I droni dello Stato Islamico

Il nuovo obiettivo che i jihadisti dello Stato Islamico si propongono di colpire sono i mondiali di calcio in Russia.

Nel web è stato diffuso un video, dove la qualità di certo non è quella alla quale lo Stato Islamico ci ha abituati sino ad ora, dove jihadisti del ramo caucasico legati all’organizzazione terroristica minacciano di colpire duramente la capitale russa e le città dove si svolgono le manifestazioni sportive.

Gli apparati di Intelligence stanno valutando il tenore della minaccia, anche se non è la prima volta, visto che lo Stato Islamico ha dichiarato più volte di voler effettuare attacchi con l’uso di droni.

Il 29 giugno 2014, il primo giorno del mese sacro di Ramadan dell’anno musulmano 1435, dove Abu Bakr al-Baghdadi salito sul minbar della moschea al-Nuri di Mosul dopo una lunga predica ricca di citazioni di ideologia sunnita e principi salafiti-takfiri, si proclama “Il Califfo di tutti i musulmani” e annuncia alla ‘umma che “Il Califfato è stato fondato”.

Nasce così lo Stato Islamico, al-Dawla al-Islamiyya (الدولة الإسلامية‎) con province amministrate nei territori di Iraq e Siria, nonché, di “colonie” distanti come Libia o altre regioni africane.

Nel tempo l’organizzazione ha potuto contare su un esercito numeroso e ben equipaggiato riuscendo ad attaccare e contrapporsi alle truppe della Coalizione internazionale presente nella dar al-Islam, nonché, della fazione sciita.

Le milizie dell’IS oltre ad essere equipaggiate con armi e armamenti convenzionali, hanno introdotto l’utilizzo anche di “mezzi” innovativi, infatti si è visto un impiego massiccio di aeromobili a pilotaggio remoto (UAV), meglio noti come droni, per l’esecuzione di diverse missioni militari.

E’ nata così la famigerata brigata aerea “al-Bara’ bin Halak”, che ha condotto sui territori iracheni e siriani, diverse missioni di addestramento, di ricognizione e di “bombardamento”.

Le truppe governative in chiave anti-IS a seguito di mirate operazioni di contrasto, hanno rinvenuto e sequestrato dettagliati report delle missioni aeree, dedicate soprattutto allo spionaggio con il fine di individuare e localizzare le truppe avversarie.

Dai report sequestrati è stato possibile analizzare i dettagli operativi delle missioni, e come dimostra la foto sopra riportata, il 22 febbraio del 2015, tre miliziani “effettivi” alla citata brigata hanno compiuto una missione di ricognizione grazie alla quale ben 8 obiettivi sono stati registrati nel governatorato di Ninawa. Nello specifico il drone viene lanciato dalla località montana di Bashiqa – distretto di Mosul nel nord dell’Iraq – ed ha raggiunto l’obiettivo distante circa 8 chilometri.

Tra i velivoli preferiti, come quello utilizzato in occasione della missione in questione, vi è lo “Sky Hunter” ad alimentazione elettrica, il quale ha effettuato un volo complessivo di circa 21 chilometri durato almeno 30 minuti. Missione conclusa con la cattura di immagini di interesse operativo, ovvero, della localizzazione di un tank delle truppe militari irachene.

Diversi esemplari di droni sono stati sequestrati, tra questi anche esemplari del tipo FPV ad ala fissa, già pronti per il loro assemblaggio finale e successivo utilizzo.

UAV dello Stato Islamico abbattuti e sequestrati

Le immagini ritraggono droni sequestrati ed abbattuti, e si nota il Bormatec modello “Vamp” di fattura tedesca, con propulsore ad alimentazione elettrica, il cui peso si aggira intorno ai 2 chilogrammi e in grado di trasportare carichi di un chilogrammo.

Immagini di propaganda, inoltre, hanno consentito di identificare tra i droni prediletti dalla brigata aerea dello Stato Islamico il modello X8 “Skywalker”; si tratta di aeromobile ad ala fissa di fattura statunitense dai prezzi contenuti, infatti, è acquistabile anche on-line con soli 160 $.

