Cenni storici relativi alla Sicurezza sul Lavoro
Da quanto tempo l’essere umano parla di sicurezza sul lavoro? Tendenzialmente da sempre! La presa in carico di tematiche che oggi ritroviamo all’interno di normative, sentenze, norme, etc.. sono in realtà state prese in esame nel corso della storia. Voglio condividere con i lettori del presente articolo, cenni storici “nascosti” che richiamano argomenti oggetto di problematiche attuali relative agli infortuni sui luoghi di lavoro e alle malattie professionali.
LE ORIGINI RELIGIOSE: LA BIBBIA
Chi avrebbe mai pensato che i primi accenni relativi alla Sicurezza sul Lavoro li avremmo trovati nella Bibbia? Proprio così! Deuteronomio al Passo 22-8 consiglia: “Quando costruirai una casa nuova, farai un parapetto intorno alla tua terrazza, per non attirare sulla tua casa la vendetta del sangue, qualora uno cada di là”.
Nonostante le norme attualmente vigenti in edilizia fossero ancora sconosciute, esiste da sempre il concetto di protezione e conservazione della propria persona, e in qualche modo questo implica da sempre il rispetto delle norme di sicurezza.
LE ORIGINI STORICHE: LA SCHIAVITU’ NELL’ANTICO EGITTO
La società egizia dell’antico Egitto non era fondata sulla schiavitù, al contrario di quanto si potrebbe pensare. Tuttavia è vero che i prigionieri di guerra e gli egizi di più umili condizioni potevano essere obbligati a svolgere compiti di ogni sorta. ll termine “schiavo” deriva dal latino slavus, che significa “slavo”: in origine, infatti, alludeva ai numerosi slavi ridotti in schiavitù dalle popolazioni germaniche nel corso dell’alto medioevo. Nell’eccezione moderna, invece, uno schiavo è un individuo che viene considerato come proprietà altrui, e che pertanto non gode dei più elementari diritti. Partire da questa definizione è importante, perché non sempre è facile circoscrivere la nozione di schiavitù quando si parla dell’antico Egitto.
Nel paese dei faraoni, infatti, alcune persone sottomesse ai voleri di un padrone potevano ciononostante possedere dei beni propri o, a loro volta, avere dei servitori. D’altra parte, vi erano uomini “liberi” i cui diritti erano tuttavia limitati. Una volta fatta questa premessa, è opportuno sfatare una sorta di mito tramandato per secoli fino ai nostri giorni: quello, cioè, secondo cui l’antico Egitto faraonico pullulava di schiavi utilizzati soprattutto per costruire i suoi edifici monumentali. In realtà, almeno nel periodo in cui furono innalzate le grandi piramidi, cioè durante l’Antico Regno, non esisteva affatto la schiavitù. Le grandi opere architettoniche erano affidate a squadre scelte di architetti, astronomi e altri lavoratori altamente qualificati, i quali erano assistiti da operai e artigiani specializzati e consapevoli della sacralità insita nella loro attività. Ciò non toglie che in alcuni cantieri venissero utilizzati anche i prigionieri di guerra. Gli operai erano raggruppati in “sindacati” che osservavano regole ferree e che li proteggevano da eventuali abusi di potere. Un’incisione attribuita al faraone Micerino (IV dinastia) recita: “Sua Maestà vuole che nessun uomo sia costretto ai lavori forzati e che ognuno tragga soddisfazione del proprio lavoro”.
Fu solo a partire dal Nuovo Regno, con le campagne militari condotte dai faraoni in Nubia e in Asia, che si verificò un aumento della manodopera di tipo servile. Schiavi stranieri provenienti dai paesi sconfitti venivano offerti come ricompensa ai soldati più valorosi, oppure donati ai templi o messi a servizio nelle dimore dei faraoni. A questi prigionieri di guerra si aggiungevano anche schiavi egizi. Questi potevano essere asserviti per periodi limitati, per esempio se dovevano ripagare un debito, o anche per tutta la vita, come accadeva ad alcune ragazze che vendevano sé stesse per fuggire dalla povertà. Molte delle donne fatte prigioniere dagli egizi prestavano servizio nei magazzini dei templi, ma la maggior parte di esse lavorava come serva nelle case. La testa di queste ragazze veniva rasata, e rimaneva solo un ciuffo a “coda di porcellino”. Le prigioniere di guerra più belle erano destinate agli harem e ai palazzi signorili, mentre le meno seducenti entrano spesso a far parte del personale dei templi, come cantanti o danzatrici. I bambini non venivano mai separati dalle madri. In generale, sembra che queste donne possedessero alcuni beni e godessero anche di una certa libertà, come si evince da un antico componimento: “Vedete, i servi ora possono parlare. Quando la padrona comanda, i domestici non sono sull’attenti. Vedete, colei che non possedeva nemmeno una scatola ora possiede uno scrigno, e colei che poteva guardarsi solo nell’acqua ora possiede uno specchio”.
