La percezione del rischio alla guida di un’autovettura
Visto l’avvicinarsi, per molti, del periodo delle ferie, voglio condividere con i lettori un po’ di informazioni a mio parere molto utili relativa alla variabilità della percezione del rischio quando un guidatore è al comando della propria autovettura. Chissà che quanto di seguito non possa aiutare chi si metterà in viaggio con la propria famiglia alla volta delle vacanze!!!
Gli anni ‘50 e ‘60 hanno visto l’inizio del boom della “motorizzazione” in Italia. Sull’onda dell’entusiasmo iniziale, poche erano le riflessioni sulle conseguenze future di questo cambiamento radicale del modo di spostarsi e, in fondo, di concepire una parte della nostra vita. Come sempre, prima o poi, tutti i nodi sono venuti al pettine e, a fronte di una crescita esponenziale del numero di incidenti e di morti su strada, ci si è iniziati a porre delle domande e, soprattutto, a interrogarsi su come intervenire. Sono state migliorate le infrastrutture (in Italia forse meno chein altre parti del mondo), è stata accresciuta considerevolmente la sicurezza dei veicoli, sono state modificate le norme (in Italia in modo molto frammentario e scomposto e, spesso, più dal lato sanzionatorio-punitivo che non da quello preventivo) ma, purtroppo, dove si è intervenuti in modo più limitato è proprio su colui che è il principale responsabile dei danni: il conducente. Vuole dire principalmente due cose, la prima consiste in una vera educazione stradale che parta fino dall’infanzia e che sia affidata a veri esperti e non a «individui di “buona volontà” ma di scarse competenze specifiche»; la seconda è quella di indagare a fondo su tutti gli aspetti psicologici che si nascondono (talvolta non troppo in profondità), dietro a un atto apparentemente così semplice e naturale come quello della guida. Infatti, la guida non è per nulla naturale per il conducente, individuo “costruito” per la velocità del “passo d’uomo”. Egli necessità perciò di apprendimento e allenamento di specifiche competenze per poter realmente affermare di “guidare in sicurezza”. Più volte, nelle norme relative alla formazione dei conducenti e dei loro formatori, si è affacciata la parola “formazione psicologica” ma, quasi sempre, in fase di conversione definitiva delle leggi non se ne è più trovata traccia, quasi come se la sua introduzione spaventasse o criminalizzasse il settore.
Karl Peglau, nato nel 1927 a Bad Moskau sul confine polacco, era uno psicologo del traffico, morto nel Novembre 2010. Studiava, presso l’Istituto di Medicina del Traffico di Berlino, come rendere più sicure le strade analizzando la psicologia del guidatore e del pedone per ridurre la possibilità degli incidenti. Secondo Peglau, i colori del semaforo – rosso, giallo e verde – presentavano dei punti deboli. Non notificavano niente di utile ai daltonici ed erano poco riconoscibili a certe condizioni di luce. Quindi, associò una forma geometrica che suggeriva in maniera inequivocabile di fermarsi o procedere. I due omini, AMPELMANN, uno rosso a piedi uniti e a braccia aperte che impone di fermarsi e uno verde atletico che si precipita in strada per attraversarla, davano direttive più chiare.
Furono simpatici da subito anche ai bambini che seguivano corsi sull’educazione stradale fortemente voluti dalla Repubblica Democratica Tedesca (Germania Est). Il muro di Berlino nel 1961 si erigeva imponente. Con la caduta del muro ci fu la temporanea scomparsa delle lampade stradali con i buffi omini. Ci volle una vera e propria sollevazione popolare per salvare l’Ampelmännchen dalle discariche e dall’oblio.
