati indagati 31 individui perché connessi al riciclaggio di farmaci nel mercato nero nella zona del tarantino. In particolare, ruolo fondamentale sarebbe stato quello di un dipendente di una società fornitrice di prodotti farmaceutici, che si sarebbe illecitamente impadronito della merce poi smistata nel mercato parallelo.

Possiamo quindi confermare che, per garantire l’approvvigionamento dei canali illegali, l’assalto ai tir in fase di trasporto sembrerebbe dunque non essere più il metodo in uso, e si ricorrerebbe piuttosto a una costante attività di sottrazione di singoli pezzi, effettuata direttamente nelle strutture, difficilmente oggetto di denunce; per quanto riguarda invece la vendita, questa non coinvolgerebbe più il “parallel trade” europeo, oggi sottoposto a controlli più rigorosi, ma punti di ingresso meno presidiabili, come il mercato nero nazionale (per prodotti ad alto costo appetibili sul nostro territorio, come quelli per la cura dell’epatite C) o i Paesi extra-Ue, meno coinvolti nei progetti di verifica investigativa.

Non pare essere in diminuzione, invece, il fenomeno dei furti anche occasionale all’interno di depositi e/o magazzini da parte di personale addetto allo smistamento e/o allo stoccaggio degli stessi.

Tra i dipendenti coinvolti in attività illecite ai danni delle aziende vi sono spesso anche attuali ed ex informatori scientifici del farmaco, come nel caso recente dell’organizzazione criminale che piazzava sul mercato parallelo italiano farmaci di fascia A e C, acquistabili in farmacia. Mentre i costosi farmaci di fascia H, che in Italia possono essere somministrati solo in ospedale, venivano ricettati all’estero.  Indagini in tutta Italia, in manette sedici persone che riciclavano le confezioni di medicinali da rivenditori compiacenti. Gli informatori, per altro, nella casistica investigativa rappresentano una categoria a rischio anche per attività di concorrenza sleale e di assenteismo. E non mancano, inoltre, casi di corruzione a carico di medici, un caso noto e recente in tal senso è occorso in Abruzzo, dove proprio un medico in cambio di regali e favori da parte degli informatori avrebbero prescritto prodotti di alcune case farmaceutiche specifiche.

Nel panorama degli illeciti contro le aziende la rassegna stampa restituisce anche casi di vere e proprie strutture organizzate e complesse impegnate in attività illecite ai danni del mercato farmaceutico legale. Nell’ambito dell’operazione «Pharmatraffic», ad esempio, è stata scoperta un’associazione a delinquere composta da cinquanta persone (farmacisti, titolari ed addetti di società di commercio all’ingrosso di farmaci ad uso umano e veterinario, agenti di commercio nel settore farmaceutico, autotrasportatori della Lombardia, Liguria, Toscana, Campania, Calabria e Sicilia) che, sfruttando le rispettive cariche sociali e professionali, si associavano allo scopo di commettere furti, ricettazione, riciclaggio e traffico internazionale di farmaci attraverso l’emissione di fatture per operazioni inesistenti. Il commercio avveniva in Italia e all’estero, principalmente in Bulgaria, Germania, Inghilterra, Irlanda, Malta, Olanda e Svizzera.

Nonostante i casi fin ora analizzati si può comunque affermare che il fenomeno delle sottrazioni di prodotti sia, in qualche modo, molto presidiato dagli enti istituzionali e quindi sotto controllo, mentre ancora altri canali meno misurabili, che passano soprattutto per il web, iniziano ad essere rilevanti.

Il Cyber Crime per rubare le informazioni strategiche

Come inizialmente indicato, tra le fattispecie di crimini a cui l’industria farmaceutica si dimostra più sensibile vi è anche il Cyber Crime. Secondo uno studio Price Waterhouse Coopers del febbraio 2016, a livello globale in Italia un’azienda su cinque è stata vittima del cybercrime, ma solo il 53% ha attivato un piano di prevenzione. L’universo chimico e farmaceutico appaiono tra i settori maggiormente impattati, rispettivamente con il 34% degli attacchi subiti (il 12% in più rispetto al 2014) e il 31% (+21% rispetto al 2014). Nello stesso studio è indicato che circa la metà dei reati più gravi sono stati commessi da dipendenti dell’azienda coinvolta, sia in Italia (43%) che a livello mondiale (46%). E questo studio delinea anche il profilo dei truffatori interni che riesce a rubare le informazioni strategiche: sono in genere uomini laureati, con tre-cinque anni di servizio, un’età compresa tra i 31 e 40 anni e ricoprono una posizione dirigenziale di middle management. Questi sarebbero responsabili, secondo Deloitte, di circa 2/3 degli attacchi ai danni dell’azienda con, appunto, marcato riferimento alla sottrazione di informazioni in materia di tutela di marchi e brevetti.