Durante il Nuovo Regno, i compiti degli schiavi potevano essere i più diversi: occuparsi degli aspetti più duri del lavoro nei campi, svolgere mansioni non religiose nei templi, occuparsi di faccende domestiche o amministrative. A quanto sembra, però, il lavoro servile non costituiva un elemento fondamentale dell’economia del paese. A ogni modo, vi erano categorie di persone che erano proprietà di altri egizi, i quali potevano venderle, affittarle o lasciarle in eredità. Anche questi uomini, però, potevano avere dei diritti, sebbene limitati. Alcuni di loro possedevano case e servitori che venivano trasmessi di padre in figlio, erano sposati con donne libere e i loro figli non erano necessariamente degli schiavi. D’altra parte, se uno di essi fuggiva e veniva poi ritrovato, rischiava pene pesanti, che andavano dalle bastonate alla condanna a morte.
In generale gli schiavi egizi venivano assistiti da medici. Questo perché già allora esisteva il concetto che per svolgere un determinato tipo di lavoro, una persona deve avere, per così dire, “il fisico adatto”, ovvero deve avere un insieme di prestanze (fisiche, emotive, psicoattitudinali), tali da poter svolgere in lavoro in tutta sicurezza, senza correre rischi di infortunio o di impatto sulla salute; oggi questo concetto è ripreso dalle normative attuali, e viene identificato con l’idoneità sanitaria alla mansione: è obbligo di ogni lavoratore sottoporsi a visite mediche, qualora a causa dello svolgimento della propria mansione, egli possa incorrere in rischi per la salute; pertanto è necessario un monitoraggio della salute stessa del lavoratore da parte di un Medico del Lavoro.
Parallelamente i lavoratori possono richiedere in ogni momento visite mediche straordinarie qualora dovessero insorgere sintomi anomali riconducibili ai rischi connessi alla propria attività lavorativa.
L’EVOLUZIONE FILOSOFICA: IL SUPER-IO FREUDIANO
La divisione psichica freudiana in Io, Super-io ed Es viene formalizzata nel 1923 in seguito all’uscita del trattato ”L’Io e l’Es” e segue la precedente concezione dei tre livelli psichici di conscio, inconscio, e preconscio. Il termine Es viene ripreso da G. Groddeck ed esprime l’idea, da questi sviluppata, secondo cui ”ciò che chiamiamo il nostro Io si comporta nella vita in modo essenzialmente passivo e noi veniamo vissuti da forze ignote e incontrollabili… L’uomo è vissuto dall’Es“.
Nel primo sistema topico freudiano, l’Es viene a coincidere con l’inconscio, ma nell’ “L’Io e l’Es” Freud mette in evidenza che molti meccanismi di difesa dell’Io sono inconsci, di conseguenza l’Es se ne differenzia definendosi come “grande serbatoio della libido e, più in generale, dell’energia pulsionale…..l’Es è un caos…si riempie di energia ma non possiede un’organizzazione, non esprime una volontà unitaria”. Nell’Es si ritrovano fattori ereditari, istinti, impressioni, bisogni pulsioni che soggiacciono al principio del piacere e che trovano sfogo attraverso immediate rievocazioni dell’oggetto libidico (sogni, fantasie diurne, fantasticherie). All’Es appartengono reazioni immediate e riflessi automatici. E’ un polo di energia fisica e psichica in parte ereditaria in parte acquisita ed in tensione dinamica costante (o in conflitto) con l’Io ed il Super-io. Il Super-io è considerato una funzione dell’Io che si manifesta principalmente in un ruolo censore e critico e in una osservazione permanente degli aspetti dell’Io cui si differenzia. In gran parte inconscio, viene rilevato come parte in causa nel conflitto psichico relativo ad un divieto e al mancato appagamento di un desiderio e la contemporanea consapevolezza di questo desiderio.