Domanda per tutti i lettori: Per guidare in sicurezza basta l’ABS? Che gli airbag funzionino? Che le strade non abbiano buche? Sicuramente… Ma Dorfer, psicologo del traffico italiano, precisa che a determinare la sicurezza della guida interviene un oggetto, che pesa circa un chilo e mezzo ed è collocato tra le due orecchie e non si tratta di un optional. Il cervello! Determina la condotta di guida, la scelta del veicolo, il suo uso e, in definitiva, anche la propensione agli incidenti: “In Italia comincia a farsi strada, nel vero senso della parola, la convinzione che al tema della sicurezza, un corretto approccio non può che essere multidisciplinare (conoscenza dei processi percettivi, attentivi, emotivi, mnestici, di psicologia sociale e del lavoro, di psicologia dello sviluppo e dell’educazione, di psicologia clinica, ergonomia). Inoltre, è necessario adottare solo misure di cui è documentata l’efficacia, basate su solide evidenze scientifiche. Non siamo ancora ai livelli dei paesi più avanzati come la Danimarca, la Germania o la Francia, ma ci stiamo avvicinando”. Secondo la psicologia del traffico, un problema molto rilevante, per il rischio di incidenti stradali, è quello della sovrastima delle proprie abilità. Spesso, infatti, si confonde quella che è la semplice abilità di manovrare il veicolo con la capacità di guidarlo in sicurezza. Diversi studi di psicologia del traffico condotti in diversi paesi del mondo evidenziano, infatti, come la maggior parte dei conducenti, in ogni fascia d’età ma in particolare giovani e anziani, sia portata a sottostimare il proprio livello di rischio e a sovrastimare la propria abilità alla guida ritenendola superiore alla media. Si è meno motivati ad adottare comportamenti di prevenzione del rischio (rispetto dei limiti di velocità o uso delle cinture di sicurezza ad esempio) e ci si espone ad un maggior rischio di incidenti. Ogni anno muoiono circa 1 milione di persone per incidenti stradali e circa 21 milioni sono quelle che rimangono disabili. Diversi studi, come detto, evidenziano come, la maggioranza delle vittime di incidenti appartenga ad una fascia d’età molto giovane e come, ancora, la maggior parte sia causata da categorie di soggetti a basso o medio rischio semplicemente per distrazione o disattenzione e non tanto per l’attuazione intenzionale di comportamenti rischiosi alla guida. La maggior parte degli incidenti, quindi, secondo la psicologia del traffico, è causata dal “conducente normale” prevalentemente per disattenzione e prevenibile, quindi, con un cambiamento di comportamento alla guida.
Il fattore più importante per gestire responsabilmente il rischio dei propri comportamenti alla guida è costituito dall’accettazione della propria vulnerabilità. Fattore, questo, difficilmente presente soprattutto negli adolescenti, generalmente indotti a sottostimare fortemente i livelli di rischio personale. Poiché i neopatentati rappresentano una delle maggiori categorie a rischio di incidenti stradali, sarebbe opportuno che si tenesse conto di questi elementi nei programmi di formazione delle scuole guida, ancora troppo spesso incentrati sulla mera acquisizione dell’abilità di guida. «Neopatentati» è il termine usato per indicare coloro che hanno conseguito una licenza di guida di tipo A2, A, B1 e B da meno di tre anni ed entro questo arco di tempo. Considerando la limitata esperienza di guida, esistono norme che segnalano specifiche limitazioni e sanzioni, nel caso non vengano rispettate le regole. Da vari anni la normativa nazionale italiana prevede che i giovani “freschi di patente” non possano guidare un qualsiasi autoveicolo. Per un anno dal conseguimento della patente B, non si possono guidare auto dal rapporto potenza/tara superiore a 55 kW, o comunque dalla potenza superiore a 70 kW. Inoltre, per tre anni, la velocità massima consentita ai neopatentati è di 100 chilometri all’ora in autostrada e di 90 sulle strade extraurbane principali. Dunque, niente macchine troppo potenti e leggere quindi, ma non solo, anche limiti di velocità più bassi. Ci sono le regole classiche (che valgono per tutti, in realtà): non bere alcolici, non assumere stupefacenti, rispettare scrupolosamente i limiti di velocità e mantenere la distanza di sicurezza. E poi niente smartphone, evitare ogni distrazione e, soprattutto, allacciate le cinture.
Ecco di seguito una sorta di “decalogo per neopatentati” per le basi di una guida sicura:
- Prima di partire allaccia la cintura di sicurezza e falla allacciare a tutti i passeggeri.
- Se devi guidare, non bere alcolici. Se non sei in condizioni psico-fisiche perfette, fai guidare un tuo amico che non ha bevuto e non è stanco. Così tornerete a casa sani e salvi.
- L’assunzione di sostanze stupefacenti altera gravemente le condizioni psico-fisiche e alla guida provoca effetti disastrosi su se stessi e sugli altri. Meglio non farlo.
- La velocità elevata è la principale causa di morte sulle strade. Ricordati i limiti di velocità, speciali per chi ha la patente da meno di tre anni. No ai sorpassi spericolati: superare in curva, sui dossi, negli incroci, nei passaggi a livello è vietato. La multa è di 163 euro, col taglio di 10 punti-patente, raddoppiabili per i neopatentati.