Meglio la contraffazione che il traffico di eroina

Altra problematica settoriale dell’industria farmaceutica è il fenomeno della contraffazione che si verifica quando un farmaco viene immesso sul mercato:

  • Con quantità minore, diverse o nulle di principio attivo;
  • Senza controllo circa le capacità di assorbimento dell’organismo;
  • Senza indicazione di tutte le sostanze impiegate nella sua fabbricazione;
  • Con confezioni o etichette falsificate rispetto alle originali;
  • Con adulterazione della data di scadenza del farmaco stesso.

Le diverse tipologie hanno tuttavia un comune denominatore nella scarsa qualità in quanto la produzione, anche laddove realizzata con ingredienti non tossici, non avviene secondo le norme di buona fabbricazione e distribuzione stabilite a livello mondiale.

Gli esperti spiegano anche che la richiesta proveniente dai Paesi in via di sviluppo riguarda soprattutto medicinali salvavita come antibiotici, antimalarici, antitubercolari, antiretrovirali, mentre dai Paesi industrializzati riguarda o medicinali costosi che migliorano la qualità della vita come farmaci contro le disfunzioni erettili, steroidi, anoressizzanti e psicofarmaci, oppure ultimamente, come in Europa, anche costosi antitumorali.

Il consumatore cade nella trappola del mercato illegale perché in cerca di un medicinale non disponibile nel proprio Paese, o perché prova imbarazzo nell’acquistarlo nei canali ufficiali, per motivi di costo e di rifiuto alla prescrizione da parte del medico. Gli esperti ricordano che la contraffazione dei medicinali è “un vero e proprio crimine, e la sua gravità non è limitata al danno economico” ma diventa “un problema di salute pubblica: sia per i pazienti, sia per il sistema sanitario che si ritrova a dovere gestire i costi derivati dai danni della contraffazione sui pazienti”.

Nel 2003 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha stimato che il valore derivante da medicine contraffatte si aggirasse intorno a 32 milioni di dollari l’anno. Le più recenti stime delle dimensioni del mercato della contraffazione dei farmaci parlano di un volume passato da 75 milioni di dollari nel 2010 a 200 miliardi nel 2015. Secondo l’ente, che si è pronunciato sul fenomeno in costante escalation anche in tempi più recenti, il 10% dei farmaci consumati a livello mondiale (e fino al 50% di quelli impiegati nei Paesi in via di sviluppo) risulterebbero contraffatti. Nel dettaglio, nel 32% dei casi la falsificazione consisterebbe nell’assenza del principio attivo, nel 21% dei casi si noterebbero ingredienti diversi da quelli dichiarati, nel 20% le sostanze attive sarebbero presenti in quantità differente, nel 15% la composizione sarebbe corretta ma con errato confezionamento, nell’8% ci sarebbe presenza di impurità o contaminanti, nell’1% dei casi si tratterebbe di copie di prodotti originali.

Nonostante gli sforzi delle istituzioni, sembrerebbe che i fornitori di farmaci contraffatti continuino a bypassare i processi “sicuri” e fornire questi farmaci a costi per loro molto bassi: i margini di profitto arrivano anche al 3000%. Un esperto stima che un investimento di 1000 dollari in prescrizione di farmaci contraffatti può causare un ritorno di 30.000 dollari, che è pari a 10 volte il tasso di profitto del traffico di eroina.

Secondo l’Ufficio Europeo per la Proprietà Intellettuale (EUIPO), la contraffazione costerebbe all’Europa non solo in termini di salute pubblica ma anche economici: 10.2 miliardi di euro in totale per mancata vendita; per l’Italia le perdite sarebbero di oltre 1.59 miliardi (5% delle vendite) e quasi 4.000 posti di lavoro diretti.