Il drone ha un’autonomia operativa di 3 ore ed una gittata di circa 10 km, caratteristiche garantite da un propulsore ad alimentazione elettrica i cui tempi di ricarica sono relativamente bassi, ovvero, 3 ore.

Le truppe governative dell’esercito nel febbraio del 2017 hanno abbattuto un drone dello Stato Islamico dedicato a missioni di “bombardamento” nei pressi di Mosul, dove un quadricoptero modificato era capace di trasportare granate da fanteria o, in alternativa, tubi in PVC al cui interno è stato compresso del materiale esplosivo.

La granata esplosiva improvvisata, una volta individuato l’obiettivo, veniva sganciata grazie ad un comando a distanza la cui gittata veniva resa il più possibile precisa grazie all’applicazione di piume di palline da volano applicate alle estremità del tubo rendendo, quindi, la sua caduta maggiormente equilibrata.

I diversi congegni accessori sono stati realizzati grazie all’ausilio di stampanti 3D.

Il quadricoptero era un DJI “Matrice 100” già capace di trasportare un carico di un chilogrammo senza alcuna difficoltà, con un’autonomia variabile tra i 30 e i 40 minuti.

UAV DJI Matrice 100, abbattuto dalle truppe irachene a Mosul

La comunità internazionale di Intelligence teme che attacchi simili possano essere compiuti anche sul suolo europeo o di altri paesi occidentali della Coalizione anti-IS, vista la facilità con la quale un drone può essere acquistato o modificato opportunamente.

A livello globale il mercato dei droni cresce sempre più, e grazie ai loro prezzi accessibili, sono largamente utilizzati in diversi settori, quali civili, commerciali, o nel settore della sicurezza militari.

Al di là delle recenti minacce nei confronti dei campionati russi di calcio, le provocazioni o i timori che attacchi possano provenire dai cieli è sempre maggiore, basti pensare all’atterraggio di un drone del tipo Phantom 3 sul prato della Casa Bianca, o sul tetto della sede del primo ministro a Tokyo.

Tra gli altri “incidenti” va annoverato quello avvenuto in occasione di un comizio politico a Dresda, dove la cancelliere tedesca Angela Merkel ha avuto un incontro ravvicinato – pochi centimetri dal palco – con un piccolo drone utilizzato per scattare fotografie da parte di una locale testata giornalistica.

Anche la criminalità in taluni casi ha fatto uso di droni, come il trasporto e consegna di merce di contrabbando, infatti, della sostanza stupefacente è stata “consegnata” all’interno di un carcere nella contea britannica di Bedfordshire.

Recentemente gli apparati di sicurezza e le Forze di Polizia italiane hanno emanato un alert su un probabile uso di droni per eseguire attacchi esplosivi in occasione di eventi pubblici; infatti, fonti informative fortemente attendibili hanno evidenziato come jihadisti, in risposta all’appello di attacchi contro gli infedeli, possano costruire droni con stampanti 3D assemblando gli stessi con diversi materiali, oppure, modificare UAV commerciali e compiere missioni aeree letali.

Anche l’EUROPOL con la pubblicazione del periodico rapporto sul terrorismo, ha espresso forte preoccupazione che attacchi simili a quelli condotti in Iraq e in Siria possano verificarsi sul territorio europeo da parte di jihadisti dello Stato Islamico; infatti, diversi scritti propagandistici datati il 2016 e diffusi su piattaforme web, invitavano i miliziani di tutto il mondo a compire il jihad per mezzo di droni o di materiale di natura chimica, radiologica o biologica.

Preoccupazione condivisa dall’Intelligence statunitense, tant’è, il direttore dell’FBI – Cristopher Wray – ha comunicato formalmente al Congresso che gruppi terroristici vicini all’ideologia jihadista dello Stato Islamico sono realmente intenzionati all’uso di droni per attaccare il suolo degli States.

