La minaccia tecnologica veicolata a mezzo di droni: Analisi del fenomeno e tecniche di contrasto

Analisi del fenomeno

La percezione della minaccia terroristica che incombe sui nostri cieli è sempre maggiore così come è attuale l’attenzione che viene dedicata ai singoli episodi che coinvolgono personaggi o luoghi simbolici; a mero titolo d’esempio basti pensare al risalto giornalistico dato all’atterraggio di un drone del tipo Phantom 2 sul prato della Casa Bianca nel gennaio 2015, a quello che ha raggiunto nello stesso anno il tetto della sede del primo ministro a Tokyo, il quale trasportava materiale innocuo ma depositato a scopo dimostrativo per criticare l’operato del governo nipponico in merito agli incidenti della centrale nucleare di Fukushima, e, infine, a quello che ha visto coinvolta la portaerei inglese “HMS Queen Elizabeth”, sulla quale è stato fatto appontare un drone DJI Phantom nell’agosto 2017.

Il picco di attenzione rivolto a questi innovativi vettori aerei è stato caratteristico dell’ultimo biennio, sia per la crescente affidabilità tecnica di questi apparati radiocomandati, sia per la costante e più volte richiamata minaccia che essi rappresentano tanto in termini di sicurezza quanto in termini di privacy, al punto da inventare nicknames quali Droneweiler (un incrocio tra Rotteweiler e drone) e guarDrone (con un ammiccamento alle capacità di questi “paparazzi” elettronici).

In Italia il mercato relativo alla vendita dei droni può essere definito un settore di nicchia in crescita vertiginosa, di un valore che supera i 15 milioni di euro e con più di 300 mila pezzi annui venduti; da qui la necessità di avvalersi di impianti normativi ad hoc affinché l’utilizzo dei droni avvenga senza ledere il diritto di alcuno, o meglio, senza suscitare problemi alla sicurezza e all’ordine pubblico.

La vigente legislazione in Italia ed in Europa fa riferimento alla Regolazione dell’ENAC 2 Versione 3 revisione del 2017, ossia il “Regolamento mezzi aerei a pilotaggio remoto”, che distingue in prima analisi i velivoli a seconda dell’utilizzo che ne viene fatto; pertanto, il medesimo drone può ricadere tanto nella definizione di aeromodello quanto di aeromobile a pilotaggio remoto da cui derivano condotte e obblighi per il pilota o l’operatore molto diversi.

Tuttavia il regolamento EASA, che dovrebbe entrare in vigore nel 2018, annulla questa distinzione: aeromodelli e droni saranno classificati e marchiati CE in cinque differenti categorie, in funzione del loro peso e della loro tensione di alimentazione; inoltre, dal punto di vista strettamente correlato agli aspetti di sicurezza, è di indubbio interesse essere a conoscenza del fatto che nel caso sia richiesto, il transponder è obbligato ad inviare a terra i dati di registrazione del drone, del suo pilota, la classe a cui appartiene il drone, la quota e le coordinate di volo oltre allo status del geofencing.

L’allarme emanato dagli apparati di sicurezza e dalle Forze di Polizia italiane su un probabile uso di droni per eseguire attacchi esplosivi in occasione di eventi pubblici, fa riferimento a fonti fortemente attendibili che hanno evidenziato come, rispondendo all’appello di compiere attacchi contro i cosiddetti infedeli con la finalità di ottenere visibilità e diffondere la paura, possano essere agevolmente costruiti droni con l’ausilio di stampanti 3D nonché con la modifica di UAVs commerciali.

Avvisi di pericolo sottolineati da Europol, con la pubblicazione del periodico rapporto sul terrorismo, il quale pone l’accento sulla preoccupazione che attacchi simili a quelli già in atto in Iraq e Siria possano verificarsi sul territorio europeo; nel corso dell’ultimo anno, più volte il sedicente Stato Islamico ha indirizzato i propri seguaci, attraverso scritti propagandistici anche diffusi sul web, a compiere attacchi letali per mezzo di droni con payload di natura chimica, radiologica o biologica.

Già a settembre il Direttore dell’FBI Christopher Wray riportava al Congresso degli Stati Uniti che terroristi avrebbero potuto impiegare i droni in attacchi definendo tale minaccia imminente, dal momento che l’acquisto e la gestione di UAVs, anche con equipaggiamento chimico o esplosivo, non risultano essere particolarmente onerosi: “We do know that terrorist organizations have an interest in using drones; we’ve seen that overseas already with some growing frequency and I think the expectation is it’s coming here imminently,”; ed ancora, davanti al Comitato del Senato per Homeland Security and Government Affairs, “I think they are relatively easy to acquire, relatively easy to operate, and I think quite diffcult to disrupt and monitor”.

Infine, nell’ambito del XVIII World Summit sul controterrorismo organizzato dall’ICT è stata presentata una simulazione di un attentato condotto con l’impiego di droni ai danni del Vaticano, a valle di uno studio condotto da analisti del servizio di Intelligence israeliano e ufficiali dell’IDF, in considerazione del grande valore simbolico che Piazza San Pietro riveste per i cristiani di tutto il mondo.