Uno studio Pfizer sponsorizzato, una delle più grandi indagini svolte in 14 paesi europei, ha stimato che gli europei occidentali spendono più di 14 miliardi di dollari americani all’anno su farmaci di origine illecita, molti dei quali contraffatti. E tra i medicinali maggiormente contraffatti ci sarebbero:

  • Antimalarici;
  • Vaccini;
  • Antibiotici;
  • Farmaci per il trattamento dell’hiv;
  • Viagra e simili;
  • Farmaci “lifestyle” per il dimagrimento;
  • Antidepressivi.

Un grande quota di mercato è costituita dalle cosiddette droghe dello “stile di vita”. Lo studio ha rilevato che quasi la metà dei farmaci contraffatti venduti su Internet sono stati per la perdita di peso, seguita da farmaci antinfluenzali. Un altro mercato chiave per contraffazione in Europa, come in Asia, è la disfunzione erettile, alimentata dalla crescita nelle farmacie online che offrono l’accesso a medicinali soggetti a prescrizione senza la necessità di consultare un medico. Peccato però che uno studio olandese citato dal Journal of Clinical Practice ha rilevato che, di 370 campioni di Viagra sequestrati da “venditori online”, solo 10 erano autentici.

A causa del già citato imbarazzo di consultare il medico per problemi legati alla sfera sessuale, un altro dei principali bersagli del segmento delle vendite illecite, oltre a Viagra e simili, sembrerebbe essere ora la categoria di farmaci contro l’eiaculazione precoce.

Il fenomeno della contraffazione è così ben analizzato e conosciuto che la stessa commissione europea è riuscita a stimare che il 75% dei medicinali contraffatti proverrebbe dall’India, seguito da Egitto e Cina. Le vie di transito coinvolgerebbero anche Turchia e Balcani, seguendo le rotte tipiche del contrabbando anche di altre merci contraffatte.

Diverse organizzazioni attive nel settore hanno stimato che nel mondo muoiano da 100mila a 1 milione di persone all’anno a causa dell’assunzione di farmaci contraffatti. E ci sono casi significativi che testimoniano la dimensione del problema:

Nel 2012 steroidi adulterati hanno ucciso 11 persone negli USA e fatte ammalare altre 100.

In Pakistan nel 2012 un farmaco antitubercolosi con limitate quantità di principio attivo ha causato la morte di 100 pazienti, a causa di intolleranze alla terapia.

Sempre nel 2012 la Roche ha notificato l’esistenza di Avastin (impiegato per la cura del cancro), non contenente principio attivo, ma sale e amido. La faccenda ha anche avuto importanti ricadute di natura reputazionale per la nota azienda.

Anche alcuni prodotti dimagranti sono stati tolti dal mercato perché contenevano anfetamine ritirate dal commercio in quanto tossiche e non il principio attivo dichiarato nella confezione.

In Canada sul finire del 2016, un potente analgesico, il Fentanyl, ha fatto registrare 160 morti in poco più di tre settimane. Si è scoperto essere di provenienza illecita dalla Cina.

Ma l’Italia non resta indenne al fenomeno: L’Agenzia Italiana del Farmaco e i Carabinieri del NAS hanno avviato un’indagine a seguito di una segnalazione inviata da un grossista inglese che ha riscontrato anomalie su alcune confezioni del farmaco antitumorale per uso ospedaliero Trastuzumab (Herceptin), acquistate attraverso un grossista italiano e destinate alla Germania. Le anomalie riguardavano una discrepanza tra i numeri di lotto riportati sul confezionamento e un successivo controllo nella banca dati dei furti, realizzata nell’ambito del progetto avviato in collaborazione tra Aifa, Farmindustria, Asso-Ram e Carabinieri del NAS e Ministero della Salute, ha rilevato una corrispondenza.

Nel corso dell’operazione Pangea IX del 2016 Interpol ha coordinato un’attività di sequestro di farmaci illegali in aeroporti di 103 paesi del mondo, in collaborazione con le dogane e le locali autorità per la salute pubblica. 80mila prodotti sequestrati solo dalla Polizia Italiana diretti nel nostro paese, per un valore di circa 300mila euro.

Ancora, nel settembre 2016 Teva Pharmaceuticals aveva lanciato l’allarme per la contraffazione di anfetamine per la cura del disturbo ADHD (farmaco Adderall 30mg), di cui la stessa società non risulta autorizzata alla commercializzazione in Italia. E’ seguito il reperimento presso la Dogana dell’aeroporto di Malpensa di blister falsificati.