- Usare il cellulare mentre guidi è vietato e ti impedisce di avere il perfetto controllo dell’auto. Se devi parlare al telefono, fermati o al massimo utilizza gli auricolari o il vivavoce.
- Il neopatentato (con patente da meno di 3 anni) che commette un’infrazione taglia-punti subisce una sottrazione di punteggio doppia.
- Non far entrare in macchina più persone di quanto sia consentito. In caso di incidente, il trasporto di persone oltre i limiti consentiti aumenta il rischio e l’entità dei danni alla persona.
- Rispetta la distanza di sicurezza con il veicolo che ti precede. Se viaggi a 50 km/h ti occorreranno 25 metri per arrestare il tuo veicolo e evitare di colpire un veicolo fermo. A 130 km/h per fermarti avrai bisogno di circa 110 metri.
- Di notte le condizioni di visibilità della strada sono inferiori e i tempi di reazione alle situazioni di pericolo sono superiori. Diminuisci la velocità.
- Se un neopatentato guida una vettura che è vietata, e causa un incidente, rischia la rivalsa. La compagnia rimborsa il danneggiato, poi si fa dare dal proprietario del veicolo il risarcimento.
Uno dei fattori che rende meno sicura la circolazione stradale è la distrazione, ovvero la deviazione dell’attenzione dal compito primario, che è quello di guidare, a causa di altre attività visive, cognitive, uditive e biomediche. La Ricerca ha messo in evidenza che la causa principale degli incidenti stradali è costituita dall’alterazione cognitiva dei processi di attenzione del guidatore e può essere determinata da fattori psicologici e stili di guida irregolari (stress – stanchezza).
Dalla Ricerca sono emersi chiaramente quattro stili di guida degli italiani, e di conseguenza che si possono trovare all’interno di un’Organizzazione Aziendale:
- TRAVELLERS;
- HEAVY USERS;
- FREQUENT MOVERS;
- ROAD RUNNERS.
TRAVELLERS: effettuano per lo più lunghi spostamenti con le proprie auto e in compagnia. Il loro ruolo di “capofamiglia” li responsabilizza verso un atteggiamento di guida rilassato e diligente.
HEAVY USERS: sono coloro che vivono praticamente in auto o nei Tir per motivi di lavoro. L’elevato grado di confidenza nel mezzo, l’esperienza accumulata e la rilevanza del fattore tempo nel loro lavoro, li spinge non di rado a violare i limiti di velocità e a manifestare irrequietezza nella guida.
FREQUENT MOVERS: utilizzano i mezzi privati (automobile, moto, scooter) per tutti gli spostamenti, per lo più intraurbani. Spesso non sono soli, ma ciò non li frena dal commettere a volte le infrazioni più comuni. In costante tensione per i ritardi accumulati, mostrano poca attenzione ed un atteggiamento di guida intollerante nei confronti del traffico.
ROAD RUNNERS: sono coloro che a bordo di macchine sportive (o presunte tali) o su moto di grossa cilindrata, ostentano la loro guida aggressiva immedesimandosi con personaggi dell’immaginario collettivo (attori o corridori professionisti, da Schumacher a Valentino Rossi). Spesso si tratta di giovani che inseguono il mito della velocità e l’affermazione sociale vantandosi della loro “tecnica” di guida con gli amici ed ingaggiando vere e proprie sfide con sconosciuti.