In considerazione della crescente attenzione rivolta da Daesh alle infrastrutture critiche, quali ad esempio le ferrovie, gli analisti israeliani hanno altresì ipotizzato un attacco simultaneo ai danni di stazioni ferroviarie nei pressi dello Stato del Vaticano, minaccia veicolata per mezzo di un modello di drone facilmente acquistabile su Amazon alla modica somma di 700 dollari.

Tornando a volgere l’attenzione allo Stato Islamico, è di conoscenza collettiva l’impiego massiccio di aeromobili a pilotaggio remoto, responsabili di numerose missioni che vanno da quelle di ricognizione, di addestramento, fino a giungere a quelle di vero e proprio bombardamento tramite piccoli ordigni, ciò a cura di brigate aeree tra cui la tristemente nota “al-Bara’ bin Halak”.

I velivoli impiegati sono vari; alcuni autoprodotti, altri modificati tramite l’ausilio di stampati 3D, altri ancora di libero commercio quali il tedesco Bormatec modello “Vamp”,
l’aeromobile statunitense ad ala fissa X8 “Skywalker”, il quadricottero “Sky Hunter” della FPV ed il quadricottero cinese DJI “Matrice 100”.

Tecniche di contrasto

Sia che si tratti di tutelare la propria privacy ed ancor più se l’obiettivo sia quello di tutelare la sicurezza e l’incolumità di luoghi e persone, ci sono molteplici modalità tramite le quali è possibile difendersi efficacemente da questi UAVs.

Le tecniche attualmente adoperate risultano essere abbastanza efficaci: sono infatti in grado di rendere innocui e neutralizzare un’aggressione da parte di UAVs grazie al loro preventivo rilevamento, già nelle fasi di decollo per poi seguirne il volo e magari il rientro, in virtù delle emissioni di radiazioni termiche e onde acustiche provenienti dalle eliche.

Per il loro abbattimento, o per rendere gli stessi innocui, vi sono diverse tecniche e tra quelle offensive si annovera l’uso di disturbatori-inibitori (jammers) delle frequenze tipiche per il controllo remoto o per la trasmissione di video o foto (ovvero 433 MHz, 900-915 MHz, 1.3 GHz, 2.4 GHz e 5.8 GHz); tali contromisure elettromagnetiche su cui transitano i comandi del UAV rendono impossibile o quantomeno assai difficoltoso il pilotaggio del drone.

L’intercettazione fisica dell’UAV può avvenire tramite droni-kamikaze, di piccole dimensioni e
costo estremamente contenuto, i quali vengono lanciati in direzione del drone-minaccia fino a causare una collisione, utilizzando volatili, quali falchi o piccioni opportunamente addestrati al medesimo scopo, oppure attraverso l’abbattimento a mezzo di armi lunghe ad aria compressa.

L’accecamento tramite laser della fotocamera del drone è un’altra tecnica impiegabile, la quale sfrutta l’incapacità del pilota di riuscire a programmare il “rientro” del drone in assenza di immagini che consentano l’esatta georeferenziazione del UAV (in quanto il GPS di tali velivoli non ha un’elevata precisione).

Tra le tecniche difensive e di allarme è possibile segnalare l’uso di lenze da pesca o reti in nylon le quali rappresentano una barriera passiva idonea a proteggere aree ritenute “no fly zone”, piuttosto che i percettori acustici, in grado di lanciare un segnale di pericolo nel momento dell’individuazione del drone tramite sensori di diversa natura, consentendo in tal modo agli operatori della vigilanza di procedere tempestivamente con le misure offensive ritenute più opportune.A cura di: Claudia Petrosini e Stefano Scaini

Profilo Autore

La Dott.ssa Claudia Petrosini è specializzata nel settore della Difesa CBRN. Nel 2015 ha conseguito un Master in studi strategici e sicurezza internazionale presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia e nel novembre 2016, con una tesi dal titolo “Infrastrutture critiche italiane: pervenire ad una mappatura territoriale dei rischi CBRN”, ha conseguito il Master in protezione strategica del sistema Paese presso la SIOI - Società Italiana per l’Organizzazione Internazionale. Nel 2019 ha frequentato, presso l’ICTP - International Centre for Theoretical Physics, la Joint ICTP-IAEA International School on Nuclear Security. E’ coautrice del volume dal titolo "Terrorismo e Soft-target" (EPC Editore – 2020) nonché di numerose e riconosciute pubblicazioni tecnico-scientifiche in campo nazionale.

Profilo Autore

Stefano Scaini opera nei settori Security e Safety dal 1993 fornendo servizi, consulenze e contributi didattici in merito a sicurezza, tecnologie ed applicazioni sia civili che militari, con particolare riferimento agli aspetti dual-use e quanto afferente ai settori Sicurezza, Protezione e Difesa di assets critici. Certificato Professionista della Security di III livello - Senior Security Manager in conformità alla norma UNI 10459:2017, è altresì certificato con merito al livello AMBCI presso The Business Continuity Institute. Certificato P.F.S.O., C.S.E., R.S.P.P., Covid Manager, Tecnico Ambientale e Coordinatore 257/'92, è in possesso dal 1996 dell'idoneità tecnica all’impiego di materiali esplodenti (ai sensi dell’Art. 27 del D.P.R. n°302/'56) ed iscritto al Ruolo dei Periti e degli Esperti della CCIAA di Parma nella Categoria CHIMICA-Esplosivi.

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