Può coincidere con la censura onirica ed è definito dallo stesso Freud un “ideale dell’Io“. In realtà il Super-io contiene in sé sia un aspetto prettamente imputabile alla censura ed al divieto, sia un aspetto di modello o ideale. DI fatto, il Super-Io Freudiano racchiude in sé tutti i fondamenti per la salvaguardia della propria sicurezza, ovvero un insieme di regole e buone prassi da seguire per la tutela dell’individuo stesso. La formazione del Super-io si attua come fase finale del complesso edipico quando sia maschi che femmine, in modi diversi, introiettano i divieti dei genitori ed i sensi di colpa delle proiezioni su di loro, sublimandole in “identificazione” con le figure genitoriali. Ciò viene in seguito arricchito dalle influenze sociali ed educative dell’ambiente d’origine, così il Super-io si struttura sempre più e:” non viene costruito secondo il modello dei genitori, ma su quello del loro Super–io, si riempie dello stesso contenuto, diventa il veicolo della tradizione, di tutti i giudizi di valore imperituri che per questa via si sono trasmessi di generazione in generazione.
L’Io è la struttura della psiche che si pone in relazione con le pulsioni del’Es, con le richieste del Super-io ed il confronto con la realtà. Appare come funzione mediatrice, come “cuscinetto” fra aspetti contraddittori presenti nell’individuo, in una tensione dinamica sempre presente fra ciò che Freud stesso definiva: il pericolo che incombe dal mondo esterno, dalla libido, dall‘Es e dal rigore del Super-Io. L’Io è collegamento fra i diversi processi psichici che avvengono nell’individuo e soggiace al principio di realtà occupandosi del principio di piacere: del desiderio e del suo contenimento quando non sia disponibile un oggetto libidico su cui investirli. Individuiamo l’Io come parte della censura onirica in una funzione difensiva legata al desiderio di dormire ed alla necessità che il sonno continui. Il meccanismo di difesa imputabile all’Io scatta come conseguenza di ciò che Freud chiama il ”segnale d’angoscia“, reazione alle pulsioni minacciose dell’Es e della realtà : “L‘Io si comporta proprio come il medico in una cura analitica, giacchè tenendo conto del mondo reale si offre all’Es come oggetto libidico e mira a che la libido dell’Es venga rivolta su di sé.
CENNI DALLA STORIA DELL’ARTE: GLI EX VOTO
Ex voto è una locuzione latina derivata dall’ellissi di ex voto suscepto, “secondo la promessa fatta”, e indica una formula apposta su oggetti offerti nei santuari per ringraziare il destinatario del dono (Dio, la Madonna, un santo) di aver esaudito una preghiera. L’estensione del significato ha portato a designare con la stessa locuzione l’oggetto stesso dell’offerta, applicandola anche alle offerte votive del mondo antico. Un gran numero di ex voto è connesso alla sfera della salute e quindi all’ambito corporeo; fra le varie tipologie di oggetti votivi prevalgono gli ex voto anatomici, che rappresentano nella grande maggioranza l’organo malato, gli oggetti-segno della malattia, per es., strumenti medici, attrezzi ortopedici ecc., e le tavolette dipinte, in cui è raffigurato l’evento a cui si riferisce la grazia ricevuta.
L’immagine proposta raffigura un Ex Voto relativo a un incidente sul lavoro; era usanza raffigurare l’evento che avrebbe potuto comportare un danno, ma che per puro caso non aveva avuto ripercussioni troppo gravi.
Questi cenni sono l’ennesima dimostrazione che il fattore umano, la percezione del rischio e la salvaguardia della propria persona giocano un ruolo chiave in tutti gli infortuni della storia, e di fronte al bene che vogliamo a noi stessi, che si tratti di sicurezza stradale, sicurezza sul lavoro, o sicurezza domestica, non esiste normativa più valida.
A cura di: Anna Ravina
Consulente Tecnico Salute e Sicurezza