Essere donna che lavora nel settore cyber nel 2024: Federica Maria Livelli una rôle model
Le donne che si occupano di cybersecurity hanno un insieme distinto di competenze che possono essere ancora più efficaci delle conoscenze tecniche. Ma come avvicinarsi al settore? Ne parliamo con Federica Maria Rita Livelli – Training Center Director, BeDisruptive.
Quale è il tuo percorso formativo? Come si arriva dalle materie umanistiche a quelle stem?
Parto da un percorso formativo umanistico, ma sono sempre stata affascinata dalla scienza e dalla tecnologia e, alla fine, dieci anni, fa ho iniziato ad avvicinarmi anche al mondo della cybersecurity partendo dalla certificazione di business continuity, risk management. Grazie alla curiosità ed alla caparbietà che mi contraddistinguono, sono riuscita a far riconoscere le mie capacità e progressivamente essere apprezzata in contesti difficili anche in termini associativi e ad accrescere la mia professionalità e visibilità, ricoprendo nel tempo sempre più ruoli istituzionali.
In questi anni ho anche supportato Donne 4.0 e, di fatto, contribuendo a redigere i Desiderata/Manifesto della Community che è stato poi presentato al G20 del 2022. Ma non solo, in qualità di riconosciuta cyber lady, cerco di contribuire – appena posso – alle attività dell’associazione Women for Security. Inoltre, sono membro de: Comitato Scientifico del Clusit – Associazione Italiana per la Sicurezza Informatica, oltre a partecipare attivamente a diversi tavoli di lavoro su space economy, supply chain, Artificial Intelligence; Comitato Scientifico dell’Ente Nazionale per l’Intelligenza Artificiale (ENIA); Digital Committee della Federation of European Risk Management Associations (FERMA); Board del Business Continuity Institute (BCI) – Cyber Resilience Group.
Ancora, partecipo attivamente ad iniziative pro-bono atte sensibilizzare le donne e le ragazze in termini di superamento di gender diversity, opportunità di studio derivanti dalle materie STEM, oltre a far conosce loro le diverse professionalità lavorative in tutti i contesti associativi, culturali e universitari con cui mi interfaccio o collaboro professionalmente.
Quali sono i momenti più salienti della tua carriera lavorativa?
Indubbiamente è stata importante la mia esperienza in Tiscali, a fianco di Renato Soru, soprattutto dopo la acquisizione del gigante globale del settore World Online, che mi ha permesso di conoscere persone eccezionali all’alba della diffusione di internet in Italia e che ha rafforzato ulteriormente la mia curiosità e determinato la scelta di aumentare la mia conoscenza in campo tecnologico. Di fatto, io parto sempre dal presupposto che la tecnologia fa parte della nostra vita e non possiamo fare altro che approfondirne la conoscenza per utilizzarla al meglio e a nostro vantaggio.
Successivamente, avendo di fatto empiricamente nel corso della mia vita applicato sempre i principi del rischio e della continuità, ho acquisito le certificazioni in risk management e in business continuity ed ho continuato a studiare per diffondere la cultura della resilienza anche in ambito cyber. Inoltre, grazie alle mie capacità di comunicazione e di “traduttrice” sono continuamente “utilizzata” da numerose testate di settore per rendere accessibili argomenti tecnici e ciò mi porta sempre a studiare e ad ampliare i miei orizzonti.
La mia massima soddisfazione è essere stata contattata da numerose primarie università – non solo in Italia ma anche all’estero- per erogare moduli di insegnamento su queste tematiche, oltre a diffondere la cultura della cyber resilience in diversi seminari e conferenze nazionali ed internazionali.
Insomma, mi ritrovo ad essere una sorta di antico “magister” nell’accezione latina del termine – i.e. colui che indica la via – soprattutto convincendo le donne e le ragazze a considerare la carriera in ambito tecnologico. Questa condivisione di esperienza e conoscenza è stata di supporto a molte delle mie studentesse, che mi contattano ancora, ringraziandomi per aver loro fatto scoprire il mondo poliedrico della resilienza e averle supportate nel considerare un percorso tecnico professionale in tale ambito.
Inoltre, la mia creatività e pragmatismo, proprio durante la pandemia, mi ha portato a creare – unitamente ad un partner tecnologico – una piattaforma per misurare lo stato di resilienza delle organizzazioni e che ha ricevuto anche riconoscimenti associativi, dimostrandomi ulteriormente che anche gli studi umanistici, abbinati a conoscenze tecniche, possono rivelarsi una “pozione” magica per considerare ruoli professionali in differenti contesti.
Cosa vuol dire per una donna lavorare nel mondo dell’innovazione tecnologica?