Il comportamento stradale è influenzato dall’approccio culturale della società in cui l’individuo si trova ad agire. Per esempio, prima dell’introduzione della patente a punti, era molto diffuso tra gli automobilisti un atteggiamento di non rispetto delle regole, specie in alcune aree del Paese. Anche il poco senso civico e la scarsa educazione stradale contribuiscono a generare comportamenti a “rischio di incidenti”. I dati della ricerca sottolineano come alcuni stili di vita improntati alla ricerca dell’iper-stimolazione (uso/abuso di droga, alcool, farmaci, vita notturna eccessiva) possano contribuire al verificarsi di incidenti. Gli abusi, come è noto, portano a delle alterazioni cognitive quali rallentamento dei tempi di reazione e di percezione, diminuzione del grado di attenzione. Soprattutto tra i giovani, in genere gli stati d’animo di intensità eccessiva, sia positivi (euforia, gioia, allegria) che negativi (frustrazione e rabbia), sono altrettante cause determinanti di incidenti stradali. Il mutamento dell’umore, infatti, incide sui livelli di attenzione, abbassandoli drasticamente; sui tempi di reazione; e sulla valutazione soggettiva del rischio. Queste cause aumentano la probabilità di incidenti. La tecnologia moderna, oltre a facilitarci nel lavoro e in tante piccole azioni quotidiane, può essere fonte di pericolo se non riusciamo mai a “sconnetterci” da essa, nemmeno quando la nostra attenzione dovrebbe essere indirizzata su qualcosa di più importante. A preoccupare gli esperti di sicurezza stradale è la dipendenza da smartphone in auto: alzi la mano chi non ha mai controllato almeno una volta il cellulare mentre era alla guida. I dati sugli incidenti stradali parlano chiaro: le cause principali sono essenzialmente due, ovvero la velocità e la disattenzione. Tra le distrazioni che possono portare a un sinistro primeggia in maniera assoluta lo smartphone: al 31.12.2017 le infrazioni dovute all’uso del cellulare sono aumentate del 15,1%. Ciò significa che la dipendenza da smartphone è un problema sempre più diffuso che mina la sicurezza delle nostre città (luogo dove avviene la maggior parte degli incidenti). Usare il cellulare in macchina significa, nel concreto, perdere la vista della strada e di tutto quello che può succedere su di essa: comporre un numero ci porta via 7 secondi, scrivere un messaggio equivale a 10 secondi di “buio”, scattare un selfie alla guida prende 14 secondi. In termini “stradali”, una qualsiasi di queste operazioni fatte al telefono ci “costa” dai 300 ai 500 metri di strada che non vediamo e in questi 300/500 metri può accadere di tutto: l’attraversamento di un cane, un genitore che passa sulle strisce con suo figlio, l’auto che ci precede che frena per svoltare e così via, all’infinito. Un’altra abitudine molto pericolosa è quella di parlare al cellulare senza utilizzare altoparlanti bluetooth o auricolari: tenere il telefono in una mano e condurre l’auto con l’altra aumenta in modo significativo la possibilità di perdere il controllo della vettura, di avere i riflessi rallentati e quindi di provocare un incidente. La prima regola da seguire sarebbe quella del buon senso: vale a dire non utilizzare lo smartphone in auto. Le persone più virtuose o con più forza di volontà non avranno problemi a seguire questo consiglio. Non dimentichiamoci inoltre che Il Codice della Strada prevede delle sanzioni per chi usa il telefonino al volante:
- 5 punti in meno sulla patente di guida;
- la possibilità del ritiro della patente;
- sanzione da 148 a 594 €.
Esistono indubbiamente dei tratti di personalità che rendono un soggetto più a rischio di incidenti. Quanto più questi tratti sono marcati e patologici, tanto più il rischio aumenta, perché l’aggressività e l’insicurezza vanno a diminuire il grado di focalizzazione del soggetto sul comportamento di guida, aumentando la probabilità di incidente. I fattori psicologici che contribuiscono a determinare gli incidenti stradali sono riconducibili a due polarità di fondo: la prima riguarda l’aspetto temporale dell’alterazione, se cioè si tratta di un’alterazione di tipo caratteriale stabile, connessa alle caratteristiche individuali del soggetto, oppure si tratta di un’alterazione di tipo occasionale, connessa allo stato d’animo del momento; la seconda riguarda la principale segmentazione dei disturbi psichici, da un lato la tendenza all’aggressività (mania), dall’altro la tendenza alla depressione (melanconia).
“I Maniacali”: Sono gli individui portati, per carattere intrinseco, a controllare nei minimi particolari la realtà che li circonda, dunque con tendenze ossessive, che li portano a dimenticare la realtà esterna. Sono tendenzialmente euforici, ottimisti e rivolti al futuro. Tendono anche ad essere competitivi, in quanto la loro spinta interiore li conduce a privilegiare il proprio punto di vista, la propria realtà, imponendola in un certo senso agli altri. Ciò li spinge ad essere automobilisti aggressivi, se non altro perché tendono a considerare poco il mondo esterno, e quindi gli altri, oppure a imporre agli altri il proprio predominio.
