Hybrid Threats e Hybrid Warfare

Con la fine del bipolarismo U.S.A. – U.R.S.S. e la formale conclusione della cd. guerra fredda, fondata sul cd. gioco a somma zero, dove entrambi i Paesi sulla base della minaccia nucleare tendevano a contenere i propri atteggiamenti aggressivi e quelli degli Stati orbitanti nelle reciproche aree di competenze, i principi dell’impostazione Westfaliana vennero sconvolti, delineando uno scenario internazionale totalmente diverso dal passato.

Oggi lo scenario geopolitico internazionale è caratterizzato da un livello crescente di complessità, incertezza, dinamicità e imprevedibilità soprattutto tra gli attori in campo. Questi possono essere soggetti statuali e non statuali, i cd. non state actors, gruppi terroristici e organizzazioni criminali, techno companies, centri della finanza o anche singole città. Il tessuto connettivo che mette in relazioni tutti questi attori è oggi rappresentato da internet e dalle nuove tecnologie ICT le quali hanno proiettato l’intero pianeta sul piano della globalizzazione ma, nello stesso tempo, hanno trasformato il piano della sicurezza interna e internazionale da fisico a cognitivo.

La minaccia con la quale oggi il mondo occidentale deve confrontarsi risulta caratterizzata dalla asimmetricità, intendendo con questo termine una situazione in cui la condizione delle forze dei soggetti coinvolti differisce significativamente. Proprio per questo motivo il soggetto più debole ha nel tempo sviluppato una serie di tecniche alternative finalizzate a colmare il gap con la parte più forte e a causare il maggior danno possibile all’avversario, impedendo a quest’ultimo di prevedere la direzione, l’intensità e il modus della minaccia o dell’azione. Oggi però la minaccia appare ancora più complessa in quanto permeata da una sorta di opacità multilivello che impedisce di rendersi chiaramente conto di essere sotto attacco. All’interno della comunità accademica e militare si parla infatti di minaccia ibrida.

Sebbene questa, nella sua struttura più intima, non rappresenti una novità (in quanto le guerre hanno sempre coinvolto aspetti trasversali della società) è anche vero però che con lo sviluppo tecnologico e la diffusione dell’informazione tale approccio appare molto più pericoloso e subdolo.

Le minacce ibride sono state definite in vari modi; il NATO Capstone Concept 2010, le definisce come “those posed by adversaries, with the ability to simultaneously employ conventional and non-conventional means adaptively in pursuit of their objectives”.

Anche l’Unione Europea ha avanzato una possibile definizione di hybrid threats sostenendo che “…the concept aims to capture the mixture of coercive and subversive activity, conventional and unconventional methods (i.e. diplomatic, military, economic, technological), which can be used in a coordinated manner by state or non-state actors to achieve specific objectives while remaining below the threshold of formally declared warfare. There is usually an emphasis on exploiting the vulnerabilities of the target and on generating ambiguity to hinder decision-making processes. Massive disinformation campaigns, using social media to control the political narrative or to radicalise, recruit and direct proxy actors can be vehicles for hybrid threats”.

Nel dibattito sviluppatosi intorno alle hybrid threats e all’hybrid warfare, si usa fare riferimento ad un articolo scritto dal Capo di Stato Maggiore delle forze armate russe, Valery Gerasimov denominato The Value of Science Is in the Foresight New Challenges Demand Rethinking the Forms and Methods of Carrying out Combat Operations, pubblicato nel 2013, e alla successiva evoluzione della situazione Ucraina. Nell’articolo veniva spiegato l’approccio russo alle nuove forme di conflittualità sostenendo inoltre che oggi la distinzione tra una condizione di pace e una di guerra non è più così chiara; le guerre non sono più precedute da una dichiarazione ufficiale e, una volta iniziate, procedono secondo un modello non usuale. Secondo l’ufficiale russo, nell’attuale contesto internazionale l’uso della forza non risulta più essere il mezzo più idoneo per il conseguimento dei fini di uno Stato. Al contrario, è la combinazione nell’utilizzo di IoP (Instruments of Power) politici, economici, informativi, umanitari e di tutti gli altri non – military means che permetterà il raggiungimento di determinati obiettivi strategici. In un contesto del genere l’evoluzione dello strumento tecnologico, in tutte le sue forme di ICT, non può che supportare l’ulteriore sviluppo di tale visione soprattutto per quanto riguarda gli aspetti di natura informativa/cyber.