Significa non rinunciare ad essere sé stessa, mettere a disposizione le proprie caratteristiche, fare parte di questo mondo meraviglioso in continuo divenire, che ci porta più a riflettere sulla centralità delle persone soprattutto in ambito tecnologico.
Come diceva Dante: “Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e conoscenza” …. La conoscenza per acquisire consapevolezza alla base di qualsiasi approccio tecnologico, ma anche di vita. “Conosci te stesso”, diceva l’oracolo di Delfi – massima quanto mai attuale – e, aggiungo, unita alla ragion critica ed all’approccio scientifico, punto di partenza per poter essere protagoniste di questa società sempre più “bionica”, i.e. fatta di tecnologia e persone che devono essere in grado di utilizzare la tecnologia a proprio vantaggio e, al cintempo, trovare un proprio ruolo nella società.
Quale è la più grande sfida che hai dovuto affrontare?
Ricominciare da zero , reinventarmi e autorizzarmi a scegliere quello che più mi intrigava e interessava, i.e. la tecnologia, la formazione e la diffusione della cultura della resilienza declinata in tutte le sue sfaccettature attraverso la docenza, la pubblicazione di articoli e white paper, oltre alla partecipazione a webinar, seminari e conferenze. Per cui studio ed aggiornamenti continui, curiosità ed umiltà. Ma i risultati, dalla prime certificazioni conseguite cinque anni fa, dimostrano che avevo ragione ad autorizzarmi a essere quella che sono ed avvicinarmi sempre più al mondo della tecnologia e della cybersecurity. Ovvero, per me, è come un percorso quasi iniziatico, un cammino sine die verso la conoscenza dei rischi e delle sfide che il mondo tecnologico comporta e, soprattutto, senza trascurare di condividere questo sapere con tutta la galleria umana – donne e ragazze in primis – che incontro.
Ora il prossimo obiettivo è acquisire ulteriori certificazioni, più tecniche, approfondire la tecnologia che avanza e si evolve velocemente, oltre a partecipare a nuovi tavoli istituzionali nazionali ed internazionali per far ascoltare la mia “voce”.
Ci sono stati momenti difficili in un mondo dominato dagli uomini? Se sì come hai reagito e cosa consiglieresti alle ragazze per gestire questo contesto?
Nella mia vita professionale mi sono sempre trovata in ambienti altamente caratterizzati da presenza maschile e Top Management altamente conservativi, che rendevano difficile la partecipazione “attiva” da parte delle professioniste. Tuttavia, come una mosca bianca, sempre con caparbietà, umiltà e, in alcune occasioni, senza avere gli skill “tecnici” ho saputo cogliere le sfide e conquistare la fiducia anche dei personaggi maschili più difficili a tal punto che, più di una volta, mi è stato chiesto di gestire le cosiddette “mission impossible” dato che a detta dei più ero in grado con “leve inedite ed inusuali” far breccia e trovare, con “il buon senso”, le soluzioni più opportune in modo più innovativo ed inaspettato, raggiungendo così gli obiettivi assegnatami e superando le aspettative.
Indubbiamente mi ha facilitato il fatto di aver avuto sia la fortuna di imbattermi in persone “illuminate” sia di non smettere mai di imparare, di ascoltare e di applicare la “simpatia” nell’accezione latina del termine – i.e. sentire insieme – che mi ha permesso di aprire numerose porte precluse ad altre donne.
Nello scenario che stiamo vivendo, non posso che esortare le donne e le ragazze ad avvicinarsi al mondo STEM. Di fatto, la tecnologia sta creando le professioni del futuro ed inevitabilmente assisteremo ad uno spartiacque in campo professionale. Ovvero, ci sarà una netta distinzione tra coloro che possono intraprendere questi nuovi percorsi di carriera basati sulla tecnologia e coloro che saranno esclusi perché non parleranno il linguaggio della tecnologia. Il rischio è che le donne siano lasciate fuori dai processi formativi necessari per acquisire gli strumenti del futuro.
Il mio desiderata per il prossimo futuro, nel ruolo professionale che attualmente ricopro, è di contribuire a fornire percorsi di up-skilling e re-skilling oltre che laboratori altamente specializzati in ambito cyber, atti a favorire la partecipazione delle donne allo sviluppo tecnologico e, al contempo, promuovere una maggiore diversità per garantire profili diversificati che apportano una ricca gamma di esperienze di vita e garantiscono così che l’intera esperienza umana sia rappresentata.
Hai avuto delle role model? Cosa ti hanno insegnato?