Il direttore dell’FBI ha altresì rassicurato i membri del Senato dichiarando che i droni sono mezzi facili da monitorare e gestire, e che diverse strategie di contrasto sono già operative o in fase di potenziamento, anche in collaborazione con le altre agenzie antiterrorismo.

Analisti del servizio di Intelligence israeliano e ufficiali dell’IDF, si sono spinti nel simulare un attentato condotto con l’impiego di droni ai danni del Vaticano, considerato obiettivo di “elevato valore simbolico” della fede cristiana.

Simulazione presentata in occasione del 18° World Summit sul controterrorismo organizzato dall’ICT, dove è stata posta particolare attenzione sul probabile rientro di alcuni dei ben addestrati 1.250 foreign fighters dello Stato Islamico nei paesi di origine europei, e alla possibile realizzazione di attacchi terroristici con il modus operandi in questione.

Lo studio oltre a ritenere l’Inghilterra, la Francia e l’Italia tra i paesi come probabili obiettivi da colpire, inserisce anche lo Stato del Vaticano e quindi il compiere un attacco suicida ai danni del Santo Padre in occasione di una celebrazione religiosa domenicale.

Gli analisti israeliani hanno ipotizzato, inoltre, un attacco simultaneo anche ai danni di stazioni ferroviarie nei pressi dello Stato Vaticano da compiere con un drone di tipo commerciale, acquistabile su Amazon con soli 700 $ statunitensi.

E’ evidente la necessità di poter contare su impianti normativi ad hoc, affinché l’utilizzo dei droni avvenga senza ledere il diritto di alcuno, e quindi, senza creare problemi alla sicurezza e all’ordine pubblico.

Attività che va necessariamente affiancata da un continuo studio e progettazione di efficaci strumenti o mezzi tecnologici di contrasto all’emergente minaccia, al fine di dare risposta all’annoso quesito: è possibile neutralizzare la minaccia di un drone utilizzato per finalità criminali o terroristiche? E come?

Diverse tecniche oggi vengono utilizzate per l’individuazione e abbattimento di “UAV aggressivi”, dalle più semplici ed economiche a quelle maggiormente sofisticate.

Seppur di dimensioni limitate, i motori dei droni durante il loro funzionamento emettono radiazioni termiche e onde acustiche dalle eliche, ciò permette di individuare la loro approssimativa posizione da parte di radar dedicati. Siamo di fronte a vere e proprie operazioni di Surveillance & Target Acquisition.

Per il loro abbattimento, o per rendere gli stessi innocui, come già detto vi sono diverse tecniche tra quelle più efficaci va annoverata, senz’altro, la tecnica della “Inibizione del segnale radio”.

Si tratta di una tecnica adottata dal settore militare, poi affinata, che prevede l’utilizzo di apparecchiature Jammer in grado di bersagliare il “drone minaccia” con onde radio e creare così un disturbo di segnale tra l’UAV e il telecomando.

I droni in commercio lavorano su frequenze tipiche per il controllo remoto e per la trasmissione di video o foto, ovvero, 433MHz, 900-915 MHz, 1,3 GHz, 2,4 GHz o 5,8 GHz nei confronti delle quali è possibile lanciare contromisure elettromagnetiche.

Contromisure che consentono di “agganciare”, e quindi intercettare il link di comando o video del drone e procedere alla geo-referenziazione del velivolo, nonché, del telecomando del pilota; il segnale intercettato può essere anche inibito interrompendo la comunicazione tra i due.

Il drone “colpito” di conseguenza perderà potenza, il controllo da parte del pilota sarà di certo impossibile tanto da non poter eseguire l’atterraggio del velivolo in una determinata area, o il rientro dello stesso dal punto di partenza.

E’ bene rammentare, infatti, che molti UAV sono muniti di dispositivi GPS e della nota funzione “return to home”, ovvero, sistemi automatici che si attivano qualora si verifichi l’interruzione di segnale dalla postazione di comando remota e il drone. Detta funzione consente, dall’altra parte, di tracciare il segnale di trasmissione drone-pilota, e quindi individuare la posizione esatta di quest’ultimo.