“I Depressi”: Sono gli individui portati ad essere riflessivi, con forti spinte all’introspezione e con tendenza a nutrire sensi di colpa. Sono tendenzialmente melanconici, pessimisti e rivolti al passato. Poiché sono rivolti più a sé che non al mondo esterno, tendono ad essere poco attenti, poco presenti, impegnati più nelle proprie fantasie interiori che nella realtà. Ciò li spinge ad essere automobilisti distratti, con una percezione della realtà esterna poco attenta e con una capacità di riflessi rallentata. I frustrati. Sono tendenzialmente depressi episodici, che a causa di avvenimenti della propria vita di vario genere attraversano stati d’animo negativi, e quindi sono portati ad essere disattenti, distratti, poco consapevoli delle problematiche della guida.
“Gli Euforici”: L’euforia è uno degli stati d’animo più diffusi come causa di incidenti stradali, soprattutto tra i giovani. Le cause possono essere di tipo esogeno (alcol, droghe, ecc.) o puramente endogeno (successi personali, gratificazioni, momenti di benessere, ecc.). Il risultato è la sensazione di sentirsi particolarmente sicuri di sé e “padroni del mondo” e la voglia di manifestare attraverso una guida brillante e “disinibita” l’intima sensazione di onnipotenza procurata da questa euforia. L’aggressività in questi casi è la conseguenza indiretta di questa sensazione di onnipotenza, come noncuranza degli altri. E’ da notare come l’aggressività possa essere conseguenza di un fattore occasionale (stati d’animo di euforia) o di un fattore stabile (carattere maniacale).
A livello di Prevenzione e/o Sensibilizzazione dei lavoratori nelle aziende, si può fare qualcosa? Si potrebbe cominciare così:
- Determinare se il comportamento di un individuo o di un gruppo comporti un rischio per la propria salute e quella degli altri;
- Aiutare i soggetti interessati a comprendere e a riconoscere i rischi associati al loro comportamento;
- Definire con essi in che modo il loro stile di vita e l’immagine che hanno di sé stessi siano legati a tale comportamento;
- Aiutarli a definire le proprie possibilità di cambiare il comportamento;
- Collaborare con loro al fine di produrre e mantenere il nuovo comportamento.
Avendo preso ampiamente in considerazione le problematiche legate ai neopatentati, vale la pena spendere due parole anche a quelle connesse con i guidatori più anziani. Il conducente anziano presenta un punto di debolezza specifica: le più ridotte capacità psicofisiche da cui dipende l’attitudine alla guida. Il fenomeno però si distribuisce in modo eterogeneo perché non tutti gli anziani invecchiano allo stesso modo. È evidente che quegli anziani che non presentano più i requisiti psicofisici per la guida dovrebbero smettere di guidare: su questo tema esistono normative precise che, se applicate, dovrebbero garantire il fatto che i conducenti anziani non costituiscono un problema per la sicurezza stradale più di quanto lo costituisca la categoria delle giovani. Rimane comunque il fatto che prima di giungere alla soglia dell’inabilità, le facoltà psicofisiche si indeboliscono progressivamente. Spesso ad aggravare le prestazioni si aggiunge l’effetto di farmaci che gli anziani assumono più frequentemente di altre categorie. Sono note le numerose alterazioni fisiologiche e psichiche che insorgono con l’aumentare dell’età e che possono avere effetti negativi sulla capacità di guida. In linea di massima, si può sostenere che con l’avanzare dell’età aumenti la probabilità dell’insorgenza di modificazioni di prestazioni. Nell’ambito fisiologico, il deterioramento dei processi regolatori dell’organismo e del sistema cardiocircolatorio, la riduzione della forza muscolare e della mobilità degli arti, l’affaticamento più rapido. Nell’ambito sensoriale, la riduzione delle funzioni visive, uditive e della velocità di elaborazione delle informazioni visive. Nell’ambito delle funzioni psicofisiche e psichiche, l’orientamento visivo più lento, la riduzione della capacità di reazione agli stimoli, la difficoltà nel prendere decisioni rapidamente, nell’elaborare compiti complessi e nel percepire nuove situazioni, nonché nel distribuire efficacemente l’attenzione su diversi compiti contemporaneamente. Inoltre, bisogna tener conto del fatto che spesso le persone anziane devono assumere con continuità farmaci che presentano effetti collaterali in grado di influenzare negativamente la guida (provocando ad esempio sonnolenza). Vi sono però molte ricerche che proverebbero che i primi a rendersi conto delle minori prestazioni psicofisiche sono proprio gli anziani, i quali avrebbero la diffusa tendenza ad adeguare lo stile di guida alle minori prestazioni, in modo da garantire, nonostante tutto, un accettabile livello medio di sicurezza.
A cura di: Anna Ravina
Consulente Tecnico Salute e Sicurezza