Ma anche le attività illecite legate alla vendita di farmaci si stanno spostando su Internet, dove il quadro si sta esponenzialmente complicando: nonostante le stime siano variegate, le fonti internazionali (dall’OMS all’Università di San Diego) sembrano concordi nell’affermare che oltre il 50% dei farmaci acquistati sul web sarebbero contraffatti e arriverebbero da siti illegali, con ricavi mensili che possono arrivare ai due milioni di dollari per i principali rivenditori online. Secondo Fakeshare, progetto di cooperazione e intelligence volto al controllo dei siti illegali, sarebbero addirittura 200 miliardi di euro l’anno i ricavi dalla vendita attraverso questo canale. I dati emersi da uno studio condotto in Gran Bretagna, Italia, Spagna e Portogallo che ha fotografato le abitudini di mille persone per ogni paese, il 26% degli italiani ha acquistato almeno un farmaco on line, una percentuale superiore a quella degli altri Paesi. Nel 3,5% dei casi sono i social network il canale attraverso cui si arriva al farmaco illegale. I più gettonati sono i farmaci per dimagrire, per curare l’influenza e smettere di fumare. Tra le motivazioni per l’acquisto on line si riscontrano: ragioni economiche (abbattimento dei prezzi del 60/70%), comodità di consegna, mancanza di prescrizione medica, anonimato. Secondo alcuni, in definitiva, è nata la figura del “cyber pusher”.

Social Activism

Il mondo farmaceutico risulta esposto anche a rischi concernenti espressioni di attivismo sociale, che colpiscono le compagnie, sia per quanto attiene alle strutture fisiche delle stesse, sia al loro personale, sia, non ultimo, alla loro reputazione.  Primo tra questi fenomeni, quello legato ai gruppi animalisti.

Diversi e trasversali nel globo, sono i siti degli animalisti che inneggiano al boicottaggio delle case farmaceutiche, ree, a loro parere, della sperimentazione dei farmaci sugli animali, inferendo agli stessi notevoli sofferenze.

Tra le imprese che hanno subito attacchi in Italia e all’estero, una delle più colpite risulta essere stata senza dubbio Novartis. Anno nero, in particolare, il 2009, quando il CEO della società ha vissuto la profanazione della tomba della madre e l’incendio del proprio capanno di caccia in Austria. Nello stesso periodo, sono emerse minacce nei confronti di diversi dipendenti e in Messico la tensione sociale, già alta su diversi temi, ha prodotto un attacco alla locale struttura della società, con la detonazione di una bomba nel sito produttivo.

Sebbene ad oggi, la situazione nei confronti del colosso svizzero pare essersi placata, numerosi nelle fonti open source sono ancora i riferimenti al boicottaggio della società da parte di gruppi animalisti. In Italia, è stata osteggiata la manovra della Regione Toscana atta a stanziare 23 milioni di euro in 4 anni per un progetto di ricerca della Novartis di Siena sui vaccini per l’Africa, testata su animali.

Particolare scalpore ha destato a livello internazionale anche il caso “Green Hill”, in cui la AstraZenica è stata accusata di detenere, in Italia prima (a Montichiari) e nella sua sede svedese poi, oltre 400 cani beagle, usati come cavie.

Nel 2013 anche l’impresa Menarini ha subito episodi di attivismo sociale, con un picchetto prolungato ad opera di gruppi animalisti davanti alla propria sede di Pomezia in seguito alla notizia dell’arrivo di cani beagle per sperimentazione di farmaci. In seguito alle proteste, la società ha rinunciato ai test sui beagle. Simile sorte è toccata anche alla Glaxo di Vicenza, in seguito all’uso di 32 beagle destinati alla ricerca.

Altra azienda italiana colpita è stata la parmense Chiesi Farmaceutica, oggetto di proteste da parte di animalisti e comuni cittadini contro la pratica della vivisezione.

Teva avrebbe, invece, subito atti di boicottaggio, tra cui volantinaggio, mailing e attività di propaganda filo palestinese, allo scopo di ridurre le vendite di farmaci prodotti dall’impresa.

La security aziendale come può contrastare questi fenomeni?