Le professioniste in ruoli di cybersecurity sono indubbiamente delle “role model” per le generazioni più giovani e incoraggiano le donne a intraprendere carriere nel campo della sicurezza e della tecnologia. Vedere altre le donne avere successo in un campo come la cybersecurity può spingere a prenderlo in considerazione come una valida opportunità di lavoro e di carriera. Personalmente non ho avuto role model in campo della cybersecurity, ma non posso dimenticare quando ho avuto modo di incontrare il premio model Rita Levi Montalcini e lavorare con lei per una pubblicazione di carattere scientifico ed apprezzarne la capacità di condivisione del sapere; oppure partecipare a diverse sessioni formative della associazione Woman in Technology fondata da Gianna Martinengo, i.e. la prima donna italiana a Palo Alto, una delle prime professioniste insignite del premio Bellisario e che ancora oggi ricopre importanti ruoli internazionali in ambito tecnologico. Senza dimenticare mia madre, mia zia e la mia nonna materna che mi hanno sempre insegnato ad imparare, disimparare ed imparare di nuovo, a pormi obiettivi ambiziosi e a superare gli ostacoli senza mai desistere in ambienti anche ostili al genere femminile, dimostrandomi “resiliente” ovvero , rimandando al titolo dell’opera del premio Nobel della letteratura Grazia Deledda, come una “canna al vento” mi piego, ma non mi spezzo.
Perché il cyber ha bisogno di donne?
Il campo della sicurezza informatica è ancora dominato dagli uomini e continuano a persistere notevoli divari di genere nella forza lavoro. Questa discrepanza crea una barriera significativa per le aspiranti donne che cercano di scalare le classifiche in questo settore. Anche la discriminazione e le disuguaglianze di opportunità contribuiscono a questo problema, limitando la diversità e ostacolando i progressi verso la creazione di soluzioni di sicurezza più innovative.
Di fatto, le prospettive diverse sono preziose in qualsiasi campo, ma la necessità di diversità è di un ordine di grandezza superiore, considerando il settore che affronta una varietà di minacce in continua espansione. Inoltre, Dice Research – settore di ricerca della società di selezione statunitense Dice – ha rivelato in uno studio del 2022 che le donne possiedono generalmente il 52,5% in più di competenze trasversali rispetto agli uomini in quattro aree chiave: leadership, capacità interpersonali, capacità analitiche e attributi personali. Ciò evidenzia il potenziale non sfruttato delle donne nel settore della cybersecurity, oltre a evidenziare l’importanza di promuovere una maggiore diversità e inclusione nelle organizzazioni.
Dobbiamo aver il coraggio di ammettere che il “re è nudo”, ovvero: abbiamo bisogno di più donne nel settore tecnologico anche per una questione di numeri dato che, man mano che sempre più dati si spostano online, il campo della cybersecurity è in rapida crescita e sta affrontando una massiccia carenza di talenti.
Le donne possiedono un’ampia gamma di competenze che sono altamente pertinenti per la cybersecurity, tra cui – una forte capacità comunicativa, l’attenzione ai dettagli e capacità di pensiero analitico. Di fatto, la presenza delle donne e delle ragazze nel settore della cybersecurity contribuisce a garantire:
- Diversità di pensiero – Le donne, dai diversi background e molteplici esperienze, possono fornire punti di vista diversi e soluzioni innovative a sfide che potrebbero non essere superate da un gruppo omogeneo.
- Diversità in termini di set di abilità – Le donne possiedono un’ampia gamma di competenze che sono altamente pertinenti per la cybersecurity, tra cui una forte capacità comunicativa, l’attenzione ai dettagli e capacità di pensiero analitico. Queste caratteristiche sono cruciali l’analisi delle minacce, la valutazione dei rischi e la comunicazione della sicurezza.
- Capacità di dinamiche di squadra e migliore risoluzione dei problemi – La diversità di genere e di esperienza pregressa porta a una migliore dinamiche di squadra. Team composti da persone con punti di vista diversi tendono a prendere decisioni migliori, prendono in considerazione una gamma più ampia di possibilità e potenziali insidie.
Quello che dico sempre alle mie studentesse ed alle donne ed alle ragazze che incontro è che, di fatto, spetta a noi dimostrare con determinazione le nostre capacità, acquisire le competenze necessarie e liberare ancora di più l’energia che abbiamo dentro.
Per questo è fondamentale – in un momento in cui il digitale sta assumendo un ruolo sempre più centrale – individuare le opportunità, tenendo ben presente le parole della biologa molecolare Nancy Hopkins, ovvero: “Le cose non cambiano perché passa il tempo, ma perché noi donne lavoriamo per cambiarle”.
A cura della Redazione