Da un punto di vista più operativo risulta utile effettuare una distinzione tra quelle che possono essere definite come hybrid operations e quella che comunemente viene definita hybrid warfare. Le prime rappresentano un momento all’interno dello spettro della conflittualità ibrida in cui la parte attaccante, che può essere rappresentata da uno Stato o da un non – state actor, non utilizza lo strumento militare a sua disposizione ma fa affidamento sull’impiego di altri IoP per il perseguimento dei propri fini, restando così al di sotto di una determinata soglia legale che, se superata, provocherebbe una reazione in legittima difesa supportata da diritto internazionale; l’hybrid warfare, invece, è una situazione in cui l’attaccante ricorre all’uso aperto della forza armata contro un paese o un non-state actor, insieme all’utilizzo degli altri IoP. Il ricorso alla forza armata può avvenire o attraverso lo strumento militare proprio dello Stato, oppure attraverso proxies che agiscono per suo conto o con il suo supporto, o ancora attraverso atti di terrorismo, oppure attraverso attacchi cyber. Nel caso in cui uno Stato utilizzi proxies, non state actors o organizzazioni terroristiche, rimarrebbe comunque ambiguo il superamento della soglia legale in quanto andrebbe provato il legame tra lo Stato istigatore, o fornitore del supporto, e l’entità agente.

In sostanza i due fenomeni possono dunque essere definiti come l’uso sincronizzato di molteplici Instruments of Power, identificati con l’acronimo di MPECI (Militare, Politico, Economico, Civile, Informativo) o DIMEFIL (Diplomatico, Informativo, Militare, Economico, Finanziario, Intelligence, Law Enforcement), all’interno dei quali possono essere ricondotti ulteriori strumenti come la tecnologia, la criminalità, il terrorismo, la pressione finanziaria, l’intelligence, la disinformazione. Tali strumenti, adattati per essere impiegati contro specifiche vulnerabilità dell’avversario lungo l’intero spettro delle funzioni sociali (PMESII = Politico, Militare, Economico, Sociale, Infrastrutture, Informativo) e utilizzati in modo da poter aumentare o diminuire l’intensità di ognuno, sono volti al conseguimento di effetti multipli e sinergici, al di sotto di una determinata soglia legale. Tale limite risulta particolarmente importante nello studio del fenomeno in oggetto in quanto è proprio il posizionamento al di sotto di tale soglia che permette all’attaccante di muoversi senza che possa essere intrapresa una legittima azione di risposta. In questa comfort zone possono essere quindi utilizzati i vari IoP in modo tale da sfruttare le vulnerabilità dell’avversario senza che questi, molto spesso, sia consapevole di subire un’azione ostile.

L’influenza esercitata all’interno di paesi stranieri durante le fasi elettorali attraverso l’utilizzo di campagne di disinformazione, di social media trolls e di narrative artefatte, è solo un esempio di come, attraverso l’utilizzo di vari strumenti di potere come la propaganda, l’informazione e la tecnologia, un determinato attore possa orientare le azioni e sfruttare le vulnerabilità del proprio avversario per finalità proprie.

Fonte: MCDC Countering Hybrid Warfare Project: Understanding Hybrid Warfare

Come previsto da diversi documenti UE e Nato al fine di contrastare questo tipo di conflittualità è necessario applicare quello che comunemente viene definito come comprehensive approach che veda coinvolti tutti gli attori europei in uno sforzo corale volto alla difesa della integrità e degli ideali che guidano l’attività dell’Unione e della Nato. Per farlo è necessario approfondire il tema in oggetto al fine di identificare una serie di indicatori di hybrid threats e sviluppare, contestualmente, un insieme di contromisure che vedano coinvolte tutte le varie articolazioni sociali ed istituzionali all’interno del contesto europeo o atlantico. La cooperazione tra le due organizzazioni risulta perciò fondamentale per un approccio olistico del problema.

A cura di: Andrea Strippoli Lanternini

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