Qualsiasi fenomeno si voglia contrastare all’interno dell’azienda, dove la logica “costo beneficio” è un must, l’adozione di una politica di corporate security con uno spiccato approccio olistico allo sviluppo del business è la sola strada per essere efficaci.

La Security, come ente istituzionale aziendale, valutata l’esposizione al rischio e definite le politiche di gestione dei vari temi impattanti accennati all’inizio di questo articolo, dovrà necessariamente contribuire anche contrastando i fenomeni che possono diminuire le vendite o procurare perdite. Differentemente dai “sistemi aperti”, come ad esempio strutture commerciali e supermercati, dove è necessario far entrare il maggior numero di persone, la parte di protezione del perimetro dello stabilimento industriale, per quanto complesso a causa – spesso – di vaste superfici da vigilare, è più facile. Infatti, la protezione del “sistema chiuso”, grazie alla tecnologia moderna di sorveglianza e controllo accessi, agli ormai diffusi impianti di videosorveglianza “intelligenti” fino ai moderni sistemi antintrusione radar, risulta più governabile. Anche negli uffici, la creazione di zone e settori segregati con accessi regolati da policy specifiche (equivalenti di un protocollo di controspionaggio) e banali impianti “a badge” controllati attraverso la rete, potranno fare già molto per la protezione delle aree sensibili, come quelle destinate a ricerca e sviluppo tutelando, attraverso un corretto protocollo di gestione e veicolazione delle informazioni, il segreto aziendale. Certo, tutta la sensoristica collegata ad una rete è oggi vulnerabile ma una corretta politica di sicurezza di infrastrutture e reti, che miri principalmente all’utilizzo di strumenti per la protezione delle reti informatiche, una policy sul trattamento dei dati e la formazione dei dipendenti sul corretto utilizzo degli strumenti informatici stessi, può mitigare notevolmente i rischi. Questa attività proteggerà anche dallo spionaggio per sottrarre dati sensibili e informazioni che, come accennato, oggi non si compie più attraverso “le spie umane” ma assoldando professionisti dell’intrusione informatica che spesso in modo “invisibile” violano sistemi e rubano enormi moli di dati o, ancora più banalmente e come già descritto, utilizzando gli stessi dipendenti dell’azienda, a volte senza che ne siano consapevoli. Basti pensare che un attacco di cyber-spionaggio viene scoperto mediamente 458 giorni dopo il suo inizio; questo significa che un’azienda diventa consapevole di subire cyber spionaggio circa 15 mesi dopo che questo è cominciato. L’aggiornamento del codice etico aziendale, la creazione di indicatori di frode e infedeltà, l’analisi di potenziali conflitti di interesse e un sistema imparziale di investigazione randomica potrà impattare notevolmente sull’infedeltà di dipendenti, soci, agenti e partner. Infine, l’adozione di semplici strumenti di monitoraggio della rete (discovery), man mano perfezionati negli argomenti e modalità di ricerca delle informazioni, così come l’analisi delle perdite a livello della filiera riusciranno a mitigare in modo deciso la contraffazione e il fenomeno delle mancate vendite.

A cura di: Lucio Mattielli

Note sull’autore:

Lucio Mattielli: Laureato con lode in discipline relative a Security e Safety, ha conseguito due Master e sei certificazioni internazionali. Dopo aver iniziato giovanissimo la carriera nei servizi di Intelligence, ha continuato ad operare in ambito Sicurezza per oltre quindici anni arrivando a ricoprire il ruolo di Vice President Security operando a capo di multinazionali quotate appartenenti alle Fortune 100 e Fortune 500 company consolidando la sua esperienza in Europa, Africa, Medio Oriente, Sud America, Estremo Oriente e India. Docente di Intelligence, Corporate Security e Crisis Management presso rinomate università, è il Fondatore e Direttore della Divisione Servizi Professionali del primo provider italiano di servizi di sicurezza operante in 200 paesi. E’ consulente per la Security delle principali Aziende Farmaceutiche internazionali ed Enti di settore.

Fonti e approfondimenti:

https://www.pharmacompliancemonitor.com/four-risks-pharma-companies-face/9474/

https://www.salute.gov.it/portale/temi/documenti/usmaf/formazione2015/Contraffazione_farmaceutica_e_importazioni_illegali.pdf

https://elearning2.uniroma1.it/pluginfile.php/367683/mod_resource/content/0/Manna%20medicinali%20contraffatti%202016%20light.pdf

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