Gli apparati jammer, come di seguito illustrato, appaiono come veri e propri fucili in grado di emettere onde elettromagnetiche grazie ad antenne dalle elevate capacità di direttività, che rendono il “tiro” molto preciso, infatti, si consideri che il cono di azione delle suddette antenna è pari a 30°.

Il sistema d’arma, noto col nome commerciale Drone Defender, è prodotto dalla casa statunitense Battelle, ed è già in dotazione alle truppe americane operative in Iraq. Il raggio di azione efficace del dispositivo è di circa 400 metri, con una autonomia operativa di circa 5 ore, e il peso di 4,5 chili rende tale arma facilmente brandeggiabile.

Unità operative del Syrian National Defense Forces utilizzano il suddetto sistema d’arma per neutralizzare i droni delle brigate aeree dello Stato Islamico, infatti, come si evince dall’immagine seguente, il Drone Defender è installato su un pick-up col quale è stato possibile abbattere un drone spia.

Operazioni simili sono state brillantemente condotte da squadre specializzate nell’uso del Drone Defender, soprattutto nei centri abitati siriani di Hama, di Latakia e in quartieri occidentali di Aleppo.

Diversi servizi giornalistici hanno reso possibile, inoltre, confermare l’uso da parte delle truppe regolari dell’esercito iracheno, nei quartieri di Mosul, di altro sistema anti-drone. Si tratta del sistema di fattura coreana MD-1, in grado di proiettare un fascio di onde elettromagnetiche a notevoli distanze, almeno 1.100 metri con un cono di azione che varia tra i 100 e i 300 metri.

Il sistema coreano può utilizzare anche sistemi di visione notturna o rilevazione termica di obiettivi, particolarmente efficace in presenza di condizioni ambientali caratterizzate da scarsa visibilità o condizioni meteo avverse.

MD-1

Come è noto, il 17 ottobre 2017 avviene la liberazione della città di Raqqa, considerata capitale e ultima roccaforte del Califfato, dopo duri e lunghi combattimenti tra le unità dell’SDF, il Syrian Democtratic Forces, affiancate da militari delle forze curdo-siriane dello Ypg e assistiti dall’aviazione militare statunitense contro i miliziani jihadisti ivi riparati.

Ciò ha provocato l’indebolimento delle ultime sacche di resistenza, diversi jihadisti si sono arresi volontariamente, mentre, altri si sono dati alla fuga in direzione di centri cittadini iracheni di Rawa e Qaim, o verso la città siriana di Deir Ezzor. Molti foreign fighters si sino riparati in dette località per riorganizzarsi o tentare il rientro nei paesi di origine.

Lo Stato Islamico è stato sconfitto “militarmente” sui terreni iracheni e siriani ma non “ideologicamente”, circostanza questa, che potrebbe costringere i suoi adepti a latitanze in aree favorevoli, dove pianificare nuovi attentati o attacchi contro il nemico occidente e suoi alleati.

Il Califfato, quindi, come nei primi anni di vita, potrebbe riassumere l’assetto operativo di un’organizzazione terroristica con finalità e modus operandi caratterizzate dalla clandestinità e con l’obiettivo di colpire il nemico con letali ed efficaci attentati.

Operazioni di martirio complesse o più semplici azioni di self jihad, condotte con accoltellamenti o investimento di cittadini inermi dentro e fuori i confini della dar al-Islam, e quindi con forte probabilità che ciò accada nuovamente in occidente.

Tra le modalità operative degli attacchi, pertanto, potrebbero trovare facile applicazione anche il collaudato uso di droni esplosivi come avvenuto in Siria e in Iraq.

A cura di: Enrico Colarossi

Profilo Autore

Già appartenente a Nucleo Investigativo di forza di polizia, analista del fenomeno del terrorismo internazionale, con particolare attenzione, all’estremismo fondamentalista di matrice islamica e del processo di radicalizzazione.
Cultore di geopolitica nel settore dell’analisi strategica dei paesi arabi e medio-orientali, conoscitore e studioso della lingua e cultura araba.

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